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La mimetizzazione delle mafie

Piero Innocenti il . L'analisi

Lottare seriamente contro le mafie ha spesso portato ad essere controcorrente. E’ stato difficile (lo è ancora) persino parlarne o scriverne con rigore.
Per non parlare, poi, di chi ha svolto indagini, attivato inchieste. Lo sanno bene alcuni magistrati e giornalisti in servizio a Palermo e anche alcuni poliziotti.
C’è, a ben vedere, un grave limite culturale che ci accompagna e consiste nel percepire la mafia come un problema esclusivamente di ordine pubblico, cogliendone la pericolosità soltanto in situazioni di emergenza, quando cioè la mafia mette in atto strategie di violenza.
Si trascurano così i rischi della convivenza con la mafia quando essa adotta strategie “attendiste”. Fino a dimenticare la sua lunga storia di violenze e la straordinaria capacità di condizionamento che l’ha fatta diventare un articolato sistema di potere criminale.
Un “potere” che si interfaccia “sistematicamente” con il sistema finanziario ed economico internazionale e di certi poteri costituiti ma anche con settori della società civile, dell’imprenditoria, della politica, per soddisfare quella “richiesta di mafia” (intesa come protezione, come capacità di soluzione di controversie) che si avverte nel nostro paese ma anche in altri.
Limite culturale che può trovare supporto anche in alcune imprudenti esternazioni fatte dai massimi vertici governativi quando definiscono “rappresentazione macchiettistica” quella riguardante la pervasività delle mafie sul territorio nazionale.
Organizzazioni criminali in continua mutazione, spesso capaci di mimetizzarsi, comunque pronte a cambiare – nel contesto di una sostanziale continuità con se stesse – quando da localismo territoriale è convenuto passare ( pur mantenendo salde le proprie “radici”) a dimensioni globali e reticolari, formando quella rete criminale frastagliata e poderosa presente in molti paesi europei ed extraeuropei.
Ed è in questo contesto in cui opera il crimine organizzato transnazionale che occorre agire vincendo la cosiddetta sindrome “Nimby (not in my backyard)”: quella  che – se un fatto non sta succedendo nel cortile di casa propria – non c’è motivo di occuparsene. Occorre prendere coscienza di un problema globale che è affare di tutti.
Perché le mafia hanno dimostrato che il potere criminale, ormai sempre più potere economico, sta trasformando radicalmente il mercato e la concorrenza, riducendoli a simulacri. Questo perché il sistema illegale gode di vantaggi enormi (capitali a costo zero, facilità di aggirare molti ostacoli di legge nell’acquisizione di quote di mercato, la corruzione e la violenza intimidatrice praticate sistematicamente), che mettono fuori gioco ogni concorrente “pulito”, ne comprimono gli affari o lo “espellono” dal mercato, quando non lo “vuotano”fino a risucchiarlo, consentendo ai mafiosi o ai loro prestanome di impadronirsi delle sue attività.
Il riciclaggio che porta ad investire ovunque si intravedano possibilità di ricchezza, fa si che non esistano zone franche rispetto alla minaccia di penetrazione mafiosa. Così, il libero mercato e la leale competizione economica diventano – quasi ovunque – scatole sempre più vuote. Con i possibili nefasti condizionamenti della politica che si sono rilevati in occasioni di passate e recenti inchieste giudiziarie nel nostro e in molti altri paesi del mondo.
Così, mentre la criminalità organizzata (in tutte le sue articolazioni) vive e agisce perfettamente inserita nel XXI secolo, gli apparati della sicurezza sono ancora fermi al XIX secolo o giù di lì. Con l’abbattimento delle frontiere (che qualcuno, scioccamente, vorrebbe ripristinare) e la globalizzazione, uomini, donne, beni, servizi, capitali, si muovono con estrema facilità nel mondo.
L’unica eccezione è costituita da poliziotti e magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. Si comprende, allora, come il crimine organizzato tragga da questa situazione enormi vantaggi con punte di assoluta evidenza sul versante del circuito finanziario mondiale, pieno com’è di problemi sistemici e di leggi insufficienti o superate che rendono i controlli sostanzialmente inefficaci.
Scardinare la ragnatela dei confini nazionali e ridurre gli interstizi e le zone grigie della modernità entro cui le mafie sanno bene come incunearsi, è la grande sfida da vincere con scelte di politica criminale comune tra i vari Stati. E su questo punto si spendono ancora molte parole ma si vedono pochi fatti concreti.

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