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La mafia vista dai «dandy»

Di Rino Giacalone il . Sicilia

È stata una delle tante polemiche servite chiaramente a rinvigorire la
notorietà di Vittorio Sgarbi e Oliviero Toscani, che con audience e
ascolti, polemiche gridate (Sgarbi), e provocazioni spesso intelligenti
(Toscani), ci campano pure. Famosi lo sono in maniera
incontrovertibile, i palcoscenici della tv dei reality e delle «arene»
a loro sono aperti, per «conseguenza» di ciò si trovano a fare il
sindaco e l’assessore a Salemi, dove è stata realizzata una «squadra»
di «dandy» come ha pure scritto di recente Walter Molino, ma in questo
mondo fatto dell’apparire e poco di sostanza basta scendere uno scalino
per rischiare di trovarsi a scivolare. E allora appena c’è uno spunto ecco scattare la molla. E pur di ottenere visibilità si fa polemica, nascondendo la realtà.

L’argomento è l’iniziativa presa dal fotografo-assessore (a titolo gratuito) Oliviero Toscani per la registrazione del marchio «M.A.F.I.A.»: lui ne ha dato pubblicità, ma ancora di più a fare pubblicità (per attaccare l’antimafia) è stato il sindaco (a titolo gratuito) Vittorio Sgarbi (in una causa ha fatto dire al suo avvocato che non prende i 3 mila euro di indennità per il dissesto finanziario del Comune di Salemi). Una questione che ha impegnato in dibattiti e confronti l’opinione pubblica, per qualcuno una provocazione, per altri un tema rilevante. Tutto questo a ridosso di altre polemiche, la vicenda Borsellino e il museo a Salemi da dedicare alla mafia per esempio.

Ora c’è stato chi è andato a cercare maggiori notizie presso le opportuni sedi capitoline, dove avviene la registrazione dei marchi, ed ha è accertato che la richiesta di registrazione del marchio «M.A.F.I.A.» effettivamente c’è stata, risale ai primi dello scorso settembre, ma la richiesta è stata in tempo reale bocciata. Nessuna registrazione. È stata l’«Img press» di Messina ad occuparsi della vicenda, come si legge sul suo sito ha appurato che la richiesta, contrassegnata dal numero «LI2008C000119», contenente un marchio figurativo, un «quadrato bianco con all’interno la scritta mafia in colori nero e bianco intervallata ad ogni sillaba da un punto, con la scritta riportata in due misurazioni diverse», è stata respinta dall’ufficio del ministero dello Sviluppo Economico, dopo l’intervento del ministero dell’Interno.

È stata dunque una burla, che è servita però non tanto a colpire Cosa Nostra ma a parlare male di chi ogni giorno si occupa di ricordare le malefatte dei mafiosi e cerca di occuparsi di legalità, anche gratuitamente e senza tanti indennizzi o rimborsi di spese. Il sindaco Sgarbi e l’assessore Toscani, si ritiene, non hanno certo fatto tutto ciò per favorire la mafia ma per continuare a stare sulle copertine, a incentivare il marketing delle proprie immagini, loro si che sono «professionisti». Hanno raccontato che così si vuole sminuire il potere dei mafiosi, ma intanto hanno messo in discussione il lavoro di volontari, giornalisti, parroci, sollevato dubbi sul dolore dei familiari delle vittime, mentre si tace sui collusi di un tempo o ancora di oggi, o di una lotta alla criminalità che continua, di soggetti arrestati, processati e condannati nel trapanese per fatti di collusione recentissimi.

Si cita Paolo Borsellino ma si dimentica ciò che lui sosteneva e che non sempre quando non c’è una condanna non significa che non ci siano colpe morali, si cita Sciascia sui professionisti dell’antimafia, dimenticando di citare i suoi interventi contro la mafia. E allora in tutto questo che è accaduto, il «marchio» e quant’altro, ad avere ragione è stato l’artista calabrese Xante Battaglia che ha definito tutto questo «un’operazione pseudo-culturale, di bassoprofilo».

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