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Solidarietà a Dina Lauricella, vittima di intimidazioni criminali

Lorenzo Frigerio il . Senza categoria

Quando una collega viene minacciata, scatta prontamente e giustamente la solidarietà della categoria, a maggior ragione se si ha a che fare con vicende che presentano profili di criminalità mafiosa. Vicinanza e stima vengono manifestate anche da cittadini e lettori che vedono nelle offese ai giornalisti un vulnus inferto anche alla propria libertà. È questo il caso di Dina Lauricella, una valente giornalista che, negli ultimi anni, prima con i suoi reportage per Servizio Pubblico e poi con un libro scomodo, scritto con l’avvocato Rosalba Di Gregorio e intitolato “Dalla parte sbagliata”, ha affondato il bisturi dell’inchiesta dentro la carne viva della nostra Repubblica.

Lauricella ha subito alcune aggressioni nel corso degli ultimi mesi che preoccupano per la dinamica e interrogano gli inquirenti sulla loro causale. In pochissimo tempo solidarietà e appelli sono arrivati a risarcire, almeno in parte, la collega di quanto era avvenuto.

Nella giornata della festa della Repubblica, lo scorso 2 giugno, Lauricella ha pubblicato sui social un post di ringraziamento che riprendiamo integralmente, per poi commentarlo.

“Sono infinitamente grata a chi in questi giorni ha espresso la sua solidarietà nei miei confronti, ma vorrei che il mio pensiero su tutto quello che è successo fosse chiaro.

È in corso un’indagine per cercare di capire se gli ultimi avvenimenti che ho denunciato sono collegati e se c’è dietro una matrice. Considerando il lavoro che faccio, la denuncia è un atto formale irrinunciabile, anche se alla fine (come mi auguro) dovessero risultare atti vandalici non collegati fra loro.

Da più parti si è ricordato il libro che ho scritto con Rosalba Di Gregorio , mettendo in luce l’ipotesi di un’impronta mafiosa dietro l’incendio della mia macchina, lo “sfregio” del mio giardino e altri episodi poco chiari ancora al vaglio degli inquirenti. 

Però c’è un però. Il libro “Dalla parte sbagliata” racconta di un processo che ha per imputati dei poliziotti e non dei mafiosi.

Io la solidarietà me la prendo tutta perché i colpi, anche se non si sa da chi, sono comunque arrivati, ma lasciamoli lavorare questi inquirenti, ho piena fiducia in loro.
Buona festa della Repubblica!”

I fatti accaduti nell’arco degli ultimi sei mesi sono questi.

Nella notte tra l’8 e il 9 dicembre dello scorso anno, l’auto della giornalista, posteggiata davanti alla sua abitazione romana, viene data alle fiamme da ignoti.

Da Roma ci spostiamo a Palermo, dove nella notte tra il 29 e il 30 maggio, tronchi di albero e sassi di notevole diametro vengono letteralmente catapultati nel giardino della casa della collega, distruggendolo in larga parte. Un’operazione oltremodo complicata, in ragione del luogo dove l’atto vandalico si è consumato, raggiungibile con non pochi sforzi e della modalità attuativa, consistente nel trasporto di oggetti pesanti quali tronchi e massi. Un blitz vandalico che deve aver visto coinvolto diversi energumeni.

A questi fatti, ora tutti denunciati agli organi competenti, vanno aggiunti poi ulteriori intimidazioni verbali da parte di soggetti che non è stato ancora possibile identificare.

I fatti sono collegati tra loro? Difficile stabilirlo ed è la stessa Lauricella nel suo post sui social a richiamare la necessità che gli inquirenti facciano il loro lavoro fino in fondo. Un doveroso richiamo alla prudenza che fa onore a Dina Lauricella, perché altri avrebbero cavalcato la situazione per farsi pubblicità, come già avvenuto in passato. Purtroppo..

Ecco allora che, di fronte alla correttezza della collega, ci preme sottolineare il livello di pericolosità di quanto avvenuto.

Intanto abbiamo a che fare con episodi successi a distanza di tempo tra loro ed in città diverse. Nelle situazioni intimidatorie che si sono venute a creare ad essere violata è stata proprio la sfera privata della giornalista: l’automobile di proprietà, il giardino di casa. Come se si volesse far intendere che, se si vuole, è possibile colpire la persona fin dentro le mura domestiche e nei suoi affetti personali.

Atti di per sé già gravi, che diventano gravissimi, in considerazione del lavoro fatto in questi anni da Dina Lauricella.

Lauricella è una giornalista che in tutto il suo percorso professionale non si è accontentata mai delle ricostruzioni ufficiali e con grande coraggio ha acceso i riflettori su molti misteri della nostra amata Repubblica.

Ultimo in ordine di tempo, un imponente lavoro di inchiesta sulle dichiarazioni e le ritrattazioni di Vincenzo Scarantino, il falso pentito che ha depistato diversi processi volti a ricostruire la strage di via D’Amelio, l’ha portata a realizzare diversi servizi di denuncia.

Fino a scrivere, un paio d’anni fa, un libro scomodo, insieme ad una compagna di viaggio “politicamente scorretta”, ma altrettanto decisamente informata dei fatti, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di alcuni capi di Cosa Nostra e di alcuni degli imputati condannati per l’omicidio di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta. Un libro notevolmente scomodo, perché ha ribaltato alcune verità processuali acquisite, per seminare ragionevoli dubbi su quanto avvenne nel buio di quel pomeriggio palermitano del 19 luglio del 1992.

Chi non l’avesse ancora letto è pregato di farlo, per comprendere quanto abbiamo scritto.

Anche per questo la solidarietà a Dina Lauricella è naturalmente dovuta, non solo come atto di vicinanza, ma come gesto di riconoscenza per quanto questa giovane donna, una professionista esemplare come pochi, ha fatto per arrivare a stabilire la verità su vicende torbide e mai chiarite.

Non sappiamo se i codardi che si sono resi responsabili di questi fatti possano essere classificati come stupidi vandali oppure come mafiosi o piuttosto, come uomini di uno Stato che hanno tradito con la loro azione.

Nel primo caso, ci sarebbe poco da fare, perché la stupidità di questi vandalismi si commenterebbe da solo.

Avessimo a che fare invece con mafia o servizi deviati, invece, sappiano questi signori che la solidarietà, nostra e di tanti altri, è in ultima istanza una solidarietà anche nella lettura dei fatti che la collega ha accreditato con caparbietà in questi anni.

Siamo ormai in tanti ad aver aperto gli occhi sui depistaggi di via D’Amelio e sulle oscene trattative che sono state giocate sulla pelle di Borsellino e altri servitori dello Stato.

Ecco perché è inutile continuare con le intimidazioni nei confronti di Dina Lauricella.

La verità si sta facendo strada, seppure con fatica, non serviranno certo tronchi o massi per fermarne il corso.  

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