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23 maggio

Davide Mattiello il . Sicilia

Le reazioni giornalistiche all’assoluzione del gen. Mori e del col. Obinu mi ricordano quelle che seguirono alla sentenza Andreotti (già perchè l’elenco dei “magistrati-complottisti” che annovera Di Matteo, Ingroia, Scarpinato.. dovrebbe arricchirsi quanto meno del nome di Gian Carlo Caselli che sul banco degli imputati portò addirittura il sette volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti). Da L’Unità al Tempo, passando per il Foglio è tutto un fiorire: la tesi della “Trattativa” è svuotata perchè l’assoluzione di Mannino in abbreviato, come quella ribadita di Mori e Obinu, chiudono la partita (e se qualche goal è stato segnato dall’altra parte lo si deve soltanto a quella “pazzia” giuridica che è il “concorso esterno”, vedi Contrada e Dell’Utri. Cuffaro ancor più derubricato a “favoreggiamento”: è soltanto “andato a sbattere” contro la mafia, come d’inverno contro un muro a causa del ghiaccio infido). In questo florilegio l’argomento principe di molti è “Falcone, che era uno serio, questi processi non li avrebbe mai nemmeno iniziati” (vorrei chiedere a Gian Carlo Caselli se lo abbiano detto anche del suo lavoro di allora).

Certo ci sono queste sentenze e altre verosimilmnete arriveranno (non penso soltanto alla “Trattativa” che dovrebbe andare a sentenza entro l’anno, ma anche al Capci Bis, al Borsellino Quater, all’Agostino) e le sentenze vanno rispettate. Ma avverto un rischio nel modo con il quale si alimentano gli argomenti attorno alle sentenze: riscrivere l’identikit delle mafie. Le mafie sarebbero banali organizzazioni criminali che si scontrano con lo Stato, uno Stato che tutto d’un pezzo si oppone alle mafie. Semplice, in qualche modo rassicurante. Mafie non più come sistemi di potere e proprio per questo mafie, ma come bande criminali dedite al narcotraffico e semmai alla intimidazione o alla corruzione di pubblici amministratori. Mafie “pecorare” che sparano a pallettoni contro auto blindate, mafie da “paranza” che si inseguono con gli scooter nel ventre di Napoli. Tornare indietro di 50 anni, negando che le mafie siano state e siano elementi costitutivi del potere pubblico e quindi della politica in Italia.

In fondo Salvo Lima non è mai stato condannato per mafia, perchè dovremmo continuare ad infangarne la memoria dicendo che Cosa Nostra lo uccise il 12 Marzo del 1992 per vendicare lo sgarbo di non essere riuscito a proteggere gli “amici” dalle sentenze del maxi processo? Credo che si debba resistere a questo rischio e che lo si debba fare attraverso il rigore dello studio e attraverso la perseveranza seria e meticolosa di chi continua a tenere il punto (già perchè d’altra parte, c’è anche la miseria umana dell’antimafia a fornire argomenti ai “pacificatori” arruolati h24). Per esempio: io voglio leggere la perizia che l’FBI fece sull’esplosivo usato a Capaci. Voglio sapere se è stata fatta una indagine patrimoniale su Giovanni Aiello. Voglio sapere dove è Messina Denaro e chi copre la sua latitanza. Voglio sapere perchè non abbiamo ancora ratificato il  Trattato di coopezione giudiziaria con gli Emirati Arabi. Voglio sapere perchè vengono pure dalla Cina a comprare una sqaudra di calcio, ma per la gestione della navigazione siciliana tutto si è risolto tra “quattro amici al bar” senza che Antitrust e ANAC abbiano obiettato alcunche.

Voglio conoscere l’esito dell’indagine della Procura di Roma sul suicidio del col. Omar Pace, perchè anche quando morì Peppino Impastato i carabinieri, trovato quel biglietto con su scritto “voglio lasciare la politica e la vita”, parlarono di suicidio e depressione. E voglio ricordare che Giulio Andreotti è stato riconosciuto colpevole del reato ascrittogli fino al 1980, ma assolto perchè quei fatti erano coperti ormai da prescrizione. 1980, quando Cosa Nostra uccise il Presidente della Regione Siciliana Pier Santi Mattarella.

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