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Se Enzo Biagi fosse oggi fra noi…

Di Roberto Morrione il . Interviste e persone

In questi giorni tormentati
sulla scena internazionale, scossa dalla guerra infinita a Gaza, preoccupata
per il gelo sull’Europa dai gasdotti russi svuotati in Ucraina, angosciata
dai morsi della recessione, cosa avrebbe inventato Enzo Biagi, se non
fossimo stati privati della sua capacità di confrontarsi direttamente
con i protagonisti delle dinamiche mondiali, per offrire a tutti valide
chiavi di interpretazione della realtà?
Me lo sono chiesto, non potendo
partecipare all’appuntamento di Milano, accanto alle sue figlie e
ai tanti colleghi e amici che hanno condiviso con lui un lungo cammino
umano e professionale. Voglio pensare che un Enzo Biagi nel pieno delle
forze, autore e conduttore di una di quelle rubriche che il servizio
pubblico della Rai gli offrì in 40 anni di collaborazione e che egli
animò di incontri indimenticabili, prima della forzata espulsione imposta
dall’”editto bulgaro”, avrebbe mirato molto alto…Un Putin, forse,
per decifrare la guerra del gas e magari cogliere i misteriosi nessi
che lo collegano al cavaliere di Arcore. O una Hillary Clinton, per
spiegare il significato di una resurrezione dopo la sconfitta e la lezione
di un’unità nazionale sconosciuta nell’asfittica diatriba che divide
e frammenta la politica italiana. Perché questa era una delle caratteristiche
delle sue interviste ai “grandi” del pianeta, di non dimenticare
mai i risvolti che coinvolgevano direttamente i suoi ascoltatori, la
realtà che interessava la condizione e i limiti del nostro Paese. E,
ne sono certo, avrebbe tentato di raggiungere  i protagonisti della
guerra a Gaza, facendosi carico soprattutto del dolore, delle sofferenze
della popolazione palestinese, dei bambini violati più volte dalle
bombe, dalla fame, dalla disperata impotenza dei loro genitori.

Avrebbe, credo, chiesto spiegazioni
a Barak, alla Livni, ma anche cercato di raggiungere uno dei capi di
Hamas, magari in Cisgiordania o altrove se non fosse stato possibile
a Gaza. Perché l’approccio di Enzo >Biagi con i drammi del mondo
non era mai ideologico, né pregiudizialmente schierato, quanto invece
rivolto a conoscere e a capire, nel rispetto delle ragioni dell’interlocutore,
ma non rinunciando mai alle ragioni e ai sentimenti dei più deboli,
di un’umanità offesa nei diritti essenziali.

A Enzo Biagi, del resto era
già capitato di essere attaccato con astiose polemiche, anche interne
alla Rai, per avere consapevolmente infranto presunti limiti posti da
rigide scelte di politica estera, che costringevano l’informazione
ad allineamenti, conformismi e in definitiva auto-censure, con il sacrificio
di approfondimenti invece essenziali per l’opinione pubblica. Accadde
nel 1986, alla sua rubrica “Spot”, organizzata dal TG 1. Nel pieno
di una dura crisi fra Italia e Libia, con il regime di Gheddafi che
arrivò provocatoriamente a minacciare il nostro Paese lanciando due
missili verso Lampedusa, peraltro mai arrivati a bersaglio, Enzo Biagi
intervistò direttamente Gheddafi, rompendo gli schemi di demonizzazione
del nemico che riempivano l’informazione governativa e i giornali.
Le pressioni per bloccare la messa in onda furono enormi, mas il direttore
del TG 1, Albino Longhi, tenne duro al fianco di Biagi, a lui legato
da un rapporto di stima, amicizia e vicinanza padana. Le pressioni dall’alto,
ovviamente, fecero breccia anche fra i redattori del TG.

Ricordo un’accesa assemblea,
nella quale al fianco di Biagi e di Longhi mi schierai quasi da solo…

In questi giorni la quasi totalità
dei TG, pubblici e privati, come la gran parte dei giornali, sono stracolmi
di cronache su Gaza fatte di aride cifre, di una asettica contabilità
della morte che non lascia spazio, se non sporadicamente, al vero volto
di una guerra fatta di indiscriminate distruzioni, di sofferenze di
innocenti che si saldano alla spaventosa condizione del popolo palestinese
costretto in una sorta di grande lager per ora senza speranza di un
futuro. La stessa analisi dei torti e delle ragioni dei due contendenti,
certo diversificata, ma ampiamente suddivisa, è quasi inesistente,
sommersa da schieramenti preconcetti e ideologici. Tutto ciò, insomma,
che rappresenta l’antitesi delle scelte professionali e dello stile
di Enzo Biagi.
 

Per non parlare dell’improbabilità
che oggi un qualsiasi giornalista del nostro Paese abbia la possibilità,
per assenza di spazi e di volontà editoriale nei confronti dei necessari
approfondimenti, ma anche purtroppo la statura e la personale credibilità
internazionale, di arrivare al confronto diretto con coloro che hanno
in mano le sorti del mondo.

Enzo Biagi, con la sua personalità
e il prestigio conquistato sul campo, riusciva ad aprire quelle porte
e ogni volta i cittadini italiani ne erano arricchiti, in conoscenza,
memoria, comprensione della realtà. Sarebbe così anche oggi, ne sono
sicuro.

Anche per questo, Enzo Biagi
ci manca. Quanto pure ha lasciato a tutti noi, di formazione, onestà
intellettuale, umanità, non basta a colmare il desolante vuoto di idee
e di libertà che avvolge il nostro Paese e anche l’informazione.

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