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Sacra Corona Unita: organizzazione, evoluzione e attività

Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Il primo dato di rilievo che emerge dalla lettura della relazione della Direzione Nazionale Antimafia 2015, per quanto concerne la Sacra Corona Unita, riguarda la sua progressiva trasformazione “da organizzazione tendenzialmente verticistica – come era almeno nelle aspirazioni originarie dei suoi fondatori e come per qualche tempo si è mantenuta – ad organizzazione “reticolare”, nella quale sono frequenti, soprattutto per effetto dell’azione di contrasto efficacemente posta in essere dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e dalle Forze di Polizia operanti sul territorio, i passaggi da un gruppo ad un altro e le riorganizzazioni dei gruppi, essenzialmente finalizzate a conservare il controllo delle attività criminose sul territorio”.

Organizzazione interna

La Scu è quindi un’organizzazione criminale che ha cambiato, nel tempo, pelle, struttura e strategia. Infatti, i contrasti tra i diversi gruppi della galassia “Sacra Corona Unita” vengono risolti, in linea di massima, in modo incruento. Questo per il timore e la consapevolezza che “le manifestazioni eclatanti di contrasti sul territorio possono produrre l’effetto di far risvegliare la collettività sociale da quella sorta di “oblio” o sottovalutazione della pericolosità delle organizzazioni criminali che caratterizza l’attuale momento storico nel territorio del distretto”.

Al momento, non sono presenti gruppi talmente forti e organizzati che possano esercitare una leadership sugli altri. I vari clan, allora, mirano a consolidare e a rendere più incisivo il controllo delle attività criminali sulla fetta di territorio nel quale hanno maggior prestigio, rinunciando a improbabili mire espansionistiche.

“Tuttavia, la nuova configurazione dei gruppi mafiosi attivi nel distretto della Procura Antimafia di Lecce, con riguardo ai loro assetti interni mantiene le caratteristiche storiche della “Sacra Corona Unita” sia per la necessità della divisione di compiti e ruoli e la rigorosa gerarchia di questi ultimi, sia per la finalità di intimidazione interna, attuata proprio attraverso la ripartizione dei ruoli, il rispetto delle regole e la previsione di sanzioni per la violazione di esse. In questa prospettiva, si colloca anche la ripresa della ritualità delle affiliazioni, già segnalata nella relazione dello scorso anno, con la vecchia liturgia e il rispetto delle vecchie regole (anche di quella della giornata di sabato destinata al rito del “movimento”), verosimilmente conseguente all’esigenza di rafforzare un vincolo che diversamente sarebbe assai tenue per la mancanza di una storia”.

Distribuzione territoriale

Grazie alle indagini e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia è possibile disegnare una mappa della distribuzione territoriale dei gruppi appartenenti alla Sacra Corona Unita.

Nella città di Lecce si registra il declino del clan di Roberto Nisi che è stato progressivamente assorbito in quello di Pasquale Briganti, detto Maurizio, attualmente egemone sul territorio leccese e nel gruppo facente capo alla famiglia De Matteis.

Dopo l’operazione di polizia denominata “Eclissi”, nella zona 167 di Lecce, è cominciata l’ascesa del gruppo dei fratelli Elia che assicura il controllo sul territorio a Pasquale Briganti.

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gioele Greco, riscontrate dalle intercettazioni, hanno consentito di appurare contatti tra il gruppo dei leccesi e quello di Vincenzo Cianci, gravitante nell’orbita del clan Coluccia, attivo nel settore del traffico di sostanze stupefacenti a Galatina e Sogliano Cavour. La droga veniva fornita dallo stesso Greco, prima, e da Daniele De Matteis, poi.

Le indagini hanno consentito di ricostruire l’evoluzione della criminalità organizzata di stampo mafioso nel periodo 2008-2015 nei territori a Nord-Ovest di Lecce. Qui, come in tutta la provincia, è avvenuta la metamorfosi dell’originaria struttura unitaria della Sacra Corona Unita, sostituita da una rete orizzontale di clan mafiosi riconducibili a Sergio Notaro (Campi Salentina), Gianni De Tommasi (Campi Salentina), i fratelli Antonio e Patrizio Pellegrino (Squinzano), Marino Manca (Squinzano), “tutti esponenti “storici” dell’associazione che, con le loro azioni criminali, ne hanno caratterizzato la storia e le vicende fin dal suo nascere”.

Dall’indagine “Baia Verde”, che ha interessato il territorio di Gallipoli, è emersa la ricostruzione, sotto la guida di Angelo Padovano, figlio del defunto Salvatore, del clan mafioso già capeggiato da quest’ultimo.

A Matino, Parabita e nelle vicine Casarano, Taurisano, Ugento e Acquarica del Capo è operativo un gruppo criminale guidato da Tommaso Montedoro e Augustino Potenza. Al clan di Marco Giannelli, figlio di Luigi, da sempre attivo nella zona di Parabita e Matino, è riconosciuta una sorta di autonomia operativa dagli stessi Montedoro e Potenza, proprio per il “rispetto” dovuto ad un esponente “storico” della Sacra Corona Unita come Luigi Giannelli.

Molto interessante l’evoluzione criminale in atto a Monteroni e nelle zone limitrofe dove è ancora attivo il clan capeggiato da uno degli esponenti storici della Scu, Mario Tornese e da suo fratello Angelo. In questo contesto, l’assetto unitario del clan sembra essere messo in discussione dal cambiamento dei rapporti con il gruppo dei fratelli Politi, anch’essi ritenuti vicini al clan Tornese. A corroborare questa tesi due episodi verificatisi nell’estate 2015. Nei primi giorni di agosto, a Leverano, territorio “tornesiano”, venivano affissi dei manifesti funebri che annunciavano “la prematura scomparsa del finanziere Davide Caracciolo” e si specificava che “la comunità intera rende grazie a Dio per il lieto evento”. Davide Caracciolo, cognato di Mario Tornese, è ritenuto confidente della Guardia di Finanza. Dopo pochi giorni viene incendiata l’autovettura di Antonella Caracciolo, moglie del finanziere.

I due eventi sono chiaramente correlati e sembrano un avvertimento proveniente dal clan Tornese, sintomatici della progressiva modifica della struttura del gruppo che assume un assetto a rete al posto dell’originaria struttura verticistica.

Nella provincia di Brindisi, la Sacra Corona Unita è saldamente strutturata intorno a due gruppi sin dal 1998: la fazione mesagnese con a capo Antonio Vitale, Massimo Pasimeni e Daniele Vicientino e quella tuturanese che si rifà allo storico fondatore Giuseppe Rogoli, a Salvatore Buccarella e a Francesco Campana, attualmente leader indiscusso. In questi due clan sono ormai confluiti anche quei gruppi che finora avevano goduto di una certa autonomia all’interno della Scu come il gruppo facente capo alla famiglia Bruno di Torre Santa Susanna e il gruppo dei fratelli Brandi di Brindisi. Questi due sodalizi, anche in seguito alle dure condanne irrevocabili che hanno colpito i loro maggiori esponenti, sembrano sempre meno in grado di agire autonomamente.

Anche sul territorio brindisino i due clan più importanti hanno accantonato i conflitti per non attirare l’attenzione delle Forze dell’Ordine e dell’opinione pubblica al fine di poter svolgere proficuamente le varie attività criminali.

Da evidenziare che la capacità operativa della componente mesagnese risulta gravemente compromessa dalla collaborazione con la giustizia di due suoi esponenti di vertice quali Ercole Penna, che collabora dal 2010, e Francesco Gravina, che ha preso la stessa decisione nel 2014. Al momento non si intravedono, nel panorama criminale, personaggi dello stesso spessore che possano prendere il loro posto. Quindi, i mesagnesi sono indeboliti perché i capi storici Vitale, Pasimeni e Vicientino sono detenuti in esecuzione di pesanti condanne e non ci sono referenti in libertà in grado di contrapporsi ai tuturanesi con i quali è in atto una tregua per la spartizione degli affari criminali e delle zone di influenza.

Il territorio è stato diviso tra le due fazioni criminali: i mesagnesi controllano la zona settentrionale ed occidentale della provincia (Carovigno, Ostuni, Francavilla Fontana, oltre a Mesagne) e i tuturanesi la parte meridionale (Cellino San Marco, San Pietro Vernotico e Torchiarolo), sconfinando sempre più frequentemente nei vicini comuni della provincia di Lecce. Nella città di Brindisi le attività criminali sono equamente ripartite tra i due gruppi. Il clan dei fratelli Campana ha dimostrato una particolare efficienza “militare” e, agevolato dal rapporto con Pino Rogoli e dal conseguente richiamo alla più antica tradizione, è riuscito a imporre i propri affiliati in numerosi comuni della parte meridionale della provincia a scapito dei referenti dei mesagnesi.

La forza dei Campana e del clan dei tuturanesi derivava anche dall’impermeabilità dimostrata nei confronti di possibili collaborazioni con la Magistratura. Almeno fino alla scorsa estate, quando ha deciso di collaborare con la giustizia Sandro Campana, uno dei fratelli.

Nella provincia di Taranto solo la parte al confine con la provincia di Brindisi è interessata dalla presenza di gruppi storicamente legati alla Scu.

Gli assetti criminali del territorio tarantino sono stati duramente intaccati dall’operazione “Alias” dell’ottobre 2014 con oltre cinquanta indagati per associazione di tipo mafioso. L’associazione aveva a capo due esponenti “storici” della criminalità organizzata tarantina, Orlando D’Oronzo e Nicola De Vitis, entrambi al vertice dell’omonimo clan D’Oronzo-De Vitis-Ricciardi.

L’arresto dei componenti di quello che costituiva il gruppo egemone nella cittadina jonica ha provocato un vuoto di potere all’interno dei sodalizi criminali tarantini. Si sono verificati così diversi episodi di sparatorie per le vie del centro cittadino, riconducibili ai conflitti scatenatisi tra i vari gruppi criminali, non strutturati come sodalizi mafiosi, per il controllo del traffico degli stupefacenti.

Desta preoccupazione la scarcerazione di alcuni esponenti storici della mala tarantina, fra i quali Cataldo Ricciardi, già condannato due volte per associazione di tipo mafioso e per omicidio, e Cosimo Cesario, detto “Giappone”, tornato in libertà per fine pena, nonché di Gregorio Cicala.

Attualmente, a Taranto, è attivo un clan di “spessore”, capeggiato dai fratelli Ciaccia, epigoni del clan Modeo, di cui storicamente hanno fatto parte. Questo gruppo controlla il traffico di sostanze stupefacenti nel quartiere Paolo VI.

È sempre operativo il sodalizio guidato da Vincenzo Stranieri ed affiliato alla Sacra Corona Unita nel territorio di Manduria e si riscontra la presenza di affiliati ai gruppi brindisini, in particolare dei mesagnesi, nei comuni ad esso limitrofi.    

FINE PRIMA PARTE

 

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