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La paura della criminalità

Piero Innocenti il . Senza categoria

Proviamo a fare qualche riflessione sulla percezione di insicurezza che si registra in molte città, a causa di una criminalità predatoria, ma anche di altro genere, sempre più pervasiva. Quando si parla di insicurezza è bene distinguere tra la “paura personale per la criminalità” (fear of crime) e la “preoccupazione sociale per la criminalità” (fear concern about crime). La prima corrisponde al sentimento concreto rispetto ad un pericolo percepito: è, in sostanza, il timore che gli individui hanno di poter subire un reato che lede la propria incolumità personale o i propri beni. La seconda “paura”, è la dimensione dell’insicurezza più generale, è la preoccupazione verso l’ordine sociale e politico minacciato dalla diffusione della criminalità. Questo sentimento, in genere, ha a che fare con il grado di partecipazione politica, con l’adesione ad una determinata visione della società, con i valori che la comunità dovrebbe perseguire. Entrambi i sentimenti si presentano distribuiti in modo ineguale tra la popolazione a seconda della zona in cui si vive, del sesso, dell’età, della collocazione sociale. La “preoccupazione sociale per la criminalità” è più diffusa tra gli stati medio-alti della popolazione, mentre la “paura personale” si rileva maggiormente in quelli medio-bassi ed è legata ai livelli di criminalità e devianza della zona in cui si vive. Sta di fatto che, da diversi anni a questa parte,  questo sentimento è diventato un termine chiave ( talvolta strumentalizzato) per definire il crescente rilievo assunto da forme di criminalità urbana, non solo per la gravità dei singoli episodi,  ma, soprattutto, per la loro frequenza e la diffusone delle condotte illecite considerate nel loro insieme. La “paura personale” si trasmette, spesso, per connessioni comunicative, per immagini: si riflette su di noi per il tramite di altre persone, anche soltanto di uno che l’ha già subita. Una paura speculare, un’insicurezza proiettata, legata anche al disordine ambientale e fisico che si registra in molte città. Si pensi, ad esempio, alla presenza di edifici abbandonati o in rovina, alla mancanza di manutenzione delle strade e dei parchi, ai veicoli abbandonati sui marciapiedi, alle scritte sui muri, alla sporcizia e immondizia accumulate nelle strade, a ridosso di cassonetti stracolmi, alla presenza di prostitute in cerca di clienti, a mendicanti petulanti o a gruppi di persone che schiamazzano, alle molestie, anche solo verbali, alle donne in strada. E gli esempi potrebbero continuare. Queste due dimensioni del disordine (fisico e sociale), alimentano il senso di insicurezza e rappresentano  un chiaro segnale di rottura dell’ordine morale e sociale di una determinata zona. Il disordine è, poi, contagioso, si propaga rapidamente ed aumenta la paura per la criminalità. Il cittadino, allora, si sente scoraggiato e, lasciato solo di fronte allo stato di degrado, alle “inciviltà” quotidiane ( vandalismi contro beni pubblici, bottiglie rotte per terra, escrementi di animali  sui marciapiedi ecc..) è portato ad aver sfiducia nei confronti delle “autorità”. Di tutte le autorità, nessuna esclusa. Se è vero che è nelle città che si alimentano e si concentrano gli episodi delittuosi e si diffonde un tipo di paura più facilmente manipolabile,  anche a causa della aumentata fragilità dei punti tradizionali di regolazione della conflittualità ( la famiglia in primis, la scuola, la chiesa, il quartiere), è altrettanto vero che la prevenzione per i cittadini è fondamentale. Se ne vorrebbe di più perché quella che viene fatta è poco percepita. Per la prevenzione, infatti, vale la classica regola dello stimolo visivo; prevenzione è ciò che concretamente il cittadino vede. Il lavoro di intelligence nel contesto urbano non assurge al rango psicologico di azione preventiva. Insomma, i cittadini vorrebbero vedere più polizia sul territorio, pur avendo sempre quella concezione ambivalente del poliziotto, visto sicuramente come elemento indispensabile della sicurezza, ma anche potenzialmente minaccioso. L’effettivo controllo del territorio costituisce la chiave di volta per il contrasto di tutte le forme di criminalità. Controllo territoriale che non vuol dire soltanto occupazione fisica dello spazio comune da parte delle forze di polizia, ma anche esigenza di studiare attentamente i problemi  locali e dare risposte concrete. E anche su quest’ultimo punto, nelle città, non si è fatto ancora abbastanza.

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