Delitto Agostino, identificato “Faccia da mostro”
L’incertezza è finita, i dubbi finalmente dissipati. “Faccia da mostro” ora ha un nome e un cognome anche per lo Stato italiano, dopo le rivelazioni giornalistiche a suo carico emerse sul finire del 2013. Si chiama Giovanni Aiello e ha prestato servizio anche presso la squadra mobile di Palermo in anni di fuoco. Attualmente Aiello è indagato da quattro Procure della Repubblica: oltre a Palermo, ci sono Catania, Caltanissetta e Reggio Calabria.
Aiello, nella ricostruzione offerta da molti anni dal padre del poliziotto ucciso, Vincenzo Agostino, si sarebbe presentato a casa sua qualche giorno prima dell’omicidio: «Cercava Nino ed era insieme ad un altro giovane. Mi dissero che erano colleghi. Uno aveva la faccia butterata, soprattutto sul lato destro. Una faccia da mostro».
Anche secondo alcuni collaboratori di giustizia, il sicario al soldo di Cosa nostra dal volto deturpato era proprio Giovanni Aiello, in rapporti di frequentazione stretta con i boss Galatolo. Oggi, insieme ai mafiosi Salvo Madonia e Gaetano Scotto, Aiello è indagato a Palermo per il duplice omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, avvenuto il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini.
L’identificazione ufficiale di Aiello come “faccia da mostro” è arrivata venerdì 26 febbraio, all’interno dell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo, al termine di un confronto all’americana ad alta tensione con il padre dell’agente Agostino, accompagnato non solo dalla moglie Augusta e dalle figlie Flora e Nunzia, tutte costituitesi parte civile, ma anche dalla scorta di polizia che è stata lui assegnata qualche settimana fa. Il momento tanto atteso da anni è arrivato su richiesta dei pubblici ministeri di Palermo Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene e l’incidente probatorio è stato disposto dal Gip Maria Pino.
Ci sono voluti ben ventisette anni per arrivare a questo confronto, ventisette anni lunghi quanto la barba e i capelli che Vincenzo Agostino si è fatto crescere in attesa sapere chi aveva ucciso il figlio e la nuora, che era all’epoca dei tragici fatti incinta.
All’ingresso dell’aula bunker si ritrovano per sostenere la famiglia Agostino tanti amici, conoscenti e cittadini in rappresentanza delle Agende rosse, Scorta civica e Libera. C’è anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, venuto a portare il saluto e il ringraziamento della città ad un suo concittadino così impegnato da anni nella ricerca di verità e giustizia.
Non sono ancora le 9.00 quando arriva anche Aiello, in compagnia del suo avvocato, anche se ci vorranno quasi tre ore prima che Agostino si trovi di fronte l’uomo che non ha mai dimenticato. Ora Aiello sfoggia un nuovo colore di capelli: non è più biondo, come quando era stato rintracciato dai giornalisti de La Repubblica e dalle telecamere di Servizio Pubblico, ma castano scuro, risultato di una visibile tintura. Mentre entra a passi veloci nell’aula, viene raggiunto da alcuni fischi e grida di quanti sono venuti ad accompagnare Vincenzo Agostino in questa giornata difficilissima.
La tensione è ormai palpabile quando non è ancora mezzogiorno. All’interno dell’aula bunker, vengono fatti entrare tre uomini. Uno è Aiello e gli altri due sono comparse, ingaggiate per lo scopo dalla Dia e truccate di tutto punto per rendere difficile il riconoscimento e assicurarne contestualmente la veridicità, in caso positivo.
A dividere Agostino e i tre individui chiamati a impersonificare “faccia da mostro” è stato posizionato un vetro. L’anziano padre non si scompone e chiede che il vetro divisorio venga rimosso. Nel silenzio si procede e dopo aver eliminato uno dei tre alla sua destra, Agostino emette prima il suo inappellabile verdetto – «È il primo a sinistra» – e poi all’indirizzo di Aiello, ormai identificato, rivolge tutta la disperazione e il dolore accumulati in questi anni: «Perché sei venuto a cercare mio figlio?».
Aiello non si scompone, anche quando Agostino accusa subito dopo il riconoscimento un malore, dovuto alla forte tensione e deve essere soccorso perché si riprenda subito dopo.
Prima di andarsene l’ex poliziotto, si avvicina ai pubblici ministeri per salutarli: è l’occasione per manifestare la sua innocenza.
L’incidente probatorio è finito e tutti i protagonisti si allontanano. Aiello se ne va in macchina e qualcuno al suo passaggio lo apostrofa pesantemente: “Assassino, assassino!”.
Esce dal bunker anche la famiglia Agostino e la tensione di queste ore, di questi anni, si scioglie nell’abbraccio liberatorio di quanti sono venuti a portare sostegno e amicizia. Anche Flora, la sorella di Nino, ha un lieve malore ma ora il peggio è alle spalle.
Agostino racconta ai giornalisti presenti la soddisfazione per essere riuscito nel riconoscimento, nonostante la presenza delle comparse, perché quella di Aiello è “una faccia indimenticabile” anche dopo tanto tempo: «Anche se non era facile l’ho fatto per la mia famiglia, principalmente per mio figlio e per tutti voi che siete qui. Non so come ringraziarvi per tutto questo sostegno che mi avete dato in questi lunghi anni. Dai ragazzi delle scuole, ai magistrati, ai giornalisti. Io ho fatto quello che dovevo».
È presto però per tagliarsi barba e capelli, secondo il coraggioso padre dell’agente: «Bisogna continuare a lottare per la verità e la giustizia».
La giornata di ieri è senza dubbio importante sulla strada dell’accertamento della verità.
Libera Informazione è riuscita a documentarla anche con una ricca galleria fotografica.
Per chi si ferma a guardare quei volti, è impossibile trattenere l’emozione di fronte alla forza e alla caparbietà dimostrata in questi lunghi ventisette anni dalla famiglia Agostino, a partire dal suo coraggioso e instancabile capostipite.
Una forza e una caparbietà nella ricerca della giustizia e della verità che sono un immenso regalo che tutta la famiglia Agostino ha fatto al nostro Paese, trasformando il dolore privato per la perdita di Nino e Ida in una profonda e autentica testimonianza pubblica di riscatto e di verità.
Vedremo infatti, nei prossimi giorni se quest’importante incidente probatorio, sarà in grado di dare ulteriore impulso alle indagini per raccogliere ulteriori prove utili a sostenere un giudizio di colpevolezza in aula.
Vedremo se lo Stato farà la sua parte, vedremo se le altre “facce da mostro” saranno costrette ad uscire allo scoperto, vedremo se le istituzioni riusciranno a fare pulizia al loro interno.
Noi aspettiamo. Al fianco di Vincenzo, Augusta, Flora, Nunzia e di tutta la famiglia Agostino.
Servizio fotografico di Tita Raffetti
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