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Dalla sicurezza pubblica a quella privata, alle collette dei cittadini

Piero Innocenti il . Senza categoria

Nel nostro strabiliante paese si sta facendo sempre più strada la convinzione che,  per tutelarsi dai ladri che continuano ad imperversare dall’Alto Adige alla Sicilia, sia necessario ricorrere a gruppi di vicinato di quartiere, a ronde notturne ( talvolta guidate da sindaci, come a Rovigo), a istituti di vigilanza privata da pagare con raccolte fondi di volontari. Il fenomeno sta interessando, da molti mesi ormai, gran parte del territorio nazionale. Non mancano notizie sorprendenti come quella recente  (gennaio c.a.) di Spinea (Venezia),  dove i cittadini hanno elaborato  una sorta di “ladro-map” in cui sono indicati i furti consumati , per non parlare di collette tra i residenti per pagare la vigilanza privata notturna nella loro zona di residenza o la “nascita”, a Mola di Bari, di una commissione comunale sulla sicurezza ( presieduta dal presidente del consiglio comunale, un poliziotto in aspettativa) per “monitorare il territorio e studiare le misure da adottare”. Ho sempre pensato che le attività di monitoraggio, di prevenzione  e di analisi criminale spettassero ai vari organismi periferici delle questure e dei comandi provinciali dei carabinieri. A uno come me,  abituato a vedere nello Stato il soggetto deputato a fornire,  su tutto il territorio (e nei confronti di tutti i cittadini), un servizio (efficace) di sicurezza pubblica, riesce difficile, inaccettabile (e immalinconisce) vedere il progressivo deterioramento del sistema di sicurezza nazionale (nonostante, continuo a ripeterlo, l’impegno e il senso dell’onore di gran parte delle donne e degli uomini delle forze di polizia statali). E pensare che,  per ottenere un buon servizio, basterebbe, in attesa di vedere ripianati gli organici della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri ( per questi ultimi, forse, con l’innesto di personale del Corpo Forestale, in fase di imminente, annunciata soppressione, opportunamente addestrato e inserito nella organizzazione militare dell’Arma,  potrebbe esserci un discreto rinforzo), eliminare sprechi e razionalizzare alcuni settori. Quante centinaia di poliziotti, carabinieri e finanzieri si possono recuperare in 24 ore eliminando molte scorte di sicurezza a personalità che le utilizzano semplicemente come taxi o come status symbol?  Quanti posti di polizia, commissariati, distaccamenti della polstrada, stazioni dei carabinieri, giudicati “improduttivi”  potrebbero essere soppressi? Ma, si sa, quando si toccano  questi tasti, un po’ per la politica locale ( che non vuole perdere consenso elettorale),  un po’ per le effervescenze sindacali, un po’ per le gelosie e le diffidenze tra i vari corpi della sicurezza, il buon senso e l’interesse generale vanno a farsi friggere. In questi casi, in genere, si invoca il momento politico inopportuno ( come per la depenalizzazione dell’inutile reato di clandestinità) o l’esigenza di mantenere il “presidio” di legalità, anche se, di fatto, inutile, vuoi per l’assoluta insufficienza di personale che per un tasso di delittuosità pari a zero virgola. Proseguono, intanto,  gli inutili protocolli d’intesa che vengono siglati nelle varie province, talvolta in pompa magna,  come è successo a Pesaro dove, alla presenza del sottosegretario all’interno Bocci ( che non ha la delega su questioni attinenti alla sicurezza), il prefetto, il 7 gennaio u.s. ha sollecitato i negozianti a difendersi, installando impianti di videosorveglianza o altre tecnologie per poter contattare le forze dell’ordine. La “chicca” della notizia è rappresentata dal “..premio per l’operatore economico più virtuoso, distintosi per un evidente contributo alla giustizia e alla legalità o aver promosso o aver attuato iniziative meritorie in campo sociale o economico”. Arriveremo, prima o poi, anche alla “ricompensa” per chi fornisce non solo informazioni alla polizia, ma per attività”meritorie”, magari con l’uso della forza, nella prevenzione o nella repressione diretta dei reati?

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