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Pizzolungo “Parco della memoria e della coscienza civile”

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Sicilia, Trapani, Pizzolungo di Erice. Era il 2 aprile del 1985. Una data che fa parte della storia dei misteri d’Italia. Di quell’elenco che raccoglie una serie di episodi gravissimi, stragi e bombe, e dove si intravedono le connessioni e le connivenze, pezzi dello Stato in combutta con organizzazioni criminali, terroristiche e mafiose. La massoneria segreta e i suoi tentacoli che talvolta non sono meno potenti di quelli di Cosa Nostra. Pizzolungo 23 anni addietro fu teatro di un attentato per il quale a tanti anni di distanza non c’è scritta la verità. Quella processuale rimanda alle sole colpe dei capi mafia, Totò Riina, il capo dei capi di Corleone, Vincenzo Virga, il boss di Trapani, che vollero, ma non da soli, la strage, Nino Madonia e Balduccio Di Maggio, i boss che portarono il tritolo, ed ancora il castellammarese Gioacchino Calabrò, il lattoniere nella cui officina passò l’auto rubata e poi posta sulla curva di Pizzolungo dopo essere stata imbottita di esplosivo. Calabrò è stato condannato solo per il riciclaggio della vettura rubata, in altri processi risulta avere fato parte, nel 1993, del team mafioso che compì le stragi tra Roma, Milano e Firenze. Lui avrebbe dovuto fare esplodere una Fiat 131 allo stadio Olimpico di Roma, una domenica, all’arrivo dei poliziotti e dei carabinieri di servizio all’impianto sportivo, fortunatamente il timer non funzionò. Cosa che invece purtroppo avvenne a Pizzolungo, il 2 aprile del 1985

L’attentato era per il pm Carlo Palermo da poche settimane a Trapani. Già aveva suscitato tanto fastidio o doveva essere ucciso per le sue inchieste condotte nell’ufficio della Procura di Trento da dove era stato spedito in Sicilia ¬- come punizione per le sue indagini che avevano sfiorato l’allora primo ministro socialista Bettino Craxi). Trento o Trapani era la stessa cosa. C’era un filo che univa le due città, un corridoio dove passavano armi e droga e criminali accordi internazionali pesanti. Carlo Palermo da poco tempo faceva ogni giorno quella strada che costeggia il mare e che collega la zona di Bonagia, dove Palermo aveva casa, e Trapani. Andava sotto scorta al Palazzo di Giustizia. Su quella curva di Pizzolungo l’autista del magistrato superò un’altra auto, di fianco a questa l’utilitaria ferma piena di tritolo venne fatta esplodere e si scatenò l’inferno. L’auto del pm e l’altra dove c’erano gli agenti di scorta furono deformate ma agli occupanti non accadde nulla di irreparabile, restarono feriti. Dalla strada sparì invece l’altra vettura quella che il corteo di auto del pm stava superando. Inghiottiti dall’esplosione, l’auto la guidava una donna, Barbara Rizzo, con lei c’erano i suoi due gemellini di 6 anni, Salvatore e Giuseppe Asta. Il tritolo fece strazio di loro. Spariti come l’auto sulla quale si trovavano. Solo intorno c’erano rottami, pezzi di libri di scuola, qualche scarpina, e poi i resti dei loro corpi, financo in alto su di una casa, sotto al cornicione del tetto una macchia di sangue stampata a muro.
E’ una storia che si conosce e che in un paese che non ha una spesso memoria è bene ogni tanto ricordare.

Ma non scriviamo oggi solo per il ricordo. Lo facciamo per raccontare l’attualità. Da 23 anni si dice che in quello spazio appena sopra il mare di Pizzolungo, dove i mafiosi collocarono il tritolo per fare una strage, dovrebbe sorgere un parco della memoria. Ed è quello che adesso potrà avvenire. Nel 1986, ad un anno dall’attentato, Nunzio Asta, padre e marito degli uccisi, a sue spese fece collocare una stele dedicata ai familiari. L’amministrazione comunale del tempo, quella di Erice, gli diede ragione rispetto alla richiesta che quello spazio doveva essere dedicato alle vittime. Ma la promessa non è stata mantenuta né da quella né dalle altre amministrazioni. Anzi sono accadute due cose precise che dimostrano come quello era un impegno parolaio: quel terreno, una manciata di metri quadri, pochi anni addietro entrò a far parte di un fallimento, a quel punto se il Comune fosse stato davvero attento avrebbe potuto partecipare all’asta fallimentare per comprarlo, e invece furono altri a fare offerta, dei privati; secondo fatto, i proprietari il 2 gennaio del 2008 dopo avere avuto approvato il progetto da Comune e soprintendenza, aprirono un cantiere per realizzare in quel luogo uno stabilimento balneare, una terrazza sul mare.

L’allora amministrazione, quella che nel 2007 approvò il progetto fece un comunicato per dire che quei proprietari “generosamente” avevano ceduto una parte del terreno per costruire anche lì il parco della memoria dedicato alle vittime di mafia. Il bluff riuscì per poco, l’area ceduta era quello spazietto dove è collocata la stele in bronzo dedicata a Barbara Rizzo ed ai suoi figli, comprata da Nunzio Asta che nel frattempo è morto di crepacuore. Una manciata di metri quadri. Il 2 gennaio del 2008 fu Margherita Asta, figlia e sorella di coloro i quali morirono in quel punto, e che oggi è anche coordinatrice provinciale di Libera, ad accorgersi di quanto stava accadendo. La nuova amministrazione di Erice intanto insediata non l’ha lasciata sola. Il sindaco Giacomo Tranchida ha condotto una trattativa con i proprietari dell’area e l’ha spuntata. Quel terreno è adesso di proprietà comunale, lì si può concretizzare l’idea che fu di Nunzio Asta, poi di sua figlia Margherita e di altri cittadini non solo trapanesi, ma di molte parte d’Italia. Nascerà il parco della memoria.

“Siamo stati coerenti – dice il sindaco Tranchida – rispetto all’impegno assunto per istituire il 2 aprile, anniversario della strage di Pizzolungo, Il GIORNO DELLA MEMORIA. La mafia ha tolto a questa terra possibilità di sviluppo ed anche la speranza privandola di  tanti servitori dello stato, di cittadini ed anche bambini oggi noi utilizziamo i soldi sottratti ai mafiosi per restituire dignità civica alla memoria e testimonianza di una rinnovata speranza di riscatto della nostra terra: a Pizzolungo, con i soldi confiscati ai mafiosi, nasce il Parco della Memoria e della Coscienza Civile, un’area dotata di infrastrutture e servizi per una fruizione collettiva e consapevole dell’area”.
Se i segni i gesti sono importanti, non sfugge quello di ieri colto ad Erice. La Giunta municipale ha adottato la delibera che permette al Comune di tirare fuori dalle sue casse i soldi che servono per comprare l’area di Pizzolungo, riunendosi nella scuola elementare dedicata ai gemellini Asta. L’area è estesa 637 metri quadri, la spesa ammonta a 37 mila euro, i soldi sono del Comune ma provengono dai mafiosi, sono i denari frutto delle confische ai danni di Cosa Nostra.

“E’ una giornata bellissima – dice Margherita Asta – perché finalmente le parole sono diventate fatti precisi. L’anno era cominciato male, con quella recinzione attorno al cantiere che suscitava sgomento, rappresentava il fallimento di un desiderio, di un dovere, di tante cose. A 12 mesi di distanza le cose sono cambiate. Ma c’è anche un altro passaggio importante. Per raggiungere l’obiettivo c’è stato il lavoro e l’impegno dell’attuale amministrazione comunale di Erice, ma c’è dietro il lavoro di magistrati, forze dell’ordine, investigatori, giudici, se non ci fossero state le confische, se non ci fiosse stato il duro lavoro per individuare gli interessi, gli affari e le proprietà della mafia e dei mafiosi, il Comune di Erice non avrebbe potuto disporre dei soldi per comprare il terreno. In quel luogo dove la mafia ha creato devastazione, fatto vittime, adesso crescerà un nuovo impegno, nuove vite potranno crescere.

Direi un doppio, triplo smacco a Cosa Nostra. Spero che a chi è disattento o sottovaluta il fenomeno si renda conto che in un sol giorno sono state tante risposte e si è inferto un colpo di natura sociale a Cosa Nostra che si aggiunge a quelli inferti dalle forze dell’ordin
e”.

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