Clientelismo e sistemi di potere
La nuova corruzione in salsa partenopea
Cambiano i tempi, cambiano i modi di offrire e ricevere
«mazzette». Non più passaggi di denaro, come ai tempi di Tangentopoli, ma, per
gli amministratori compiacenti, fiere pagate, agevolazioni nell’acquisto
di immobili, sponsorizzazioni per carriere politiche, assunzioni o incarichi
professionali a favore di persone del loro «bacino clientelare». Secondo i
magistrati della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli era in grado di
distribuire tutti questi favori, e si offriva di farlo, l’imprenditore
Alfredo Romeo, uomo chiave dell’inchiesta che ieri mattina ha portato lui
in carcere, e altre dodici persone, tra suoi collaboratori, attuali ed ex
amministratori e tecnici comunali agli arresti domiciliari. Quanto basta per
tralvolgere in piena bufera una giunta cittadina già politicamente al
capolinea.
L’inchiesta, dunque. Il patron del colosso «Romeo
Gestioni», leader in Italia nell’amministrazione dei patrimoni
immobiliari (appalti anche a Roma, al Quirinale, a Venezia e Milano), avrebbe creato
un vero e proprio «comitato d’affari di tecnici e politici»,
un’associazione a delinquere (questa l’accusa principale per sette
degli arrestati) finalizzata alla turbativa d’asta, all’abuso
d’ufficio, al falso in atto pubblico, alla corruzione e alla rivelazione
del segreto d’ufficio. Lo scopo? Consentire alle società del gruppo Romeo
l’aggiudicazione di appalti pubblici. «Un sistematico saccheggio di
risorse pubbliche – scrivono i pm – già insufficienti ad affrontare i problemi
di Napoli, per volgerle a favore di un unico soggetto». Capitolati e documenti
di gara, dunque, sarebbero stati modificati ad hoc, da amministratori e tecnici
compiacenti, per rispecchiare, nei requisiti richiesti, le caratteristiche
delle aziende riconducibili all’imprenditore. In cambio, gli assessori,
avrebbero ricevuto favori di vario genere. Quattro le gare pubbliche al centro
dell’indagine, la più grande delle quali, quella per l’affidamento
del ‘‘Global Service’’ per la manutenzione stradale, un
affare da 400 milioni di euro, non si è in realtà mai svolta: «per mancanza di
fondi», ha sempre sostenuto l’amministrazione, «perché nel frattempo una
fuga di notizie sull’esistenza dell’inchiesta in corso aveva messo
in allerta i soggetti interessati», sostiene invece la Procura partenopea. Fuga
di notizie della quale è ritenuto responsabile il colonnello della Guardia di
Finanza Vincenzo Mazzucco, al tempo dei fatti alto funzionario della Direzione
investigativa antimafia, amico e informatore di Romeo.
Ma chi sono invece i
politici coinvolti? Ferdinando Di Mezza, assessore al Patrimonio e alla
manutenzione stradale, cui Romeo si sarebbe offerto, tra l’altro, di
pagare le spese di un viaggio a Milano, in occasione della fiera. Enrico
Cardillo, dimessosi dal suo incarico di assessore al Bilancio solo due
settimane fa, con la motivazione, della cui fondatezza ora è inevitabile
dubitare, di essersi stancato di fare politica, dopo venti anni di impegno
nella Uil e sette nelle giunte Iervolino. Felice Laudadio, assessore
all’edilizia, stimato avvocato amministrativista e docente universitario.
Per lui e per Cardillo ci sono le accuse di turbativa d’asta, abuso e
rivelazione di segreto d’ufficio, ma non quella di corruzione, che
interessa, invece, oltre a Di Mezza, anche l’ex assessore alle scuole e
alla legalità Giuseppe Gambale, già parlamentare e membro della Commissione
Antimafia. Venti in tutto gli indagati. Per tutti i pm, coordinati da Franco
Roberti, avevano chiesto misure cautelari, non concesse dal gip Paola Russo. A
sostegno delle accuse oltre cinquecento pagine di intercettazioni telefoniche
Con gli interrogatori di garanzia di questi giorni inizia
il lungo iter che porterà alla verifica giudiziaria dei fatti contestati. Si
impongono però, al di là delle responsabilità penali dei singoli, alcune
valutazioni inconfutabili. L’affermarsi di una diversa, e per certi versi
più ‘‘miserabile’’ (se non nella posta in gioco per
l’imprenditore, quanto meno nei benefici «economicamente valutabili» ricevuti
in cambio dai politici) forma di corruzione. Lo scoperchiamento (parziale?) di
un sistema di potere e clientelismo del quale da anni, in città, si sospettava
l’esistenza. La prova che il marcio, nella politica, e la crisi della
questione morale, stanno anche a sinistra, a differenza di quanto per anni
molti osservatori hanno sostenuto.
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