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Questione morale, il Pd nell’angolo

Di Alessio Magro il . Dai territori

Bombe ad orologeria?
La tangentopoli bis? Lo scioglimento forzoso di un partito o ancora
la messa in mora dell’opposizione politica italiana? O semplicemente
la giustizia, che colpisce adesso i giustizialisti?  In ogni caso
la bufera che si è abbattuta sul Partito democratico, le diverse inchieste
scoppiate in sincronia mettono a dura prova la tenuta della democrazia
in Italia. Con un singolare rimescolamento delle posizioni sulla cosiddetta
questione morale.

Perché nel Pd si apre la caccia alle mele marce,
a quei dirigenti pur eletti di recente col metodo delle primarie. Il
Pdl, solo sfiorato dagli scossoni giudiziari degli ultimi giorni, cavalca
l’onda giustizialista come e meglio dei dipietristi, con il premier
Berlusconi dimentico della teoria delle toghe rosse. Ragionando a quel
modo, oggi quelle toghe sarebbero di certo nero-azzurre. E Di Pietro
rispolvera la verve degli anni ruggenti di Mani pulite, riuscendo a
restare ancora una volta immacolato – ed è certo che anche uomini
di Idv sono finiti sotto la lente della magistratura – nella percezione
dell’opinione pubblica. 

La Campania

Due assessori del
Pd arrestati, la giunga Iervolino agli sgoccioli (anche se la normativa
non prevede la possibilità di scioglimento anticipato della legislatura),
il precedente accerchiamento del governatore Antonio Bassolino, anche
in Campania il partito riformista è già al palo. La recente inchiesta
della Dia e dei carabinieri ha svelato intrecci perversi attorno alla
delibera “Global service” approvata dal comune. Sono 12 gli indagati,tra
i quali ci sono anche due ex assessori, quindi l’arresto dell’imprenditore
Alfredo Romeo, il coinvolgimento di Renzo Lusetti (Pd) e Italo Bocchino
(An), l’apparizione dell’ex Dc Cirino Pomicino. I magistrati parlano
di “saccheggio sistematico delle risorse pubbliche”. Nel provvedimento incriminato
era compreso l’affidamento di appalti relativo a manutenzione delle
strade e del patrimonio pubblico, nonché la gestione di mense scolastiche.
Un affare da 400 milioni di euro, in realtà mai partito. Al centro
dell’inchiesta la figura di Romeo, considerato un faccendiere, da
tempo a conoscenza dell’indagine sul suo conto perché informato da
talpe. 

L’Abruzzo

Nei mesi scorsi
l’arresto di Ottaviano Del Turco e i sospetti sui vertici regionali
del partito di Veltroni, adesso le  elezioni che hanno segnato
il crollo del Pd, e soprattutto lo scandalo che ha visto scattare le
manette ai polsi del sindaco Luciano D’Alfonso. Le accuse sono pesanti:
tangenti incassate dal patron di AirOne, il potente Carlo Toto, corruzione
e concussione attraverso il braccio destro Guido Dezio, un fondo nero
di 150mila euro. Secondo i magistrati, il flusso di denaro in nero intercettato
sarebbe solo una piccola parte, ma le prove sarebbero in ogni caso robuste.
Per l’ormai ex sindaco sono almeno altre quattro le inchieste in corso.
E arriva l’annuncio del ministro dell’Interno Maroni: scioglimento
per il consiglio comunale di Pescara. 

La Basilicata

Il petrolio, le
tangenti, gli arresti. Torna alla carica il focoso pm Henry
John Woodcock, con un’inchiesta che ha portato in cella l’ad della
Total Italia, Lionel Levha. Stessa sorte
sarebbe toccata ad un altro piddino, il deputato Salvatore Margiotta,
ma la Camera ha negato l’autorizzazione. La tesi dell’accusa: un
accordo da 15 milioni di euro tra la Total, assegnataria della concessione
petrolifera in Basilicata, e gli imprenditori interessati agli appalti
per le estrazioni. E di duecentomila euro sarebbe la somma promessa
all’onorevole Margiotta da Francesco Ferrara, uno degli imprenditori
coinvolti nell’inchiesta. 

La Calabria e la
Lucania

Resta aperto il
caso clamoroso che vede coinvolti i magistrati catanzaresi e lucani,
i primi indagatori, i secondi indagati che hanno indagato a loro volta
sui loro indagatori perseguendo un presunto reato di associazione per
diffamazione. E’ il verminaio di Toghe lucane, di cui si stanno occupando
i pm salernitani. Sullo sfondo anche le inchieste Why not e Poseidone,
che hanno svelato l’esistenza di comitati d’affari attivi tra la
Calabria e la Basilicata. Anche in questo caso il Pd, ma non solo, non
è esente da sospetti. 

La Toscana

Bufera anche sul sindaco di Firenze
Leonardo Domenici, in croce per il coinvolgimento di due assessori pd
della sua giunta nell’inchiesta sull’area del Castello. Tra i due
c’è Graziano Cioni, che è costretto adesso ad uscire di scena nelle
primarie per la scelta del candidato sindaco. Si parla di corruzione
riguardo la destinazione d’uso della zona, e di un ruolo assunto dallo
stesso Domenici. Che finisce nella gogna mediatica insieme agli altri
dirigenti pd sparsi nell’Italia della corruzione.

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