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Usura e riciclaggio a Livorno. Libera: “Azione comune contro mafie”

a cura di Libera - Presidio "Rossella Casini"* il . Toscana

a cura di Libera – Presidio “Rossella Casini” Castagneto// – L’operazione delle forze dell’ordine dei giorni scorsi che ha portato all’arresto per usura e associazione per delinquere di due livornesi e alla messa sotto inchiesta di numerosi altri, a Livorno e in tutta la provincia, dovrebbe suscitare un’attenta analisi e riflessione pubbliche sulla diffusione di fenomeni criminali organizzati e dei loro possibili collegamenti con associazioni mafiose più strutturate. Limitandoci alle sole notizie di stampa, possiamo purtroppo affermare che Livorno e provincia sono  “protagoniste” di importanti vicende criminali di questo tipo. A nostro avviso è utile e necessario ricordarle e leggerle in chiave più “sistematica” cercando di analizzare le dinamiche in corso.

Occorre superare la lettura “puntuale” della singola notizia, metodo che spesso induce ad una interpretazione del fatto  come isolato e a sé stante, interpretazione assai pericolosa ed indulgente (ed auto assolutoria) nei confronti dei fenomeni criminali/mafiosi. In provincia di Livorno (a Donoratico), da anni, si sviluppano le vicende giudiziarie che vedono protagonisti Michelangelo Fedele e, in alcuni casi, Giuseppina Zambardino (sua moglie). Il primo è noto alle cronache per diversi processi (a partire dalla fine degli anni ’90) e vicende legate al sistema dell’usura e dello spaccio di stupefacenti (è stato condannato in via definitiva a 6 anni di reclusione in uno dei diversi processi nei quali è stato imputato). Fedele è noto per possedere un gran numero di appartamenti e per affittarne altrettanti a lavoratori extracomunitari, spesso trovati, in seguito a controlli, in condizioni di grande sovraffollamento e senza contratto di affitto.

La Zambardino venne, tra l’altro, coinvolta nel caso (2012) che vide rinviato a giudizio (per minacce al fattore dell’azienda agricola Citai) il maresciallo dei carabinieri Lo Voi, comandante della stazione di Donoratico,  a cui aveva affittato un appartamento rilasciando ricevute di pagamento con importi maggiori di quelli reali (reato per il quale il maresciallo fu accusato di truffa ai danni dello Stato, perché si faceva rimborsare spese non sostenute).

Attualmente moglie e marito sono chiamati a giudizio a San Marino per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio, con la prima udienza fissata per il prossimo 28 ottobre. Si parla di cifre che superano il milione di euro, che non sono stati in grado di giustificare, depositate nelle banche del Titano, denari che provengono, molto probabilmente, direttamente dalle attività svolte nei  territori della provincia di Livorno.  Fedele, insieme ad altri tra cui un altro imprenditore di Donoratico, Roberto Cristini, il prossimo 14 novembre dovrà tornare in aula di tribunale a Livorno per ascoltare le arringhe dei suoi difensori nel processo nato da una vasta operazione anticrimine del 2006, per il quale il pubblico ministero ha chiesto la sua condanna a 4 anni.

Nel frattempo a Livorno, tra il dicembre 2013 e il luglio 2014, due società di vigilanza privata  (Fedelpol a Rosignano M.mo e Silpress a Livorno) sono state “sequestrate” dall’autorità giudiziaria perché sospettate di far parte del patrimonio (30 milioni) di una clan camorrista Belforte di Marcianise, in provincia di Caserta. Un livornese (Riccardo Mazzara), indicato come prestanome della Silpress, è agli arresti domiciliari. E’ bene ricordare che questo tipo di società sono state spesso, come hanno dimostrato le vicende accadute all’Isola d’Elba alcuni anni fa, uno dei sistemi di infiltrazioni mafiose e camorriste nei territori.

Fino ad arrivare all’operazione “Attila” delle scorse settimane, che ha messo in luce un’associazione criminale, guidata, ricordiamo, da due italiani e che sarebbe stata dedita all’usura, alle minacce, alla creazione di società fittizie. Qualcuno pensa ancora che la nostra provincia sia immune da fenomeni mafiosi? Non bisogna attendere le statistiche ufficiali (vedi il Sole 24 Ore sul 2013) per rendersi conto che ormai la criminalità organizzata si sta interessando a Livorno e provincia, cosa per altro già nota relativamente al porto (come indicato anche da Roberto Saviano nel suo libro “Zero, zero, zero”).

Vi è poi tutta la situazione esistente nel mondo agricolo. La Fondazione “Placido Rizzotto” della Flai/Cgil ha pubblicato il rapporto 2013 su “Agromafie e Caporalato”, nel quale la zona della Val di Cornia viene indicata con il “bollino rosso” che contraddistingue la presenza di forme consolidate di supersfruttamento, di caporalato, di lavoro nero. Da lì alla presenza mafiosa il passo è breve. Come si può pensare di fare “qualità” dei prodotti agricoli Do o Doc senza la Legalità? Di tutte queste vicende abbiamo prodotto una documentata Rassegna Stampa che ricostruisce gli ultimi 15 anni (per averne una copia scrivere a pres.castagneto@libera.it oppure scarica dal link in fondo all’articolo). Occorre non solo che le forze dell’ordine e la magistratura si attrezzino in maniera coordinata per affrontare questi fenomeni, ma che si sviluppi nella società un’azione culturale, politica e sociale di contrasto esplicito di questi fenomeni e di isolamento dei personaggi che li mettono in atto.

 

E’ per questo che l’associazione Libera invita tutte le Amministrazioni comunali della provincia di Livorno alla creazione di un coordinamento permanente per l’adozione di regolamenti e provvedimenti comuni per la lotta alla criminalità, affinché l’azione comune non lasci spazio a nessun tipo d’infiltrazione mafiosa. Una volta insediate le mafie non se ne vanno, se non dopo aver prosciugato il sistema sociale ed economico nel quale si sono infiltrate, lasciando miseria, criminalità e crisi sociale.

Scarica qui la Rassegna stampa 

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