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Caso Alpi, Gritta Grainer: “Sapere nomi responsabili e di chi ha depistato”

di Alessandra Tarquini il . Emilia-Romagna, Interviste e persone

L’intervista di Alessandra Tarquini/// – Si viene al Premio Ilaria Alpi per crescere, per coltivare il giornalismo d’inchiesta e approfondire dei temi legati al lavoro del reporter. Si arriva a Riccione per verificare a che punto si è sulla strada verso la verità sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalista e operatore del TG3 ammazzati il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Al Premio si viene per stare accanto ai loro familiari. Per incontrare l’Italia che da quel 1994 è  impegnata per cercare la verità su questa terribile e complessa pagina di storia del nostro Paese. A cercare ostinatamente la verità, fra gli altri,  Mariangela Gritta Grainer, presidente dell’Associazione Ilaria Alpi, che in questi anni ha seguito da vicino il caso, anche come membro di una delle due Commissioni parlamentari di inchiesta sul caso Alpi. Con lei abbiamo fatto il punto sulle indagini e sulla desecretazione dei documenti, presso gli archivi della Camera, di cui si è parlato nella giornata di ieri, insieme alla presidente della Camera, Laura Boldrini. 

A che punto sono le indagini sul caso Alpi? 

L’inchiesta è ancora aperta e lo è rimasta in tutti questi anni. Nel 2007 il GIP Emauele Cermosimo aveva respinto delle richiesta di archiviazione  e aveva disposto il rilancio dell’inchiesta indicando 26 punti di approfondimento. Tra questi c’era anche la verifica del DNA delle tracce di sangue trovate sulla macchina sulla quale, presumibilmente, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi. Da quel lontano 2007 sappiamo che  è  stata eseguita, proprio nello stesso anno, soltanto la prova del DNA sulla macchina rientrata, su richiesta dell’allora presidente della Commissione d’inchiesta sul caso Alpi, Carlo Taormina, in Italia in pieno agosto.  Dal quel test sappiamo che la vettura potrebbe non essere autentica: le prove sulle macchie di sangue hanno dimostrato una incompatibilità con il DNA di Ilaria Alpi. Nel frattempo, un anno fa, é cambiato il procuratore capo di Roma e con l’arrivo di Pignatone è  stato dato un nuovo incarico per seguire il processo. Ad oggi non c’è stata alcuna nuova udienza. A marzo, a seguito dell’annuncio della desecretazione dei documenti sul caso Alpi, il procuratore capo ha dichiarato l’intenzione di riaprire con solerzia l’inchiesta e di concluderla velocemente.

Dopo il servizio trasmesso in Rai (realizzato dai colleghi Andrea Palladino e Luciano Scalettari) che hanno dimostrato che trovare il testimone Gelle non è impossibile e che le autorità italiane sanno dove si trovano quanto meno i suoi più stretti parenti in Inghilterra, qualcuno si è fatto vivo? ci sono stati sviluppi in questa direzione?

Nessuno sviluppo che ci risulti. A meno che non ci sia stato un contatto, che sarebbe riservato, diretto con il legame della famiglia
Alpi o da parte della procura.

Cosa si aspetta di scoprire di nuovo dalla desecretazione disposta dalla Camera dei Deputati?

Ci aspettiamo di individuare esattamente sia i nomi degli esecutori e di chi ha ordinato il commando assassino sia di chi ha depistato le indagini sul traffico di armi e rifiuti. Vogliamo non solo sapere i nomi,  ma, per noi ancora più importante, conoscere anche i motivi del depistaggio che di certo ha coinvolto pezzi delle istituzioni. Penso che anche Ilaria sarebbe d’accordo con noi.

Cosa intende fare l’associazione Ilaria Alpi per portare aventi le indagini anche alla luce della desecretazione degli atti?
Discuteremo su nuove iniziative da realizzare cercando di trovare una via che ci trovi convinti nelle azioni che porteremo avanti. E’ chiaro che questo grande e importante risultato della declassificazione arriva tardi per noi così come per le altre stragi, ma è altrettanto chiaro che si è aperta una porta che penso dobbiamo spalancare per far uscire tutto lo schifo celato e far entrare aria nuova. Sicuramente vigileremo su tutto e monitoreremo i tempi di realizzazione. Dovremo leggere i documenti e non sarà una lettura facile perché ci saranno decine di migliaia di documenti e sarà complessa la loro comprensione.  Abbiamo posto anche con forza la possibilità che i fruitori possano essere tanti e che l’accesso venga facilitato. Perché la procedura attuale è molto, troppo complessa.

Quanto è stato declassificato ad oggi dall’annuncio fatto il 20 marzo scorso?

E’ stato declassificato meno del 5 per cento del totale. Forse per il caso di Ilaria anche meno del 5, ma ieri la  Presidente Boldrini ha dichiarato che la desecretazione  verrà conclusa entro settembre, per il resto delle stragi entro giugno 2015.

Nel testo da lei scritto Non tacereleggiamo “Dopo 20 anni da quella tragica esecuzione dobbiamo riconoscere con tristezza profonda che hanno vinto loro fino ad ora, loro che hanno taciuto perché non amano la verità né la giustizia“. E’ un’affermazione molto forte. Perché hanno vinto loro?

E’ un’affermazione forte che confermo. Hanno vinto loro perché dobbiamo ancora ottenere la verità giudiziaria. Non è escluso che chi ha depistato continui a farlo. Non sarà semplice realizzare compiutamente quanto auspicato, obiettivo per il quale lavoriamo da 20 anni.

L’inchiesta sui cui stavano lavorando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin dal punto di vista giornalistico si è fermata?  

Il giornalismo non ha fatto ancora abbastanza e può sempre fare di più. Comunque ci sono stati dei giornalisti attivi come Paul Moreira che ha fatto un lavoro ottimo con immagini molto significative. Luciano Scalettari, Francesco Cavalli, Alessandro Rocca hanno fatto un percorso di testimonianza importante recandosi più volte in Somalia.

Che ricordo ha del 20 marzo 1994?

Me lo ricordo benissimo. Ogni persona adulta e forse anche i ragazzi si ricordano quella domenica. Per me era l’ultima domenica prima delle elezioni che danno poi il via all’era berlusconiana. Ero ad  un incontro elettorale essendo io candidata. Ho ancora i brividi dell’arrivo della notizia. Ero molto impegnata nei temi della pace della cooperazione. Abbiamo smesso immediatamente per vedere la televisione e seguire la notizia. Quelle immagini, quei momenti hanno avuto un peso nelle scelte che ho fatto successivamente.  Sono stata deputata e ho fatto parte della prima Commissione di inchiesta sui traffici costituitasi nel 1992, prima dello scioglimento della Camera,  perché era scoppiato lo scempio della mala cooperazione italiana, prima ancora di Tangentopoli. Stimolo anche il dossier di Raniero La Valle e della sinistra indipendente che anche Ilaria aveva consultato: lo abbiamo infatti ritrovato nel suo cassetto a Saxa Rubra e sappiamo per certo che ne stava studiando i suoi contenuti. Ovviamente, io lo avevo letto ma il suo impatto vero è arrivato dopo, quando ho lavorato sul caso. Entrai a far parte della Commissione bicamerale di inchiesta  sulla cooperazione italiana allo sviluppo per verificare la falsità della macchina. Fu merito del lavoro della commissione l’acquisizione del girato delle prime immagini dopo l’agguato a Ilaria e Miran dalle quali è evidente che non c’era nessuno a differenza di quanto detto subito dopo.

 

Lei è la presidente dell’Associazione Ilaria Alpi. Come vive questo ruolo?
E’ un grande onore. E’ un ruolo molto impegnativo che dà anche molta soddisfazione. Ho la consapevolezza che adesso, anche alla luce di questo incarico, devo fare ancora di più.

 

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