Minacce di Riina occasione per riflettere su antimafia sociale
Le minacce di Totò Riina a Luigi Ciotti sono tutt’altro che un mero dato giornalistico sensazionale che pure alcuni hanno saputo soppesare nella sua gravità. Le parole di Riina sono piuttosto una provocazione a riflettere e ad agire. Ho come l’impressione che alcuni l’abbiano considerato come un petardo scoppiato tra le sagre di fine estate. Scoop di giornata buono a reggere una conversazione di salotto. Ci sarebbe, invece, da valutare attentamente come nelle fitte nebbie della retorica sulla legalità e sull’antimafia che si produce quotidianamente nel nostro Paese, il boss di Corleone si mostri quanto meno preoccupato proprio delle scelte messe in campo da quel prete. Segno che l’antimafia sociale, quella della prevenzione, della formazione, del fiato sul collo perché la legge sulla confisca funzioni correttamente, della costituzione di parte civile nei processi, delle reti territoriali e internazionali di associazioni e persone, della lotta contro la corruzione… è efficace almeno quanto quella prodotta da forze dell’ordine e magistratura.
La reazione di don Totò dà ragione a Nino Caponnetto che diceva che “la mafia ha più paura della scuola che della polizia”. Se, come nelle nozze di Cana, avessimo il potere di trasformare in convinzione profonda, leggi efficaci e iniziative concrete tutte le dichiarazioni solenni, le parole vuote e le tante analisi senza approdo, Riina si sentirebbe non solo infastidito o ostacolato dalle azioni di un prete e di un’organizzazione. Sarebbe assediato. Ma soprattutto l’Italia diventerebbe il Paese più pulito del mondo.
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