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L’altalenante politica migratoria negli Usa e in altri paesi

di Piero Innocenti il . Lombardia

“Texas, emergenza immigrati!”, ed il governatore Perry  blinda prontamente il confine con il Messico inviando un migliaio di uomini della Guardia Nazionale.“Emergenza profughi per Berlino”, con il ministro degli Interni in affanno a ricercare soluzioni. Ed ancora, la dichiarazione del premier inglese Cameron “Non siamo la calamita attira-immigrati”, a sottolineare quella che viene indicata come la linea del “Britains first” e che appare, in realtà, come l’ennesimo espediente per recuperare terreno in previsione delle elezioni politiche del 2015. “Campi profughi bruciati in Svezia”, paese che pure ha sempre dimostrato capacità di accoglienza verso gli immigrati. Sono soltanto alcune delle recenti notizie, riportate da diversi quotidiani nazionali, su quanto sta accadendo in alcune regioni del mondo in tema di controllo delle immigrazioni. Ipocrite dichiarazioni e “strategie” governative di chiusura che non hanno mai aiutato a risolvere un problema così complesso come quello migratorio ma, anzi, lo hanno sempre acuito. Il presidente americano Obama è alle prese con la riforma della legge sull’immigrazione sin dal suo primo mandato ed anche dopo la rielezione ( grazie anche ai voti della numerosa comunità dei “latinos”) in occasione del suo discorso di insediamento (gennaio 2013), era tornato sul punto richiamando, tra l’altro, l’esigenza di una particolare attenzione agli immigrati. Sembrava quasi raggiunto un accordo in seno al Congresso sulla riforma dell’immigrazione quando un emendamento, presentato il 20 giungono 2014, con cui si chiedeva di “blindare” il confine con il Messico per arginare il flusso migratorio di decine di migliaia di minori non accompagnati, rimandava in alto mare il provvedimento. L’aumento dell’esodo forzato di minori, in particolare, da Honduras, El Salvador e Guatemala, sembra ricollegabile alle aumentate esigenze di gruppi criminali locali di arruolare nelle loro fila “baby narcos” quale manovalanza ( non punibili per l’età) da utilizzare al meglio nelle attività di spaccio di droghe.

A luglio, dunque, Obama alle prese, tra i tanti gravi problemi di politica estera, ancora con quello dei baby-migranti, ha dovuto ancora “batter cassa” al Congresso chiedendo l’ulteriore straordinario stanziamento di 4 miliardi di dollari ( lo stesso stanziamento richiesto già nel febbraio 2010) di cui metà destinati all’emergenza minori e la restante al potenziamento ( sollecitato dai repubblicani) dei controlli di frontiera ( qualche parlamentare conservatore vorrebbe il completamento della barriera anticlandestini con il Messico, iniziata con Bush e interrotta da Obama) e alle espulsioni. Queste ultime, poi, stando ai dati dell’Amministrazione della Dogana e dell’Immigrazione americana, anche nel 2013 son state piuttosto numerose ( circa 500mila) ma hanno riguardato, in prevalenza, stranieri ritenuti “pericolosi” e condannati per delitti vari tra cui omicidi, spaccio di droghe, violenze sessuali e guida in stato di ubriachezza. In uno scenario di una politica americana sull’immigrazione alquanto altalenante negli ultimi anni, con diversi Stati governati dai conservatori (Alabama, California, Texas, Utah, California) che hanno promulgato leggi contro gli immigrati ( alcune impugnate dal governo federale innanzi alla Corte Suprema), l’azione di repressione all’immigrazione illegale ha visto calare anche gli arresti per questo reato passati da oltre un milione nel 2006 ai 463mila dl 2010, ai 350mila del 2013.

Paradossalmente la diminuzione della popolazione carceraria di questa categoria di detenuti è stata fonte di “preoccupazione” per alcuni “rispettabili” imprenditori americani ( gli aderenti alla Corrections Corporation of America- CCA) che gestiscono molte carceri statali. Insomma, più migranti illegali in galera più denaro per la CCA che, nel biennio 2011/2012 avrebbe incassato oltre 120 milioni di dollari. Con particolare soddisfazione anche per i trafficanti di esseri umani per il “contributo” fornito indirettamente al sistema reclusorio americano! In una di queste carceri, probabilmente, sarebbe finito anche Eugene M.Klischer (1881-1956), studioso di demografia, di origine ebrea, un “displaced man” diremmo oggi, costretto a fuggire dalla Russia in Germania, in Danimarca poi in Francia da dove, finalmente, riuscì ad imbarcarsi, clandestinamente, nel 1941, per gli Usa. Klischer ricordava come “..il movimento migratorio è allo stesso tempo perpetuo, parziale e universale…non si interrompe mai, tocca ogni popolo…non c’è mai un momento di immobilità per alcun popolo perché nessuna migrazione resta isolata”. Illusorio, insomma, pensare di bloccare o arginare con sistemi di polizia e sbarramenti di vario genere o rimandare nei loro paesi, le centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini che fuggono dalla fame, da morte sicura o da arruolamenti forzati ad opera della criminalità o della guerriglia.

 

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