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Decapitato il clan dei Valentini
In manette anche la moglie di Gionta

Di Stefano Fantino il . Campania, Dai territori

Il 26 agosto del 1984 è una
bella giornata a Torre Annunziata. Ai tavolini del Circolo dei Pescatori
sono seduti diversi uomini. In quei momenti arriva un  commando
a bordo di un  pullman e di due auto. Quattordici uomini, armati,
con il volto coperto. Fanno fuoco sugli avventori del circolo. Otto
morti, sette feriti, centoquattro bossoli esplosi. La strage di Sant’Alessandro.
A sparare dei killer del clan Alfieri, nel mirino appartenenti al clan
dei “Valentini”, guidati dal boss Valentino Gionta. Capocamorrista
nella zona di Torre Annunziata, sempre più inviso ai clan rivali.

Quello è il primo atto di
un climax ascendente che vedrà il clan torrese, stritolato dagli avversari,
braccato da forze di polizia e magistratura, lentamente decadere. Oggi
la notizia che dà un altro colpo al clan oplontino.  Contro il
clan Gionta sono state emesse dal gip del tribunale di Napoli, su richiesta
della Direzione distrettuale antimafia ottantotto ordinanze di custodia
cautelare in carcere  che sono in corso di esecuzione a Napoli,
in provincia ed in altre regioni contro esponenti del clan camorristico.
Le accuse sono quelle di associazione per delinquere di stampo camorristico,
omicidio, estorsione e traffico di stupefacenti. L’operazione è condotta
dalla polizia di stato di Napoli, in collaborazione con le squadre mobili
di Milano, Catania e Pistoia e con la collaborazione dei reparti prevenzione
crimine: sono stati sequestrati beni mobili e immobili, quote societarie
e conti correnti per un valore complessivo di circa 80 milioni di euro.  «Molti giovani torresi aspirano ad essere assunti dal clan Gionta come
spacciatori, intravedendo in questo una possibilità di impiego
lavorativo». Lo dice il coordinatore della Dda di Napoli, Franco
Roberti. Da numerose intercettazioni viene fuori, spiega, che vengono
chieste raccomandazioni per ottenere un ingaggio come pusher  delle organizzazioni criminali.

Un giro d’affari importante
che il clan ha sapientemente costruito in decenni di attività. Gli
inizi della fortuna dei “Valentini” si perdono nei primi anni Ottanta,
dopo che la sconfitta definitiva di Cutolo aveva permesso l’ascesa dei
vincitori. Ovvero quei clan che si erano federati nel cartello della
Nuova Famiglia, per distruggere la Nco del professore di Ottaviano.
Gionta era tra quelli.

Da boss indiscusso del contrabbando
di sigarette  Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato
ittico. Come «ambulante ittico» infatti risulta iscritto alla Camera
di Commercio dal 1968. Già tra il 1981 e il 1982 con l’uccisione dei
referenti cutoliani Montella e Cirillo nella zona vesuviana, Gionta
diventa il ras della zona oplontina. 

Scomparso il nemico comune
le lotte intestine non avevano tardato a venire fuori. Gli interessi
economici da spartire avevano provocate la divisione in fazioni avverse.
Anche i “Valentini” si trovano a giocare questa partire. Sono alleati
dei Nuvoletta, di Marano. Contro di loro una alleanza che vede gli attori
principali nelle famiglie Bardellino e Alfieri. Gionta cresce enormemente
nel torrese. Il mercato del pesce è nelle sue mani: due società, Dogi
e Oplonti Pesca, intestate alla moglie Gemma Dommarumma e una serie
di attività di riciclaggio di denaro tra cui il vezzo di aprire una
boutique in centro. “Fagio Moda” la chiama il boss. Troppo facile
leggere il nome “famiglia Gionta” dietro quel negozio.  

Gionta vuole ancora di più.
Saprà leggere bene quel periodo Giancarlo Siani, fino a incontrare
la morte. I Valentini tentano di espandersi in altre zone. Quando a
a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica,
controllore del mercato dei fiori di Pompei, Gionta non esita a mostrare
il suo interesse. E dal pesce tenta anche l’ingresso nel business della
carne, controllata fino a quel momento dal clan avversario degli Alfieri. 
Siamo nel 1984 e in pochi mesi si fa terra bruciata intorno al boss.
Tra il dicembre di quell’anno e l’inizio del 1985 provvedimenti della
magistratura pongono sotto sequestro boutique, casa, terreni, azioni,
automobili di Gionta.

Il boss è alle strette. Sorvegliato
dalla magistratura, latitante e pericolosamente attratto dagli interessi
economici in mano ad altri clan. Giancarlo Siani, il brillante cronista
del Mattino, scriverà sul giornale partenopeo della presunta delazione da parte
dei Nuvoletta per far catturare Gionta. Questi, latitante a Marano,
fu arrestato dalla polizia nel giugno del 1985. Un prezzo pagato dai
Nuvoletta per sedare la situazione critica con gli avversari immolando
la libertà dell’alleato. Per aver raccontato questi retroscena la giovane
vita di Siani fu spezzata, circa tre mesi dopo, mentre tornava a casa.
Freddato in piazza Leonardo prima di scendere dalla sua Mehari. Più
di venti anni dopo quel clan che lui aveva saputo così bene raccontare
pare decimato in maniera pressochè definitiva.  

Vent’anni fa venne scoperto
che “Fagio Moda”, la boutique dove Gionta riciclava il denaro, all’epoca
risultava intestata alla sorella di lui, Carmela. E come già sottolineato
quote azionarie delle società operanti nel mercato del pesce rimandavano
alla moglie di Gionta, Gemma Dommarumma. Dopo l’ordinanza di questa
mattina tra gli arrestati figura anche lei.

Gli arresti durante l’operazione
“Marea” di una decina di donne sarebbe la  dimostrazione che
lo «scettro» dell’organizzazione era passato nelle loro mani, dopo
l’arresto dei mariti e compagni. Forse l’ultimo passaggio di testimone
prima della fine.

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