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Le scelte della politica e la lotta alle mafie nel nostro Paese

di Gianni Bianco il . L'analisi

Alle volte capita. Imbottigliato nel traffico di Roma, perso tra tormentoni estivi ed emittenti che parlano solo di giallorossi e biancocelesti, succede di inseguire il filo di un discorso, catturato a caso nell’etere, in un’afosa giornata estiva. Su Radio radicale trasmettono in diretta i lavori di un qualche seminario di studio, di un non meglio identificato convegno o di una barbosa riunione di partito. Si parla di Europa e un esponente del centrosinistra propone la sua ricetta per riavvicinare i giovani d’oggi a quel sogno di unità, cullato da Adenauer, De Gasperi e Schuman, e oggi così poco glamour oggi, cosi tanto lontano dalla loro realtà di tutti i giorni.  Il politico dice che sarebbe necessario rendere obbligatorio un periodo di Erasmus, che insomma indistintamente, a tutti i teenagers dell’Unione, deve essere data l’opportunità di emigrare per un po’, facendo esperienza di cosa significhi guardare il Vecchio Continente da un’altra prospettiva, imparando un’altra lingua, conoscendo altre tradizioni e nuovi stili di vita.

L’idea, al di là della sua improbabile attuabilità concreta, non ha attratto la mia attenzione solo per motivi banalmente personali, visto che non aver fatto l’Erasmus resta uno dei grandi rimpianti della mia vita. Ma anche per un motivo un po’ più alto, legato ai temi che più di frequente mi capita di affrontare andando nelle scuole a parlare di legalità, proponendo un modello di impegno che parta dal proprio piccolo pezzo di mondo. Mi sono ricordato quel che ha combinato al Rione Sanità di Napoli, don Antonio Loffredo, sacerdote che, facendo tesoro della lezione di don Pino Puglisi e don Peppe Diana, ha provato a cambiare la mentalità dei suoi ragazzi in quel quartiere di Napoli così tanto segnato dalle logiche mafiose. Dopo aver conquistato la loro fiducia e stima, prima di partire con una serie di iniziative una più efficace e interessante dell’altra, ha pensato che il primo passo da fare, fosse anche il più banale. Se vuoi convincere questi giovani che un altro mondo è possibile devi farglielo vedere, se vuoi mettergli nella testa che si può vivere molto meglio non sottostando ai diktat della camorra devi mandarli lì dove possano rendersi conto di persona che quello che subiscono non è una legge divina cui sottostare sempre e comunque. E così don Antonio ha cominciato a spedirli in giro per l’Europa, convincendone poi alcuni anche a fare i lavapiatti per un periodo a Londra, così da imparare l’inglese. Questi ragazzi ora sono la spina dorsale di un progetto culturale di rilancio delle catacombe del quartiere, ciceroni orgogliosamente in grado di raccontare le bellezze del proprio rione anche a turisti che non parlino l’italiano.

“Mi sono accorto che chi abita in un ghetto, ha il ghetto anche nella testa. Per poter andare oltre bisogna rompere le mura, anche mentali e lo strumento più adatto per farlo è il viaggio. Per questo abbiamo girato molto” racconta lui. Certo in alcuni territori l’assenteismo e l’abbandono scolastico è così alto e l’inserimento nelle fila dei clan talmente precoce, che pensare che qualcuno possa addirittura andare a fare esperienza d’Europa già a quindici-sedici anni, è pura, infantile utopia. Ma forse se quell’obbligo ci fosse davvero fin dalle superiori, grazie a intensi scambi con studenti e scuole degli altri Paesi dell’Unione, qualche piccolo passo avanti potrebbe essere fatto nel convincere le giovani generazioni che la legalità conviene e che con camorra, ndrangheta e Cosa Nostra c’è sempre da perderci.

E al di là di questa proposta (destinata a finire presto nel cassetto dei sogni di mezza estate) un’altra riflessione si impone. Mi tornava in mente quello che anche Nando dalla Chiesa ha scritto nel suo ultimo “Manifesto dell’Antimafia”. “Come sarebbe tutto diverso, riflettiamoci, se ogni volta che viene presa una decisione politica, si pensasse – subito, come prima cosa – a quale sarà l’effetto sulla lotta tra Stato e mafia”. Ecco il punto. Chi formulava quella proposta, non ha di certo pensato che l’Erasmus per tutti, alla fine potrebbe anche scalfire la mentalità mafiosa di qualcuno. Ma proprio nel momento in cui il contrasto alle organizzazioni criminali sembra quasi scomparire dall’orizzonte delle grandi decisioni della politica, si impone invece la necessità che finanche nelle proposte di legge marginali che poco sembrano avere a che fare con l’arroganza dei clan, ci si chieda: aiuta o no la lotta alla mafia? Una domanda che se ripetuta all’infinito, potrà dare anche ad una politica – a volte colpevolmente disattenta – la capacità di trovare strumenti sempre nuovi di sostegno alla legalità.

 

Gianni Bianco, giornalista Rai –  Tg3

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