Diffamazione: delusione per le mancate modifiche in Commissione Giustizia. Ora il Senato affronti la legge in aula
La Commissione giustizia del Senato ha varato le modifiche alla legge sulla diffamazione a mezzo stampa, che purtroppo non vanno nella direzione del miglioramento della legge varata dalla Camera il 17 ottobre dello scorso anno. E soprattutto, per un solo voto mancato alla maggioranza, il voto del senatore Enrico Buemi del Psi, la Commissione giustizia del Senato non e’ riuscita a migliore la legge sullo spinoso tema delle Querele Temerarie. Eppure il 6 febbraio scorso, grazie al presidente del Senato Grasso, le modifiche chieste dai giornalisti (Fnsi ed Odg, con lo Sportello Antiquerele Temerarie)” dalle associazioni, Libera Informazione e Articolo21 in testa, sono state presentate ai partiti della Commissione Giustizia del Senato. Apprezzate e fatte proprie da una maggioranza di senatori che faceva ben sperare nella possibilità di introdurre nella legge sulla Diffamazione ,una forte deterrenza all’uso intimidatorio delle Querele, contro i giornalisti che fanno inchieste scomode, sulle mafie come sui potentati economici o la corruzione.
Invece e’ rimasto il testo licenziato dalla Camera che non soddisfa le associazioni,i sindacati dei giornalisti e lo stesso Ordine dei giornalisti. Cosi come non soddisfano altre modifiche alla legge di 60 anni fa che hanno, per ora, l’unico pregio di togliere il carcere per i giornalisti. Ora bisogna passare alla discussione in aula, mentre anche sul web, una raccolta di firme di Change.org ha raccolto migliaia di firme per chiedere modifiche di “sostanza” alla legge, favorendo il lavoro dei giornalisti onesti ed a “schiena dritta”; e contemporaneamente i cittadini che non vogliono vedersi coinvolti nelle varie” macchine del fango” che agiscono ad orologeria nel nostro paese . Anche perché riteniamo che si debba fare una forte battaglia politica in aula per approvare alcuni degli emendamenti proposti (e noi ci auguriamo che per almeno tre o quattro punti suggeriti ci siano modifiche sostanziali). In tal caso la legge dovrebbe tornare alla Camera e quindi l’iter non sarebbe ancora concluso,mentre i tempi stringono. E le richieste di cambiamento della legge sulla Diffamazione sono ormai urgenti. Per maggior chiarezza vogliamo riproporle all’attenzione dei lettori e dei parlamentari.
E’ necessario togliere la mannaia delle querele temerarie in sede di causa civile, che pende sul lavoro dei giornalisti italiani che vogliono far luce su corruzione,mafie e malaffare italiano. E di fronte all’introduzione nella legge approvata alla Camera (e riconfermata in Commissione giustizia del Senato) di deterrenti a querele per diffamazione in sede penale, nelle richieste di risarcimento per centinaia di migliaia di Euro in sede civile, il Parlamento si e’ fermato. Al Senato c’e’ spazio per introdurre di nuovo questo emendamento.
Ma andiamo con ordine. Gia’ il 6 febbraio scorso nell’audizione che il Senato ci aveva concesso, avevamo espresso la soddisfazione per l’abolizione del carcere per i giornalisti accusati di diffamazione. Era un controsenso una legge a tutela della libertà’ di stampa che prevedeva la privazione della libertà’, anche se limitata a casi limite. Ed e’ altrettanto positiva l’intenzione di escludere i blog dal controllo di questa legge che dovrebbe riguardare solo i siti giornalistici sul web registrati come organi di informazione presso il tribunale.
C’e’ poi l’innovazione ,cui accennavamo in precedenza, dell’inclusione nella legge di una forma di deterrenza per il ricorso alla legge sulla diffamazione, con la presenza di una “multa” per il querelante decisa dal giudice. M, ripetiamo, e’ solo introdotta in sede penale . E poi la cifra proposta, va da 1000 a 10000 Euro e’ troppo bassa per essere una vera deterrenza. Andrebbe alzata almeno arrivando “da 3000 a 30000 Euro”. Ci sono poi le vere Querele Temerarie che si abbattono come intimidazioni vere e proprie sui giornalisti, soprattutto giovani e precari, che fanno inchieste e giornalismo investigativo contro mafie e corruzione. Avevamo così’ proposto, come gruppo di lavoro dello Sportello contro le Querele Temerarie, l’ aggiunta di un comma alla legge che prevedeva la possibilità’ per il giudice della sezione civile del tribunale, di condannare il querelante ad un risarcimento che andasse ,in percentuale, dal 10 al 50% della cifra inizialmente richiesta al querelato ,nel caso sia dimostrata la manifesta infondatezza della querela e risarcimento connesso,inizialmente richiesto. In questo modo diminuirebbero, secondo gli esperti civilisti, le ” tentazioni ” di ricorrere alla richiesta di risarcimento per impedire articoli scomodi. Ma alla camera l’emendamento che prevedeva espressamente un “Controrisarcimento” del 50% del querelante a favore del giornalista ingiustamente querelato , era stato fatto ritirare a forza dai partiti dell’opposizione, spalleggiati da alcuni dissidenti della maggioranza. Alla Commissione giustizia del Senato non sembra essere approdato alla discussione.
A parziale modifica, per andare incontro alla volontà’ di trovare un accordo tra tutti, abbiamo proposto, una modifica inserendo quale ultimo comma, nell’articolo 96 del codice di procedura civile, rubricato Responsabilità aggravata la seguente frase: “Se risulta che la parte soccombente nel giudizio avente ad oggetto il danno derivante da una pubblicazione ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità ha agito con mala fede o colpa grave e nel contempo risulta accertata la corretta pubblicazione della rettifica prima della notificazione della domanda o la sua omessa richiesta, il giudice, su istanza dell’altra parte, condanna la parte soccombente, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa, ma comunque in misura non inferiore al 10% della somma richiesta con l’azione.”
E’ una alternativa possibile e forse più facile da introdurre,comunque da affrontare con una discussione seria ed approfondita . In Commissione Giustizia del Senato, come dicevamo, l’emendamento non e’ passato, nonostante alcune modifiche . Ora tocca all’aula fare un serio percorso di adeguamento di questo articolo alla realtà’ attuale che vede le mafie e la corruzione colpire quei giornalisti che vogliono fare informazione seria,usando lo strumento delle Querele Temerarie.
Chiediamo poi che il tetto massimo del danno patrimoniale,introdotto alla Camera dei Deputati, e che approviamo ( per ridurre il margine di discrezionalità nella sanzione) sia proporzionato alla potenzialità e possibilità economica del giornalista e comunque non superiore a 30mila Euro. Infine proponiamo di modificare la norma sulle responsabilità del direttore : riteniamo,per le motivazioni già esposte , che il Direttore debba rimanere responsabile di ogni pubblicazione, anche perché ai sensi della legge attuale, ogni testata deve essere registrata presso il tribunale con il nome di un direttore fisicamente e giuridicamente responsabile. Chiediamo quindi che sia soppressa la delega delle funzioni di controllo ad uno o più giornalisti, così come scritto nell’ultimo comma dell’articolo 57 modificato già’ dalla Camera il 17 ottobre scorso, rendendo al massimo possibile questo trasferimento di responsabilità solo al vice direttore o,nei casi dove questa figura non esiste, al capo redattore. C’è’ poi la questione della rettifica, terzo punto critico della riforma, a nostro avviso. Nella modifica della legge, si introduce giustamente l’obbligo della rettifica,a difesa dei cittadini che si sentono diffamati: ma si esclude il commento del giornalista o direttore alla rettifica richiesta. Perché non lasciare la discrezionalità al giornalista unita all’estinzione del procedimento penale e/ o civile? In poche parole basterebbe introdurre per legge che la rettifica pubblicata senza commento chiude la vicenda con soddisfazione del ” diffamato”. Ma se il giornale ha solide prove in mano a sostegno di quanto scritto in precedenza, perché’ non può tranquillamente controreplicare, ben sapendo che in questo caso si va poi in tribunale a ” vedere le carte”?
Ma non ci vogliamo fermare alle modifiche della legge. Da parte nostra, come giornalisti, va affrontata da subito una discussione per rafforzare l’ Ordine dei giornalisti, per riformarne il ruolo in senso deontologico, eliminandone gli aspetti più vecchi e desueti. E’ l’altro aspetto della riforma della Diffamazione che noi dobbiamo esser capaci di offrire alla Pubblica Opinione, in difesa della dignità dei cittadini’ e delle garanzie costituzionali della nostra Societa’. Osservazioni e criticità’: ci aspettiamo ora che i legislatori tengano conto di queste osservazioni e proposte in sede di conversione definitiva della legge al Senato . E ci aspettiamo innanzitutto che si arrivi presto ad una discussione in aula, al Senato, ed a interventi che tengano sempre presente il punto di partenza di queste proposte,ora come sempre: il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente e senza diffamazione si deve coniugare con il diritto- dovere dei giornalisti ad informare senza alcun condizionamento, in piena libertà di coscienza, nel rispetto della propria deontologia professionale.
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