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Giramondi e Atrevete!Mundo: diario dalla Colombia | Terza parte

di redazione il . Senza categoria

Giramondi

30 maggio, quinto giorno

Il caffè in Colombia si chiama anche “Tinto” ma qui a Bogotà scelgono spesso di usare i diminuitivi, come ci spiegano in questi giorni. Un “tintito por favor” chiediamo, dunque, la mattina appena arrivati in centro, dal quartiere tesquillos. E ci servirà soprattutto oggi per affrontare l’intensa giornata che ci attende. Nel nostro quinto giorno di permanenza a Bogotà incontriamo, infatti, il Movice, movimiento nacional de victimas de crimines de Estado, una rete riunisce e coordina numerose associazioni di familiari di vittime del conflitto che in questi anni sono nate in Colombia. Una rete che fa anche memoria, attraverso un prezioso archivio che e’ un data base dei crimini commessi in Colombia negli ultimi 40 anni e luogo di formazione politica e sociale per le vittime dei reati di Stato e i familiari delle vittime del conflitto. Gli attivisti del Movice ci accolgono nella loro nuova sede, acquistata grazie ad una donazione fatta da Ivan Cepeda, oggi senatore, figlio di un politico del Partito dell’Unione Patriottica, ucciso dagli oppositori politici delitto che la Commissione americana per i diritti umani ha dichiarato “crimine di lesa umanità” condannando lo Stato colombiano a risarcire i familiari. La sede del Movice e’ una casa con pavimento e tetto in legno, alcune stanze per lavorare e una per custodire l’archivio che e’ la base quotidiana del loro lavoro. Con gli operatori dell’associazione entriamo dentro le pagine più dolorose di questo Paese: dall’eliminazione fisica degli oppositori politici, alla sottrazione delle terre ai campesinos, dalla militarizzazione del Paese, alle torture, alle violenze, all’uccisione e sparizione di tantissimi cittadini. Con loro facciamo anche il punto sull’impegno messo in campo in questi anni dai movimenti sociali per chiedere giustizia e verità per questi crimini, chiedere una vera risoluzione del conflitto in atto e soprattutto la rivendicazione di una “questione sociale”, ovvero di un conflitto sociale irrisolto e al momento nascosto dal rumore delle armi e della violenza. E sulle leggi approvate in Colombia per i diritti delle vittime e per la pace, norme che sembrano tutelarle sulla carta ma che non fanno verità e giustizia, nei fatti. “Noi diciamo che lo Stato ha obbligo di indagare su tutti i gravi reati commessi in questi anni – spiegano dal Movice. Quello che si dice continuamente all’opinione pubblica è che la maggior parte dei crimini siano stati commessi dalla guerriglia, l’archivio che abbiamo costruito in questi anni parla chiaro: la maggior parte delitti sono stati commessi dallo Stato e dai paramilitari narcotrafficanti”. Si sta vendendo l’idea che questo Paese stia per andare alla pace – ci dicono – riferendosi ai dialoghi in corso a Cuba fra il Governo e le Farc ma in questi dialoghi di Pace fra le altre cose, rimangono fuori la voce delle vittime del conflitto e i temi dello sviluppo, dell’impunità, delle vittime, della salute, della giustizia, questi sono i temi che vogliamo discutere se dobbiamo parlare di pace in politica”. “Richiamiamo la vostra attenzione come comunità internazionale perché lo sviluppo di questi dialoghi e del post voto del 15 giugno prossimo, può essere delicato”. Al Movice incontriamo Cesar che per la rete si occupa di informazione e comunicazione: la sua è la storia di oltre 25 anni di esilio in Italia dove si è trasferito per sottrarsi alla violenza di Stato. Poi, due anni fa, il ritorno qui a Bogotà a continuare la lotta cui ha sacrificato la vita. Dalla memoria all’impegno quotidiano, dal conflitto sociale alle elezioni nazionali alle porte, l’intenso incontro con il Movice termina rilanciando l’appuntamento del 3 giugno quando a Bogota’ si terra’ il convegno internazionale cui parteciperemo con Libera e dove incontreremo altre associazioni dell’America Latina con cui parleremo della “legge sulle vittime” che – come in Colombia – anche in molte altre nazioni non rende ancora verità e giustizia alle vittime.

31 maggio, sesto giorno

Sabato finalmente il gruppo si prende una giornata libera. Ce n’era bisogno per assorbire e rielaborare l’intensità delle giornate precedenti. Dopo la sempre “rica” colazione, andiamo al museo dell’Oro, uno dei principali di Bogotà per la grandezza della sua collezione. Un vero e proprio tuffo nel passato della storia colombiana e latinoamericana che da conto del livello di civiltà raggiunto dalle comunità indigene, in particolare nella lavorazione dell’oro e dei metalli preziosi, e dell’estrema ricchezza di queste risorse naturali della Colombia. Alcuni pezzi sono veramente incredibili, dai vestiti bordati degli sciamani, passando per rappresentazioni simboliche degli animali sacri, fino alla piccola e raffinatissima zattera del cacique (capo indigeno) che richiama la leggenda dell’El Dorado. Si narra che la Laguna di Guatavita (a 100 km di Bogotà) fosse nata dalla caduta di un meteorite. Questo fatto fu interpretato dagli indigeni Muiscas, abitanti del luogo, come la venuta della dea dell’oro. Quindi venivano prodotti variegati oggetti in oro e, in una cerimonia nella laguna in cui il cacique si vestiva completamente d’oro, venivano lanciati da una zattera d’oro in fondo alla laguna. La visita si conclude in una stanza oscura decorata d’oro dove, con un gioco e luci e canti tradizionali indigeni, veniva simulata una non ben chiaro rituale. Usciti dal museo incontriamo Simone Bruno, giornalista espatriato da 11 anni, assieme alla sua ragazza Carolina. Andiamo a pranzare in un ristorante tipico, dove Simone ridendo ci espone la sua divertente teoria sul “deserto culinario colombiano”. Fra un succo di frutta tropicale, un piatto locale e l’immancabile pollo, con il giornalista parliamo di politica, delle elezioni nazionali alle porte, dei documentari realizzati in questi anni per raccontare un conflitto di cui in Italia si parla poco o niente. E, infine, anche di informazione in Colombia, un paese che sino ad alcuni anni fa faceva registrare il maggior numero di giornalisti uccisi al mondo. “La situazione – spiega Simone – è cambiata, i giornalisti oggi sono messi a tacere con altre armi che attirano meno l’attenzione internazionale sulla Colombia”. Anche qui, come in gran parte dei Paesi i mezzi di comunicazione di massa sono in mano a politici, famiglie influenti della borghesia, imprenditori influenti e anche l’esercito fa sentire il suo peso nei mass media. “Per questa ragione – continua Simone- la verità e’ che negli ultimi anni a raccontare la Colombia sono rimasti principalmente i giornalisti stranieri, inviati qui o che rimangono a vivere in Colombia”. Sono circa 90 gli inviati presenti a Bogotà, secondo gli ultimi dati dell’associazione della stampa estera e insieme ai colleghi delle poche testate non allineate (il settimanale “La Semana”, la webradio “Contagio”, “La sedia vuota”) hanno il compito di raccontare una società attraversata dal conflitto, per alcune generazioni interamente fondata sul conflitto. Terminato il giro alla Candelaria arriviamo sotto casa di Simone e rimaniamo abbagliati dall’immagine della montagna di Monserrate. Il bel tempo e l’avvicinarsi del tramonto ci fanno correre verso la fulicolare. In cima al monte c’è un santuario (costruito nel XVII secolo) dedicato “El Señor Caído” (il Cristo caduto). Il monte è un luogo di pellegrinaggio, ed anche un sito turistico. Oltre al santuario, sulla vetta esistono un ristorante e diverse attrazioni turistiche. Da lassù la sensazione che abbiamo è quella di essere in un luogo incontaminato a pochi passi dalla città. Da Monserrate torniamo in città per dare inizio ad una divertente serata fra i tanti locali che animano la città. Domani ci attendono ancora interessanti incontri con la società civile colombiana.

 

Atrevete!Mundo

Dia 30 de Mayo, Quinto giorno

Appena arrivati a Belen, gli Atrevetemundo si sono trovati di fronte allo sgombero forzato dei vicini di casa di Casa B. Una famiglia che vive in quella casa da vent’anni e che ora viene espropriata del suo bene più prezioso per logiche imprenditoriali più grandi di loro. La presenza di così tanti militari per una sola famiglia non ha scosso solo i nostri ragazzi, ma soprattutto i membri di Casa B che si sono subito mobilitati per trovare una soluzione per i futuri sfollati. Agire e far sapere ai più ciò che stava avvenendo ha reso almeno un pò di giustizia nella volontà di copertura del fatto da parte delle autorità. Per ritemprare gli animi, la giornata è proseguita all’insegna della cucina colombiana e dello scambio di saperi e sapori. Il pranzo preparato dai giovani Atrevete per i ragazzi di casa B è stato arroz con lentejas (riso con lenticchie e tante altre bontà). La guida in cucina è stata Chata, una dolcissima ed energica donna colombiana che collabora con casa B. Dopo un pranzo all’insegna di odori, colori e sapori autentici, nel pomeriggio i ragazzi hanno proseguito i loro lavori. Chata ha invece accompagnato les mujeres a fare la spesa tra mercati e negozi artigianali di Belen in vista dell’evento di domenica.La storia di Chata è sofferta quanto bellissima: da sola cresce i suoi tre figli e per mantenerli prepara e vende fantastiche Arepas. Da quando c’è Casa B però coccola tutta la comunità del Barrio, ed aiuta nell’organizzazione di tutti gli eventi. É una persona talmente speciale che i ragazzi di Casa B gli hanno dedicato un video chiamato “Super Chata” (http://vimeo.com/72298021).
Il programma serale ha visto invece i nostri ragazzi ad un centro socio-culturale in città per una serata organizzata da una compagnia di ballo impegnata a raccogliere fondi per i loro progetti internazionali di diffusione della cultura latinoamericana nel mondo attraverso la danza.Un’altra giornata all’insegna dell’arte e del “alegre compartir” perchè non c’è tempo per stare a lamentrasi, per stare a guardare.

Dìa 31 de Mayo. Sesto giorno

La sveglia suona presto per il gruppo Atrevete. Appuntamento alle ore 7 di fronte a Casa B dove ad attendere i ragazzi, già ci sono i bimbi gioiosi del “barrio”, – il quartiere – con i loro strumenti musicali tra le mani. Sguardi vispi e vivaci, impazienti della gita fuori porta a Soacha nel dipartimento di Cundinamanca in occasione del Festival “Cazuca Sueña” organizzato dalla Fondazione “Tiempo de Juego”. La stessa associazione incontrata due giorni fa all’interno del “Collegio Amor Y Dios”, che in questo territorio fragile e sensibile cerca di insegnare ai ragazzi ad avere sogni e passioni e ad impiegare il tempo libero attraverso attività ludiche – la danza, il teatro, la musica, i graffiti – allontanandoli così dalle “pandillas” – le bande – e dalla criminalità. Le voci gaie dei piccoli, la tenerezza delle mamme, fiere accompagnatrici, fanno da cornice al viaggio verso Soacha. Quasi due ore per venti chilometri, tra il rumore assordante del traffico bogotano, gli agglomerati della periferia e le strade sterrate, i cui buchi sono il segno tangibile dell’arrivo in questo luogo dimenticato da molti. Non dai volontari, però, che sono riusciti a trasformare un luogo fatiscente e surreale, in una festa allegra e colorata, cancellando per un giorno le baracche in lamiera, le fogne a cielo aperto, i rifiuti disseminati e la povertà. Bandierine cucite a mano, laboratori di pittura, stand e punti di ristoro; due vecchie signore dal viso ruvido servono la tipica sopa de ajiaco e il riso di spinaci avvolto in una foglia di banano. Il pranzo offerto a tutti gli invitati, preparato dalla Fondazione Leo Espinosa, nell’ambito del progetto “Tiempo de cultivar, tiempo de cocinar”, che in questo territorio lavora per la rivendicazione delle tradizioni gastronomiche delle comunità colombiane a partire dal proprio patrimonio biologico, promuovendo la cucina locale e l’utilizzo di prodotti biologici coltivati in loco.  Di fronte all’area ristoro, su una parte sopraelevata c’è l’auditorium, spoglio e semplice, rivestito da lastre metalliche e costruito in mattoni. Qui, i protagonisti sono le ragazze e i ragazzi di Soacha che all’interno si esibiscono in spettacoli teatrali – il teatro foro, teatro di improvvisazione attraverso il quale si promuove anche l’educazione dei genitori invitati a partecipare alla rappresentazione – esecuzioni canore e musicali e balletti di break dance. I più piccoli sono quattro nanerottoli di otto anni, dagli occhi vivaci e scaltri, che tanto hanno da insegnare: “I sogni si possono realizzare e anche se siamo cresciuti in un quartiere povero, dobbiamo lottare; solo lottando possiamo raggiungere ciò che desideriamo”. E che cosa desiderate? “Diventare i ballerini di break dance più famosi del mondo”. Nascere in certi posti non lascia molte vie d’uscita; eppure a Soacha qualcosa sta cambiando. Lo dicono i sorrisi e le mani accoglienti che abbracciano i forestieri; lo dicono le madri e le nonne orgogliose e degne. Ma soprattutto lo dicono i volti di questi splendori, futuri uomini e donne che hanno conosciuto la bellezza, quella vera.

Dia 1 de Junio. Settimo giorno

Oggi è un giorno importantissimo per Casa B ed il quartiere Belen di Bogotà. Insieme al gruppo Atrevete!Mundo per la serata si e’ organizzato un evento nella Cinehuerta: “Cien Pasos – Cine Paraiso de Belén”, con visione del film “Cento Passi” e cena italiana cucinata dal gruppo de “los jovenes italianos”. La giornata inizia con una visita mattutina alla montagna di Monserrate, a 3152 m., di altezza, luogo spirituale per l’intera comunità bogotana, dove il gruppo ha potuto percepire l’immensità dell’estensione della capitale. Nel pomeriggio i ragazzi hanno raggiunto Casa B e cominciato a lavorare per preparare l’evento. Distribuendosi in gruppi per cucinare, pulire ed organizzare, Atrevete!Mundo e gli amici di Casa B si sono presi cura di questo spazio, che con il passare delle ore si riempiva di bambini, giovani e donne del quartiere pronti a dare una mano. Qui ogni singolo gesto di condivisione e di partecipazione permette al singolo cittadino di “occupare il tempo libero” e sentirsi parte di qualcosa di più grande, offrendo un’alternativa positiva alla difficile quotidianità che la maggior parte qui vive. Così un menù colorato e pieno di sapori fa scoppiare sorrisi. Dopo aver assaporato tutti i gusti latinoamericani, oggi Atrevete ha potuto ricambiare con pasta con verdure “alla Ludovica”, panzanella “alla Peppino e Giulia” ed infine un dolce con frutta tipica del luogo. In linea con l’idea dell’orto sociale della Cinehuerta, questa cena è stata l’esempio di come si possano preparare dei piatti sani e completi con gli alimenti locali. Infatti l’educazione nutrizionale diventa fondamentale in un luogo dove la cultura alimentare si basa su carboidrati e dolci. Questa sera inoltre i due gruppi Giramondi e Atrevete si sono riuniti per l’occasione. Le luci della macchina dei pop corn inaugurata per l’occasione, i colori dei festoni fatti dalla vicina, i sorrisi dei bambini, gli odori che arrivano dai pentoloni in cucina, gli invitati che arrivano e si danno un gran da fare.. e così verso sera inizia la proiezione della pellicola. I parallelismi sono impressionanti: espropriazione della terra, corruzione delle istituzioni, violenza familiare, lotta popolare, l’arte come strumento di riscatto, la comunità di strada. Gli abitanti del quartiere guardano affascinati le immagini di Peppino sullo schermo e ridono e si commuovono insieme a lui. A fine serata tutti percepiscono ancor di più tutta la Bellezza che ci accomuna in questa lotta: voglia di lottare insieme per il Bene Comune, per la Pachamama, per dire a noi stessi ed agli altri che siamo Resiliencia.

 

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