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Latina, l’antimafia in chiesa e al liceo

Di Alessio Magro il . Lazio, Progetti e iniziative

Un film a scuola, chitarra e batteria in chiesa, il dibattito sull’altare e la festa della legalità con i rumeni. La lotta alla criminalità si fa anche così. Un programma improbabile quello della tappa sud-pontina della Carovana antimafie 2008 di ieri, di Libera, Arci e Avviso pubblico. Grande passione e tanti frutti. “E’ la rete fra le persone, il creare comunità sui valori della legalità, un lavoro che paga”, spiega Palo Vescovo, neo referente di Libera a Latina.

Sullo schermo le immagini della Campania invasa dalla diossina, ammorbata da rifiuti di ogni tipo, che vengono da ogni dove. Le pecore ammalate, gli uomini che lo saranno presto. Al liceo scientifico Majorana di Latina è l’ora del documentario Biufiful cauntri. I ragazzi incassano, pensano e poi inondano la sala di domande. Un’attenzione che nasce dal gran lavoro di insegnanti come Clementina Iodice, impegnata ogni giorno a diffondere pillole di legalità.

Peppe Ruggiero, uno degli autori del documentario, argomenta: “La politica ha abbandonato la Campania, ma non tutti i politici sono uguali, bisogna imparare a non delegare”. E rivelare l’origine del titolo: una sarcastica imitazione della pronuncia maccheronica di un politico italiano all’estero. Si vende il fumo dell’Italia che non è più, mentre il Paese brucia.

Antonio Turri, referente di Libera nel Lazio, prova a spazzare via ogni dubbio: “La mafia esiste ed è radicata anche qui, già nel ’90 i magistrati se ne occupavano”. Ma i ragazzi dello Scientifico vogliono sapere: cosa bisogna fare, cosa si rischia? Vescovo fa un esempio chiaro: “Un ristorante del centro ha denunciato chi gli ha chiesto il pizzo, ecco cosa bisogna fare. E se stiamo insieme siamo forti”. Ci sono alternative, come quella dei ragazzi della cooperativa “Il Gabbiano”: producono un vino libero per Libera Terra, sui campi che prima erano dei clan, proprio in provincia di Latina. Sono arrivate le minacce, gli attentati, ma il coraggio di resistere c’è ancora.

La voglia di sporcarsi le mani. Lo fanno tutti i giorni anche don Carlo e don Francesco a Monte San Biagio. Fondi è a pochi chilometri, sconvolta dalle inchieste giudiziarie. Ma nell’improbabile chiesa di San Giuseppe Lavoratore, la messa è occasione di democrazia partecipata. Con la band a fare da supporto sonico, don Francesco passa dai banchi parlando alle coscienze dei convenuti: “Su quelle pareti ci sono i nomi delle vittime di mafia, noi non li dobbiamo commemorare, dobbiamo farli rivivere facendo ognuno la propria parte”.

Poi ancora un improbabile dibattito con i relatori sull’altare e il popolo della messa in platea. Tocca a Paolo Vescovo e Adele Conte di Libera portare il messaggio della Carovana: l’impegno, la memoria, il fare rete, l’amore per la propria terra, l’invito a partecipare. Un invito superfluo: sono le signore della messa a scatenare la bagarre, a chiedere conto a chi di dovere, ad alzare la voce contro i soliti “qui la mafia non esiste” che pur sono arrivati. “Esiste eccome – ha rincarato Vescovo – e in caso di dubbio si dica che c’è, perchè solo così la si tiene lontana”. Botta e risposta vivaci, insoliti, da assemblea calda. Don Francesco fa il suo mestiere di pacificatore: “Ognuno la pensi come vuole, ma l’importante è pensare qualcosa e voi lo fate”.

La Carovana viaggia fino a Sezze per la cena al centro sociale con i migranti rumeni, preparata con pasta, olio, vino e passata di pomodori di Libera Terra dall’associazione di ristoratori volontari
“R2 – Executive Team”. “La Festa dell’inclusione”, legalità e comunità straniere, un apparente paradosso nell’Italia di oggi. “Bisogna pensare al tumore e non al raffreddore – dice Lello Turri di Libera Latina – sono le mafie il problema, non la sicurezza nelle città”. Vino, salsicce, pasta al sugo e un altro esempio di solidarietà: sono le associazioni del territorio ad offrire cibi e lavoro volontario. Nell’Italia che include.

LA CAROVANA ANTIMAFIA

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