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Politica è potere. In memoria di Pio La Torre e Rosario Di Salvo

di Umberto Di Maggio il . L'analisi, Senza categoria

Affido il racconto di questa ennesima giornata della memoria alle parole di Franco La Torre e Titti Di Salvo. Figli di Pio e Rosario uccisi a Palermo, come recita la lapide in Via Li Muli, dal terrorismo politico mafioso.

Le loro parole, quelle di due familiari orfani dei loro affetti, rievocano il dramma di quel 30 aprile del 1982. Meste ed insieme cariche di orgoglio per gli insegnamenti dei loro padri massacrati dal piombo di Cosa nostra, quei lamenti civili sottolineano come, in quella stradina a pochi passi dal Parlamento siciliano, sono venute meno le ragioni di uno Stato che vuole essere democratico.

Già, di uno Stato che ha dichiarato più volte guerra alla mafia e che, forse avrà vinto qualche battaglia, ma non è ancora riuscito a vincere la sfida finale.

Un monito solenne quelle commosse parole per una folla di cui sono stati respinti gli applausi commemorativi.

Un insegnamento autentico che si è sommato a quello dei tanti giovani scolari venuti da ogni angolo della Sicilia che hanno lasciato alle coscienze di ciascuno di noi un invito alla riflessione sul senso profondo della politica, dell’antimafia sociale ed istituzionale, del valore della legalità costituzionale e della cultura dei diritti e dei doveri.

Proprio così. Quelle frasi ci hanno segnato con dubbi ed incertezze. Interrogativi di cui dobbiamo fare tesoro proprio mentre la narrazione contro cosche e clan e loro amici coi colletti bianchi, diciamocelo pure, oggi abbonda di toni ed argomentazioni patetiche su presunte certezze, primogeniture, assolutismi, giacobinismi e verginità ideologiche. C’è una corsa sfrenata a chi è più antimafioso e più legalitarista, a Nord come al Sud. C’è un tentativo folle di rendere settario ciò che deve essere patrimonio collettivo. E nel frattempo le mafie e la corruzione ingrassano i propri portafogli.

Non potendoci, allora, solo affidare alle miracolose azioni di un Magistratura che interviene, purtroppo, solo sui sintomi di una malattia divenuta già cancrena, c’è allora bisogno di più politica e di più cultura che devono essere gli autentici anticorpi pronti a curare le cause dei quei morbi criminali che affliggono questa nostra Repubblica.

Più cultura significa più scuola e più formazione. Più politica significa più partecipazione, più onestà, più responsabilità, più passione e più competenza nei luoghi del potere.

Quel potere che non sostantivo ma è, e deve continuare ad essere, solo verbo. Lo leggo nell’insegnamento politico di Pio e di Rosario. Lo leggo nel testamento civile di quanti si impegnano nel costruire, giorno dopo giorno, un futuro senza aggettivi. A costruire il futuro. Punto.

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Umberto Di Maggio

Umberto Di Maggio nasce a Palermo durante le stragi di mafia degli anni '80. Cresce nei vicoli della periferia, nel meticciato del Mediterraneo, mentre la città viveva la sua Primavera. Fugge rabbioso nel Continente per trovare la desiderata pace. Il sogno di un terra libera, invece, lo rimette in viaggio verso Itaca. Oggi, felice, coordina "Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie" nell'Isola. Diritti, libertà, democrazia sono per lui il pensiero plurale di una Sicilia emancipata dall'infame peso di mafie e corruzione. Sociologo, è autore di “Siciliani si diventa”, un racconto che denuncia i traffici delle mafie internazionali nel mediterraneo. Sostiene Libera Informazione perché Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Mauro Francese, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Beppe Alfano sono giornalisti uccisi delle mafie. Nella loro memoria il mio (ed il nostro) impegno.

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