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Viktor Bout: aerei, diamanti e armi.
Al via il processo al “Mercante della Morte”

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

Viktor Bout, il più grande e
pericoloso trafficante internazionale di armi, è stato arrestato lo
scorso 6 marzo in Thailandia nel corso di un’operazione di
intelligence statunitense mentre contrattava la vendita di un grosso
quantitativo di armi alle FARC Colombiane. La Corte Criminale di
Bangkok è chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di estradizione
avanzata dagli Stati Uniti. Sul capo di Bout pende una lunghissima
serie di imputazioni. Colto in flagranza di reato mentre cercava di
vendere ai colombiani decine di migliaia di fucili, munizioni,
settecento missili terra-aria, elicotteri e aerei da combattimento,
Bout è accusato di traffico internazionale di armi e cospirazione
contro gli Stati Uniti.

Ma chi è Viktor Bout? Russo, classe
1967, ex ufficiale dell’aeronautica militare, laureato all’Istituto
militare sovietico di lingue straniere è stato, a quanto riportato
dalle intelligence occidentali, effettivo del KGB. Inoltre si ritiene
che Bout abbia operato per il GRU (letteralmente Direzione generale
di intelligence), l’agenzia di intelligence delle forze armate
sovietiche. Proprio la padronanza delle lingue avrebbe fatto si che
il nostro lavorasse nel rifornimento di armi alle forze
rivoluzionarie appoggiate dal blocco sovietico. 

All’indomani del
crollo dell’URSS Bout, e molti come lui, si trova ad operare in un
paese in sfacelo, trovandosi a sfruttare tutte le occasioni che il
caos post-sovietico offriva in quel momento. Tra tutte, due sono le
migliori. In primo luogo, l’ex blocco comunista è disseminato di
un armamentario enorme che i paesi nati dall’URSS non riescono
economicamente e militarmente a mantenere. In secondo luogo, il
network che ha permesso ai sovietici di foraggiare le guerriglie
anti-americane in mezzo mondo per più di quarant’anni è
praticamente intatto. L’enorme disponibilità di armi e la presenza
di compratori danno a Bout la possibilità di inventarsi un business
molto lucrativo.

Dopo aver acquistato i primi aerei nel
1992, grazie ad una buona dote di spregiudicatezza e di spirito
imprenditoriale Bout si trasforma nel giro di pochi anni nel
“Mercante di Morte”. Gli Antonov e gli Ilyushin della sua flotta
commerciale portano armi in ogni angolo del mondo a chiunque voglia
comprare e sia in grado di pagare. Riesce a vendere armi, violando
ripetutamente gli embarghi delle Nazioni Unite, a tutti gli attori
delle più cruente guerre che hanno sconvolto il mondo dalla prima
metà degli anni ’90 ai giorni nostri. Bout riesce a vendere armi
contemporaneamente alle diverse fazioni in lotta nella stessa guerra:
all’Alleanza del Nord e ai Talebani in Afghanistan; alle truppe
governative e ai ribelli dell’UNITA in Angola; ha foraggiato le
guerre africane in Congo, Sierra Leone, Liberia. Tra i principali
acquirenti risultano esserci il leader libico Gheddafi, l’ex
dittatore dello Zaire (oggi Congo) Mobutu, le FARC Colombiane, i
Talebani. Tuttavia, oltre a dittatori e guerriglieri, hanno fatto
affari con Bout anche governi occidentali impegnati in operazioni di
peace-keeping. Nel 1993 trasporta soldati belgi in Somalia impegnati
nella missione Ristore Hope per conto delle Nazioni Unite. Nel 1994
tocca a 2500 soldati francesi trasportati in Ruanda come forza di
interposizione durante la guerra civile. 

Nel corso di questi viaggi
le compagnie di Bout non disdegnavano trasportare armi ai ribelli che
le forze Onu erano chiamati a disarmare. Nei primi anni del 2000 Bout
ha svolto le sue “funzioni” nei due principali scenari di guerra:
Afghanistan e Iraq. Nel primo caso ha aiutato i talebani fornendo
armi, trasportando uomini, e trafugando fuori dal paese il tesoro da
questi ultimi accumulato, mentre contemporaneamente veniva ingaggiato
dagli Stati Uniti per trasportare le truppe mandate a combattere
talebani e al-Qaida.

L’impero di Bout si basa su una
fitta rete di compagnie aeree, aziende, holding finanziarie dislocate
in Africa, Europa, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti. Nell’aprile
del 2005 il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, seguito a
ruota dalla Commissione Europea e dal Consiglio di Sicurezza
dell’Onu, individua e sottopone a regime di sanzione ben trenta
compagnie facenti capo a Viktor Bout. Dal quadro che ne viene fuori
si evince la portata, anche geopolitica, della fitta rete messa in
piedi da Bout. Solo come esempio, le principali compagnie aeree sono:
Air Cess con sedi in Guinea Equatoriale, EAU, Pakistan e Uganda;
Airabas Transportation con sedi negli EAU e negli Usa; Centrafican
Airlines (Repubblica Centrafricana, Ruanda ed EAU); San Air (EAU e
USA); Transavia Network (EAU e Belgio); Air Zory (Bulgaria e Cipro);
Irbis Air Company (Khazakistan); Moldtransavia Srl (Moldovia). A
queste si aggiungono tutta una serie di aziende con sede a
Richardson, Texas, e tutte facenti capo a Richard Chichakli, l’uomo
americano della “Bout Srl”. Infine, immancabili, le shell
companies, compagnie utilizzate per il riciclaggio di denaro sporco,
individuate a Gibilterra, in Bulgaria, negli Usa, negli EAU e in
Guinea Equatoriale.

Il network messo in piedi da Bout e dai
suoi famigli ruota attorno a quattro importanti aeroporti: Sharjah
negli Emirati Arabi Uniti, Pietersburg in Sud Africa, Ostend in
Belgio, e Odessa in Ucraina.

A Sharjah Bout stringe i legami con
Richard Chichakli, siriano, naturalizzato americano, responsabile
della zona di libero scambio dell’emirato, fondamentale punto di
raccordo con gli Usa e con il Medio Oriente. Proprio dagli EAU i
traffici di Bout fioriscono con i rogue states mediorientali. In
Afghanistan, con i talebani al governo, le compagnie di Bout hanno
fatto affari per 50 milioni di dollari, trasportando armi, volontari
per la guerra contro l’occidente, narcotici. Dopo l’invasione
americana, nonostante le informative della CIA, le stesse compagnie
hanno continuato a viaggiare nel paese entrando a pieno titolo nel
business della ricostruzione. Una situazione simile si è verificata
in Iraq: multinazionali come la FedEx e la KBR, sussidiaria della
Halliburton, hanno stipulato contratti con le compagnie del network
criminale di Bout già dal 2003, nonostante nel 2002 la polizia belga
avesse emesso a suo carico un mandato di cattura internazionale per
riciclaggio di denaro sporco.

Da Odessa Bout è riuscito a far
muovere i suoi traffici, aggirando i controlli internazionali con
scali tattici nell’aeroporto belga di Ostend e da questo in
molteplici altri aeroporti medio-piccoli sparsi in Africa ed in Medio
Oriente. Odessa è il cuore dei traffici di armi provenienti dallo
sfacelo dell’Armata Rossa. Si pensa che dalla sola Ucraina dal 1992
al 1998 siano andate perdute armi per il valore di 32 miliardi di
dollari. Troppe armi e troppi soldi per non escludere la
partecipazione di altri attori, oltre all’onnipresente Bout, nel
business del traffico di armi. Attori di altissimo livello che hanno
garantito la depredazione dell’arsenale militare del paese,
favorendo i traffici e partecipandone ai dividendi. Uno tra tutti
Leonid Kuchma, l’ex presidente ucraino che ha regnato nel paese dal
1994 al 2005. Come se non bastasse Odessa è la porta della Moldova,
e della Transnistria, repubblica russa della Moldova autoproclamatosi
indipendente. In questa regione il vero potere è in mano alle mafie
russe e ucraine. La Transnistria è una miniera d’oro per il
traffico di armi. Tiraspol, la capitale, è stata la sede della
Quattordicesima Armata Sovietica. Con il crollo dell’URSS si pensa
che siano andate perse quarantamila tonnellate di armi (decine di
migliaia di Kalashnikov, milioni di pallottole, missili anti-carro,
granate, missili Scud, etc). Inoltre l’industria bellica di epoca
sovietica presente nella repubblica è ancora perfettamente
funzionante, quindi in grado di produrre altre armi da immettere nel
“mercato”. La Transnistria è diventata, così, il luogo ideale
dove si incrociano gli interessi di governi, trafficanti di armi e
mafie transnazionali.

Armi, denaro, e protezione. Ricercato
in tutto il mondo, prima di essere arrestato lo scorso marzo, Viktor
Bout viveva tranquillamente a Mosca come rispettato e rispettabile
uomo d’affari. All’indomani dell’arresto la Duma, come
riportato dall’agenzia russa Itar-Tass, ha dato all’unanimità
solidarietà e appoggio a Bout, considerando il comportamento USA
come un danno agli interessi russi. Il nodo delle protezioni viene
così al pettine: Bout ha creato un impero dal traffico di armi, ma
non lo ha fatto da solo. Grazie all’appoggio e alla protezione di
parte dell’oligarchia russa è riuscito ad agire indisturbato,
arricchendosi e facendo arricchire; mantenendo contatti scomodi, ma
importanti, nello scacchiere internazionale. Lo stesso humus politico
e criminale che ha portato alla ribalta, più meno negli stessi anni,
più o meno con le stesse modalità, un altro ex ufficiale del KGB,
tutt’oggi più forte e più potente di Bout: Vladimir Putin, il
nuovo Zar di tutte le Russie.

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