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Orosei, una lunga scia di fuoco. Industriali: Siamo stanchi, lo Stato faccia la sua parte

Di Chiara Maria Orrù il . Dai territori, Sardegna

Da due anni a questa parte l’oasi felice nel cuore della Sardegna violenta, non è più la stessa. Orosei, un piccolo comune che si affaccia sulla costa orientale della Sardegna si trascina inerme tra crisi istituzionali, produttive e violenti attentati contro le istituzioni, gli imprenditori e i privati cittadini. Una lunga serie di attentati che ha procurato danni per oltre un milione e mezzo di euro.
Una lunga scia di fuoco unisce gli ultimi due anni della comunità oroseina, che, quasi giornalmente, assiste inerme alle ritorsioni ad opera di un gruppo anonimo, senza volto né nome che qualcuno inizia a chiamare “anonima incendiari”, in assonanza con i trascorsi più cupi e violenti dell’ Anonima Sequestri.

Attentati ai quali, come sempre quando si parla della realtà sarda, è difficile dare un movente unitario o riuscire ad indicare un’unica regia. Di fatto la situazione si è aggravata con l’inizio della campagna di demolizioni avviata dalla Procura di Nuoro su tutto il territorio provinciale ed in particolare nel comune di Orosei. La giunta del sindaco Derosas è stata da subito accusata di essere troppo accondiscendente con la Procura di Nuoro e ciò ha dato il via ad una serie di attentati dinamitardi rivolti alle istituzioni. Nel novembre del 2007 vennero fatte trovare, davanti al cimitero del paese, delle lettere indirizzate al sindaco e al comando della Forestale, contenute in una busta piena di arance e di proiettili, con esplicite minacce nel caso si fosse proseguito nelle demolizioni.

« Forse non vi rendete conto del disastro economico che avete creato. Ora raccomandatevi al vostro santo protettore Renato Soru perché siamo un gruppo di persone determinate, preparate e attrezzate per raggiungere a qualsiasi costo l’obiettivo che ci siamo posti », recitava una delle lettere, chiamando in causa anche il presidente della regione colpevole del nuovo piano paesaggistico che vieta la costruzione lungo le coste. « Fate in modo che le ruspe dell’ Esercito non calpestino il territorio di Orosei se no faremo le gare per stabilire se è più veloce l’Esercito a buttare giù le nostre case o noi più veloci a radere al suolo le vostre ».  Nel gennaio 2008 il sindaco è stato colpito da due attentati dinamitardi. Il primo colpì erroneamente la casa di un suo vicino di casa nella località Sos Alinos, mentre pochi giorni dopo fu fatta ritrovare una bomba inesplosa sull’uscio della sua casa a Orosei.

Sempre nell’ambito delle demolizioni sono stati inquadrati vari attentati dinamitardi ed incendiari contro componenti della giunta e dipendenti comunali. Elisa Carrone è una dipendente dell’ufficio tecnico del comune, che tra i vari incarichi ha anche quello di accompagnare gli uomini del Genio militare nelle ispezioni che precedono le demolizioni. Additata come la mandante delle demolizioni è stata vittima di più attentati: nel 2002 le hanno incendiato la casa, l’anno scorso un oliveto di cinquanta piante proprietà del suo convivente fu completamente capitozzato e quest’anno è stato il turno dell’auto. Un clima di crescente violenza che sta spingendo la giovane nella paura, tanto che pensa di chiedere il trasferimento in altra sede.

Ad ogni demolizione è corrisposto un attentato e ormai Orosei brucia quasi ogni notte. Il clima di tensione è stato ulteriormente aggravato dalla crisi del comparto marmoreo e lapideo che  trascina, insieme al turismo, l’economia cittadina e che rappresenta uno dei quattro poli industriali sardi, con punte di export del 70% della produzione. La crisi è dovuta al crollo delle esportazioni soprattutto verso la Spagna. Ora che il mercato immobiliare spagnolo ha subito un arresto, anche la produzione sarda ha dovuto far fronte ad un rallentamento, con delle tristi conseguenze per i lavoratori del settore. La questione sembra non andare giù agli incendiari, che negli ultimi mesi hanno colpito a più riprese varie imprese del settore.

La S.I.M.G. Srl di Gianni Buonfigli, il più grosso gruppo lapideo del comparto oroseino che conta di tre aziende, altrettante cave, due laboratori e 140 dipendenti, è stata la prima vittima. La notte del 15 settembre gli attentatori sono penetrati nei laboratori della S.I.M.G. incendiandoli. Poche ore dopo, in pieno giorno, colpivano indisturbati contro la Gielle Srl, una ditta di Serrenti (CA) che trasforma gli scarti di cava e gli sfridi di produzione del calcare in materiale inerte per edilizia e in polvere per la produzione del cemento, incendiandone i macchinari: un escavatore, una pala meccanica e un camion da cava. La notte tra il 26 e il 27 settembre un gruppo di incendiari è entrato in azione distruggendo il centro operativo e razziando i magazzini della Lupinu Srl, azienda commerciale leader in campo regionale del settore termoidraulico.

Al clima di alta tensione si sono aggiunte delle tinte razziste con la comparsa di scritte sui muri contro la popolazione romena del luogo e gli attentati alle loro auto, distrutte a colpi di spranga. Nicolae Cirnu è un giovane imprenditore romeno di 35 anni, sposato con una ragazza del posto e padre di un bambino di quindici mesi. Nicolae è arrivato ad Orosei nel 2001 da Costanta, nella Dobrogia, per tre anni ha lavorato alle dipendenze di una ditta locale e poi nel 2004 ha deciso di mettersi in proprio. Ha una sua impresa di installazioni in cui lavorano cinque operai italiani, regolarmente assunti. Ma forse il successo e l’onestà di Nicolae non piace agli incendiari che una notte hanno dato fuoco al suo furgone, lasciandone solo la carcassa fumante.
Il calore del fuoco ha accompagnato la già calda estate oroseina, con atti diretti sempre a minare la vita democratica del paese, come l’incendio del pontile di Su Barone, simbolo della decisione del Comune di imporre un ticket per l’ingresso alle spiagge. Proprio in occasione di questo attentato il sindaco Derosas ha parlato di una strategia della tensione diretta a condizionare la vita politica e democratica del paese attraverso la minaccia e l’intimidazione tipica dei sistemi mafiosi. Tuttavia non è ancora possibile appurare se dietro questa serie di atti ci sia un’unica mente e se si possa parlare di una deriva mafiosa, ma è certo che l’obiettivo è quello di spingere le istituzioni all’immobilità, all’impossibilità di prendere decisioni e di attuarle.

La cittadina è in preda alla paura e questo non fa che peggiorare il clima nel quale si svolgono le indagini della magistratura, frenate dal silenzio delle persone troppo intimorite per parlare anche se unanimi nel condannare gli atti e nel compiere gesti di solidarietà verso le vittime. Nonostante le istituzioni si schierino compatte contro la “anonima incendiari” e chiedano da più fronti un più forte intervento dello Stato, la situazione sembra destinata soltanto ad inasprirsi senza un gesto risolutivo o, peggio, a spingere le istituzioni locali ad arrendersi a chi mira a destabilizzarli, ad annientare la classe dirigente e a creare vuoti istituzionali. Lo scorso 30 settembre il presidente della Confindustria di Nuoro Salvatore Nieddu ha espresso il senso di solitudine ed incertezza in cui si trovano a contrastare il problema.

“Ci sentiamo soli, ma questa solitudine non è soltanto nostra. La percepiamo infatti diffusamente in tutta la società. Quello che oggi vogliamo fare capire con chiarezza è che non esiste un’emergenza per le imprese, ma per tutto il territorio.” Il presidente e il suo vice Roberto Bornioli chiedono un intervento forte dello stato: “Siamo stanchi degli attestati di solidarietà, lo Stato deve fare la sua parte. Per questo siamo pronti a chiedere, attraverso la nostra direzione nazionale, un intervento direttamente al ministro dell’Interno Maroni e se sarà necessario, ben venga anche l’Esercito”.
Intanto anche stanotte Orosei si prepara ad un’altra notte di fuoco e nessuno si sente più al sicuro.

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