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Delitto Cosmai, la moglie Tiziana: “Finalmente è stata fatta giustizia”

di Daniela Marcone il . L'analisi, Puglia

Qualche giorno fa ho appreso che la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza relativa a gravissimi fatti di sangue accaduti a Cosenza tra gli anni Ottanta e Novanta, causati dall’ennesima guerra di ‘ndrangheta per la spartizione del potere sul territorio, mettendo un punto fermo su tredici ergastoli, alcuni dei quali inflitti a boss estremamente pericolosi. Il processo chiamato “Missing” è terminato. Sembra assurdo che fatti accaduti in un tempo lontano, accertati, fossero ancora sospesi nel percorso complicato della giustizia. I responsabili, finalmente, sono stati condannati in via definitiva. Per noi familiari pugliesi delle vittime della mafia quelle condanne sono ancora più importanti perché riguardano, tra gli altri, il responsabile dell’omicidio di Sergio Cosmai, amato coniuge della nostra corregionale Tiziana Palazzo. Sergio Cosmai, nato a Bisceglie, era giunto a Cosenza per dirigerne la Casa circondariale e lì aveva trovato la morte nel 1985 per essersi opposto alla ‘ndrangheta nel tentativo di riorganizzare l’istituto di pena. Aveva 36 anni. La sua bimba lo attendeva all’asilo ed un altro figlio era in arrivo per la coppia. 

E’ stata proprio Tiziana ad informarci dell’avvenuta emissione della sentenza. Ho provato gioia,  perché finalmente “giustizia è stata fatta” ma anche amarezza, perché questa definitività arriva dopo tanti anni di attesa per una famiglia che è stata gravemente segnata dalla morte di Sergio e che ad ogni rinvio di udienza, appello, impugnazioni varie ha ripreso a soffrire. Mi chiedo quanti siano consapevoli di cosa ci sia dietro un processo, soprattutto un processo di mafia con vittime innocenti a cui garantire giustizia. Il ruolo della famiglia di quelle vittime è di attendere, l’unica azione possibile è costituirsi “parte civile” ed aver fiducia che un processo giusto ci renda liberi dalla paura. Gli avvocati che ci accompagnano nel nostro difficile percorso hanno un ruolo fondamentale, la nostra Enza Rando è un punto di riferimento instancabile ma tanti legali in Italia si sono spesi, spesso senza alcuna possibilità di vedere retribuito il loro delicato lavoro, mettendo a nostro servizio professionalità ed una grande umanità. Altre volte capita di impattare in persone che svolgono il loro lavoro con aridità, senza rendersi conto che assistere la “parte civile” in un processo lungo e doloroso significa, in realtà, combattere una difficile battaglia dall’interno. Io attendo ancora giustizia per la morte di mio padre e con me tantissimi familiari. Tutti noi abbiamo fiducia nei giudici e siamo al fianco di tutti quei magistrati che sono oggi in pericolo perché minacciati da criminali senza coscienza. Nello stesso tempo chiediamo di non essere considerati delle appendici lacrimose in un procedimento in cui spesso ci sembra che le vittime siano dei numeri di ruolo ed in cui rischiamo di diventare noi stessi delle vittime. Chiediamo a tutti coloro che si occupano di giustizia, di avere coraggio e determinazione, consapevoli che il loro compito è difficile e spesso rischioso. Abbiamo un nemico comune: le mafie. L’unico obiettivo è la verità.  Ho chiesto a Tiziana di raccontarci questo suo momento di vita che ha il sapore della vittoria, mi sembra bello ed importante che le sue parole viaggino nella nostra Italia in lungo ed in largo, per farci riflettere ma anche per trasmetterci speranza.

A lei, a questa moglie e madre che coraggiosamente ha tenuto insieme la sua famiglia, va il grande abbraccio di tutti noi.
***

(di Tiziana Palazzo)


“Il 24 marzo, alle ore 20,15, finalmente la tanto attesa telefonata. Confermata la condanna all’ergastolo comminata al mandante dell’omicidio di mio marito Sergio assassinato il 12 marzo 1985 a Cosenza, da un commando di quattro killer della ‘ndrangheta. La sentenza è DEFINITIVA. 29 anni, 12 giorni e 6 ore dopo il suo omicidio, a Sergio Cosmai la Corte di Cassazione ha finalmente e definitivamente reso Giustizia. Non abbiamo esultato né festeggiato. Ci siamo abbracciati e abbiamo….pianto. Perché l’incubo processuale è finalmente finito. Perché il nome di Sergio Cosmai mai più comparirà , su atti e comunicazioni giudiziarie, accanto ai nomi della feccia dell’umanità., accanto ai nomi dei suoi stessi sicari i cui parenti si erano costituiti parte civile nel medesimo processo. MAI PIU’. Lo abbiamo finalmente riportato a CASA, tra i suoi cari, lontano dai fucili a canne mozze, dagli spari di un tetro pomeriggio di un lontano marzo, lontano dalla violenza e dal sangue. Ora ha nuovamente riconquistato la dimensione vera in cui aveva sempre vissuto. E’ LIBERO. Nessun pentito pronuncerà più il Suo nome, nessuno più dovrà osare infangare la Sua memoria, in nessuna aula di tribunale verrà tradito e vilipeso il Suo Onesto operato. E’ finita, finalmente. E’ vero, questa sentenza non ci restituisce il Figlio, il Fratello, il Marito, il Papà, il Nonno. Eppure essa ci rende meno penoso e duro il percorso di vita senza di Lui. Noi eravamo in debito nei Suoi confronti, la società civile lo era, lo erano i magistrati pavidi che avevano più volte, frettolosamente e vigliaccamente, archiviato le indagini, lo era il mondo degli indifferenti, quella zona grigia di muta connivenza, pronta a commuoversi per poi girare le spalle e continuare a scendere a compromessi, deridendo il muto, perseverante, adamantino operato degli onesti. Fino allo scorso 24 marzo non credevamo di poter ottenere Giustizia. Troppe le delusioni: i sui sicari, poi rei confessi ma non più processabili, mandati liberi per insufficienza di prove 20 anni fa dalla Corte di Assise d’Appello di Bari; avvocati azzeccagarbugli che non ci hanno assistito come avremmo voluto e deontologicamente dovuto; indifferenza, tanta, troppa, che ci trafiggeva il cuore. Disperavamo. Abbiamo atteso senza parlarne troppo, quasi per scaramanzia. Abbiamo sofferto in silenzio in una casa, la Nostra, che ancora parla prepotentemente di Lui: le Sue pipe, i libri di giurisprudenza, gli ordini di servizio dei suoi giorni di lavoro lì nel carcere di via Popilia, i libri di storia dell’arte, altra sua passione. La Sua racchetta da tennis, che ancora conserva tracce della Sua presa. Oggi si, il sole ha una luce nuova, l’aria “profuma di mandorli” e il mare in tempesta si è placato. Perché giustizia è stata resa ad un Uomo che nella Giustizia credeva fortemente, perché un feroce assassino pagherà per una giovane vita sottratta alla Vita. Francesco Perna pagherà per il dolore causato a Rossella ,che aspettò inutilmente che l’adorato papà, che gli cantava “sei Rossella, la più bella”, la prelevasse all’asilo. Pagherà per quel bimbo nato orfano, per Sergio Cosmai, appunto, che non sente l’assenza di un padre semplicemente perché non sa cosa voglia dire averne uno. Un bimbo che ha preso in prestito frammenti di paternità dai papà dei cuginetti .Un uomo, oggi, che ancora non sa piangere per un dolore troppo più grande di lui, tanto profondo e sordo da non saperne decifrare l’entità. Ad Alessandro, poi, il Suo splendido nipotino di 14 mesi, racconteremo tutto del nonno, mattacchione e ballerino, che si prendeva gioco della nonna, allora ragazzina, facendole scherzi di ogni tipo. Racconteremo della Sua straordinaria umanità, della Sua vicinanza agli indifesi, della Sua tenacia contro i soprusi. E ad Alessandro racconteremo anche che nonno Gino si era battuto, insieme a molti altri, per un mondo migliore, che garantisse a tutti, vittime e carnefici, il diritto alla dignità. Gli insegneremo che “vivere non è solo stare al mondo, che non conta per quanto tempo il sole illuminerà le nostre sciagure, ma quanto a lungo siamo stati capaci di essere uomini liberi e uomini veri”. Ad Alessandro e a tutti i bimbi di oggi, uomini di domani, io dedico questa “vittoria”, perché continuino a credere nella Verità e nella Giustizia, non dimenticando mai coloro i quali per amore di Verità e Giustizia hanno sacrificato la Vita”. 

 

Daniela Marcone, figlia di Francesco Marcone,direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia,ucciso dalla mafia il 31 marzo del 1995. Referente per Libera Memoria in Puglia.

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