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Vittime innocenti di mafia?

Di Alessandra Del Giudice il . Campania, Dai territori



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Ad una settimana dalla strage la
comunità africana continua a manifestare per sostenere la completa
estraneità dalla camorra dei ragazzi uccisi.
Venerdì sera la
veglia è stata annullata. Nello spiazzo appena illuminato di “Ob
Ob exotic fashions” solo giornalisti e fotografi spaesati. Si
attendono il direttore del Mattino Mario Orfeo e Francesco Nuzzo per
la diretta Sky. Quest’ultimo si difende per le dichiarazioni che –
dice- gli sono state attribuite dai giornalisti “Castelvolturno
come Malibù se non ci fossero gli immigrati”. Nega di aver parlato
di Malibù e invece sottolinea la solidarietà alla comunità
africana e parla di progetti di sviluppo turistico per il
territorio.

Ma al meeting della solidarietà organizzato a
Castelvolturno nel pomeriggio del Sabato gli italiani sono assenti.
Nessuna solidarietà. Gli autoctoni sono chiusi nel loro
individualismo e troppo timorosi di potersi opporre anche solo
moralmente al potere dei Casalesi.

Domenica pomeriggio alle
cinque ancora una manifestazione pacifica sul luogo della strage. In
Via Domitiana Km 43.
Là dove il 18 settembre scorso a terra sono
rimasti i corpi senza vita di Samuel Kwaku, 26 anni e Alaj Ababa, del
Togo; Cristopher Adams e Alex Geemes, 28 anni, liberiani; Kwame
Yulius Francis, 31 anni e Eric Yeboah, 25, ghanesi, mentre sopravvive
il ghanese Joseph Ayimbora, 34 anni, oggi super testimone.

“Nessuno
dei morti era coinvolto nel giro della camorra. – Spiega Gianluca
Petruzzo dell’Associazione Tre Febbraio contro il razzismo – C’è
una chiara matrice razzista in questa vicenda- afferma – La camorra
voleva dare una dimostrazione e l’ha fatto con i neri che per loro
non valgono niente.
Anche la rivolta è stata raccontata in modo
errato. Le auto capovolte erano dei ragazzi uccisi. Le vetrine rotte
quelle del loro negozio. Non c’è stato alcun atto vandalico contro
la popolazione italiana. I gesti erano soltanto di protesta perché i
giornali hanno scritto un mucchio di bugie.
E’ chiaro che alcuni
africani sono sfruttati dalla camorra per lo spaccio e la
prostituzione. Ma i morti di questa strage erano innocenti”.

E
se tutti i ragazzi uccisi fossero innocenti o se lo fossero anche
solo la maggior parte, come sembra ormai evidente, l’atteggiamento
della comunità civile, l’assenteismo ed il facile pregiudizio ci
marcano tutti di razzismo. Se ad essere trucidati fossero stati sei
italiani?
Intanto alla manifestazione di ieri il fratello del
sarto ucciso ha dichiarato che una delegazione africana vuole essere
presente ai funerali dei due carabinieri morti al posto di blocco
nell’hinterland casertano. Poi si chiederà al Sindaco di
Castelvolturno, come ha promesso pubblicamente, di sostenere la
comunità africana nelle spese di viaggio per i funerali delle
vittime che si svolgeranno nei paesi d’origine.

Tra i
parenti ed amici delle vittime, Fasal, 25 anni, specializzato in
design di abiti. Collaborava con la sartoria e vendeva vestiti usati
fuori dal negozio. Ora non ha più un lavoro, dovrà arrangiarsi.
Per
caso è scampato alla strage. Ricorda che nel pomeriggio una
motocicletta era passata per osservare da vicino il posto. Forse una
sorta di avvertimento.
Anche altri ragazzi spiegano che avevano
paura. Che si sentiva che qualcosa dovesse avvenire.
“La camorra
ha troppi interessi in questa zona, ci sono investimenti di miliardi-
questo il movente della strage secondo Gianluca Petruzzo- I neri
davano fastidio”.

Denunciano Legambiente e Wwf che in pochi
chilometri sono state censite “oltre 12.000 costruzioni abusive,
quasi tutte prive ovviamente delle urbanizzazioni primarie, quindi
dei servizi essenziali”.
Ed il business del cemento non si è
ancora arrestato. Tre anni fa ad un paio di Km dalla strage sono
state edificate una decina di palazzine a tre piani su un terreno in
zona di riserva ambientale. I lavori più volte bloccati dalla
magistratura e poi ripresi per la vincita dei ricorsi. Le fondamenta
degli scheletri incompiuti affondano ancora nelle acque del Lago
Patria, a deturpare in modo evidentissimo un paesaggio naturale che
non è mai stato preservato.

Lago Patria, Licola, Varcaturo,
Villaggio Coppola sono città fantasma di giorno, quartieri
dormitorio di notte.
Solo in luoghi come questi la camorra è
libera di fare il suo gioco. Incontrollata.
Dalla metà degli anni
’70 in poi la camorra degli appalti edilizi e del cemento si è
spartita la terra, ha stretto connivenze con le amministrazioni
locali ed ha ottenuto i condoni, facilitata dalla mancanza di un
nuovo piano edilizio (l’ultimo risale agli anni ’80).
Qui è
stato possibile che un intero paese fosse edificato in modo abusivo a
sud della foce del Volturno, modificando totalmente la linea di costa
e distruggendo la duna costiera. Oggi che alcune delle sue “torri”
sono state abbattute, il Villaggio Coppola, è uno scheletro di città
senza vita.
Nelle stesse terre dell’hinterland, negli acquitrini
e nei canali della famosa Campania Felix la camorra ha sversato
tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici.

Ora ci si chiede
quanto possa la forza militare rispetto ad un territorio da decenni
violentato ed abbandonato a se stesso. Quanto invece servano reali e
concreti progetti di integrazione e strutture sociali che sostengano
uno sviluppo umano e la vivibilità degli autoctoni e dei
migranti.
La comunità africana da un lato si sente protetta,
dall’altro lato teme che il dispiegamento di forze di polizia serva
soltanto a far rimpatriare chi non ha il permesso di soggiorno. Chi
si alza ogni mattina all’alba per guadagnarsi pochi euro nei campi,
vittima inerme del caporalato, chi non verrà mai “messo a posto”
dal suo padrone perché va bene così. Come tutto il resto.

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