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Salemi, la città dei Salvo, di Giammarinaro e del sindaco Sgarbi

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Una realtà che è destinata ad essere proiettata e descritta secondo precise regie. Questo il destino di Salemi, città bellissima del Belice, carica di storia, cultura ed arte, crocevia di tante cose, anche degli intrecci, tra mafia, politica, economia ed impresa, che sono poi quelli usati per governarla. Ecco per decenni ai cittadini di Salemi era stato fatto credere che i potenti onesti della Sicilia fossero i cugini loro concittadini Ignazio e Nino Salvo. In effetti quelli potenti erano davvero, padroni delle esattorie e di mezza isola, e forse di più, in grado di far cadere i Governi, di Palermo quanto quelli di Roma sopratutto quando si metteva in discussione la percetuale degli introiti per la riscossione delle tasse. Salemi eppure restava imperturbabile quando si sentiva dire delle cose che andavano combinando in giro per l’Italia i due cugini padroni delle esattorie siciliane.

C’era una regia precisa che funzionava, niente scuoteva l’immagine di tranquilla cittadina di provincia. C’erano i capi popolo che si preoccupavano dei destini della gente. E questa applaudiva sotto ai balconi dove il potente si affacciava e si concedeva al paese. I funerali dei Salvo nella chiesa matrice di Salemi, prima Nino morto di un grave male e poi Ignazio ucciso dal piombo mafioso, esattamente 16 anni di questi tempi, furono la palese dimostrazione del potere esercitato da quella famiglia, che ha lasciato eredi che oggi non stanno certo a guardare. Oggi per la verità la regia che guida il paese è altra, è quella che si presenta col volto dello show man per eccezione della tv del reality italiano, Vittorio Sgarbi, che personaggio lo diventò grazie a Maurizio Costanzo e al suo talk show del Parioli. Il critico d’arte sempre in grado di aprire polemiche con chiunque, che dal suo esordio ha fatto tanta carriera passando per le aule parlamentari e dei ministeri, che ha fatto l’assessore a Milano con Letizia Moratti con la quale poi ha litigato, adesso è sindaco di Salemi, eletto alle ultime amministrative senza che mai sia circolato un solo fac simile tra gli elettori o sia spuntato un manifesto di pubblicità elettorale. Lui si è fatto vedere durante la campagna elettorale qualche giorno, al resto ci ha pensato Pino Giammarinaro l’ex deputato regionale della Dc capo degli andreottiani trapanesi, eletto nel 91 con 50 mila voti e costretto poi a darsi latitante per una indagine antimafia, assolto infine perchè nel frattempo entrò in vigore il giusto processo e i pentiti che lo avevano accusato durante l’istruttoria dinanzi al Tribunale decisero di fare scena muta.

Giammarinaro è stato coinvolto in tante indagini sulla sanità siciliana, per essere stato per decenni capo di una delle più ricche Usl siciliane, quella di Mazara del Vallo, e sottoposto per 4 anni alla sorveglianza speciale. Uscito quasi indenne dalla sfilza di processi che lo hanno riguardato, il suo nome finisce sempre con il comparire nei rapporti antimafia del trapanese, l’ultima volta fu nei verbali dell’ex deputato Udc di Alcamo Norino Fratello che disse di essere stato convocato da Giammarinaro per rendere merito (soldi alla mano) all’altro deputato Udc David Costa che grazie alla sua opzione gli aveva aperto nel 2001 le porte del Parlamento Regionale. Alle ultime regionali Giammarinaro ha deciso di uscire dall’ombra e si è posto al fianco del presidente dell’Ordine dei Medici di Trapani, Pio Lo Giudice, risultato unico eletto dell’Udc trapanese all’Ars. Durante la campagna elettorale Giammarinaro non ha mai mollato Lo Giudice stando semrpe al suo fianco, finendo spesso gli incontri elettorali raccontando una novella siciliana, quella dello “zio Calò” che un giorno davanti a tante persone ebbe a presentare un deputato suo amico, dandogli già dell’«ex» perchè durante il mandato non era stato al suo fianco. Lui lo aveva fatto eleggere e lui decideva di togliergli la poltrona. Così che Lo Giudice sapesse quale era la regola di fedeltà da rispettare. Dopo le regionali nel trapanese ci sono state le amministrative, ed ecco che Giammarinaro ha preso le chiavi della città e le ha consegnate a Vittorio Sgarbi, elezioni facili facili da vincere.

Da allora ad ogni iniziativa di Sgarbi che sta trasformando Salemi in un set da reality, dietro le quinte nemmeno nascosto c’è Giammarinaro, pronto ad applaudire e a ricordare che tutto è merito suo. E’ tornato a far politica e la cosa non desta scandalo da nessuna parte. L’ultima comparsa è di pochi giorni addietro: ad assistere alla presentazione dell’ultimo libro del giudice Giuseppe Ayala, Giammarinaro era in seconda fila, davanti a lui l’ex braccio destro di Paolo Borsellino, ex maresciallo oggi tenente dei Carabinieri Carmelo Canale. I rapporti tra Canale e Giammarinaro fanno parte dei faldoni di alcuni processi, uno è quello proprio contro l’ex maresciallo, assolto anche in secondo grado per delle sue presunte combutte con i mafiosi. Fatti non commessi. Si è parlato tanto quella sera a Salemi di Borsellino, ma nessuno ha ricordato quella frase del procuratore ammazzato da Cosa Nostra proprio sugli assolti: “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso.

 Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perchè ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti politici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati.”

Non se ne è parlato di queste cose perchè al solito ci sono fatti comodi dei quali discutere e vicende scomode e per questo da rimuovere e cancellare. Come la mafia per esempio. E questa è l’ultima delle trovate di Vittorio Sgarbi. La mafia a sentirlo non esiste più, la mafia non spara e dunque è finita, tutti i suoi capi sono stati arrestati e perciò senza capi Cosa Nostra non esiste. E allora cosa fare, prendere un’ala del ristrutturato Castello Normanno di Salemi e metterla a disposizione per creare un museo della mafia. Sgarbi spiega che ancora non si ha una precisa idea di cosa fare, dimentica però che nel frattempo ci sono mafiosi che invece di finire in un museo debbono intanto passare dai carceri. Uno di questi è Matteo Messina Denaro che lui pare abbia rimosso dall’idea che questi sia un capo indiscusso.

La mafia dei nostri giorni è quella che fa impresa e gestisce appalti, che entra nelle segreterie politiche e governa le città, muove l’economia. Ma per Vittorio Sgarbi, ma non solo per lui, questa non è mafia. La mafia è quella dei morti ammazzati e siccome non viene ucciso più nessuno l’equazione è bella e pronta. Gli si potrebbe spiegare che la mafia è la stessa di sempre, quella che ieri sparava oggi fa impresa. Ma è l’assunto che ad ogni piè sospinto nel trapanese si vuole negare, arrivando a sostenere che la mafia esiste perchè ci sono i professionisti dell’antimafia. Sgarbi rischia due volte in questa storia: da una parte soste
nendo la fine della mafia, dall’altra parte sponsorizzando la nascita di una associazione antiracket e antiusura.

L’associazione pare serve a Sgarbi per ottenere l’assegnazione di alcuni beni confiscati alla mafia esistenti nel suo territorio e rimasti pericolosamente inutilizzati, come gli appezzamenti terrieri appartenuti a Salvatore Miceli un mafioso che oggi vive in Sud America, esperto di grandi traffici di droga e di connessioni mafiose internazionali. Miceli è vivo e vegeto, è un mafioso in libertà, in attesa di finire in carcere per condenne definitive. Se ne sarà accorto Sgarbi che dice che la mafia non esiste? Si pensa di si visto che per prendere quei terreni ha sponsorizzato la nascita a Salemi di questa associazione antiracket e antiusura affidandone la responsabilità al suo portavoce il giornalista Nino Ippolito. In una provincia, quella di Trapani, dove per decenni l’associazionismo contro il racket e l’usura non è mai decollato ecco che invece in pochi mesi c’è quasi una rivoluzione. Nonostante si dica, come fa Sgarbi, che la mafia non esiste più. Delle due solo una può essere quella giusta, ma al sindaco Sgarbi la cosa non preoccupa più di tanto. Va avanti e a Salemi non trascorre fine settimana senza che non faccia accendere le luci dei riflettori, quelli proprio di palcoscenici e teatri. E la gente applaudie ed è contesta, sta sotto i balconi come faceva ai tempi in cui i sindaci erano quelli che volevano i Salvo.

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