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Umbria, nelle slot machine ogni 24 ore due milioni di euro

di redazione il . Senza categoria, Umbria

A Perugia l’iniziativa “Un tè senza slot”: contro i rischi del gioco d’azzardo/// — E’ la terza impresa del Paese con circa 86 miliardi di euro di introiti nell’ultimo anno. Si tratta della rete del gioco d’azzardo che rappresenta un giro d’affari sempre più consistente in Italia. 1.260 euro di spesa pro capite nel 2011, 400 macchinette per tentare la fortuna, una ogni 15 abitanti. In Umbria  –  secondo i dati della Guardia di Finanza e della sezione perugina dei Monopoli di Stato – tra gennaio e giugno del 2013, sono stati “spesi” dai cittadini della regione 366 milioni di euro, nelle 5.406 tra slot machine e videolottery legali dislocate nei 1.486 esercizi della regione. In media, ogni 24 ore gli umbri immettono nelle macchinette qualcosa come due milioni di euro. Un giro d’affari spesso nelle mani della criminalità organizzata, come dimostrano alcune inchieste della magistratura, in diverse città italiane. A Perugia, oggi, una iniziativa per provare a conoscere il territorio e il fenomeno che rischia di minare la tenuta economica del tessuto sociale umbro – già provato da una crisi  complessa che ha un impatto notevole anche sulle famiglie.

[L’iniziativa alle ore 17.30 al Café Sant’Ercolano – Bar Sport, all’inizio delle scalette di Sant’Ercolano – Perugia]

Un tè senza slot.“Abbiamo deciso di avviare un monitoraggio dei bar della città che non hanno al loro interno “macchinette mangia soldi”- spiega Fabrizio Ricci di Libera Perugia. L’obiettivo è quello di costruire una mappa da mettere a disposizione della collettività”.  “Crediamo – precisa Ricci –  che un monitoraggio della situazione esistente in città possa essere utile per avere piena consapevolezza delle dimensioni del fenomeno e anche per sostenere quegli esercizi che scelgono di non lucrare su un sistema che sta producendo enormi danni sociali e umani”.

L’inchiesta. Sfiora l’Umbria e punta dritto al cuore della regione l’inchiesta «Game Over» coordinata dalla Procura di Potenza che ha messo in luce una rete criminale che stava per trasformare la regione in una base per riciclare soldi sporchi investendo in attività commerciali, ristoranti, negozi di abbigliamento, tabaccherie, e infine, proprio slot machine e videolottery. A Trevi, in particolare, la Guardia di Finanza ha sequestrato un capannone dove erano state depositate circa 200 macchinette “modificate” e pronte per essere collocate all’interno di locali adibiti al gioco d’azzardo. I 53  clan che condizionano il mercato dell’azzardo non solo controllano la filiera e spesso impongono estorsioni ai proprietari dei locali che ospitano le macchinette ma “alterano” – come dimostrato da questa recente inchiesta – il sistema del gioco. «Quella della contraffazione delle macchinette  – spiega a Libera Informazione Daniele Poto, giornalista e autore del dossier “Azzardopoli” curato per Libera – è uno degli strumenti con cui le mafie guadagnano da questo settore e lo condizionano. Modificando la scheda delle slot machine, infatti, si possono rendere non tracciabili gli introiti. In questo, caso – continua Poto – i soldi dei giocatori d’azzardo vanno direttamente nelle casse dell’organizzazione criminale. Spesso, per evitare i controlli –  aggiunge Poto le macchinette vengono scollegate dalla rete per alcune ore, e poi connesse nuovamente». Una manovra che consente di ridurre il rischio ma che garantisce un “furto” sul guadagno dello Stato che, infatti, commenta Poto “ha un introito più basso di quello che hanno le mafie dal gioco d’azzardo: le cifre sono di 8 miliardi per lo Stato contro i 23 dei boss”.  Inoltre, il gioco d’azzardo illegale è anche veicolo per attività di riciclaggio, rischio molto alto in Umbria, come più volte denunciato dai magistrati della procura perugina. L’inchiesta Game Over ha messo in luce una rete del gioco d’azzardo che si estende nel centro – Italia, le società cui i finanzieri infatti risalgono nella loro indagine sarebbero collegate a Luigi Tancredi, gestore di sale gioco a Perugia e Foligno, ma avrebbero come partner Nicola Femia, nome molto noto alle cronache dell’Emilia – Romagna, dove è coinvolto nel processo “Black Monkey”

 

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