Ancora indecenti insulti razzisti alla Kyenge
Con gli insulti alla ministra Kyenge del senatore leghista Bitonci che l’ha definitia “ministra della negritudine”, la misura è davvero colma. Non è più tollerabile questo razzismo che è andato via via aumentando negli ultimi mesi. Già a luglio 2013, espressioni villane alla ministra dell’Integrazione erano state rivolte dal vice presidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli (che si era, poi, scusato in maniera..impropria). Cafonaggine e rozzezza avevano contraddistinto altri successivi episodi come, per esempio, le banane lanciate al passaggio della ministra a Cervia, paragonata ad un gorilla da un consigliere provinciale a Padova, l’accostamento alle prostitute di strada fatto dal vice sindaco di Diano Marina e , per ultimo, la villana contestazione a Brescia del 12 gennaio 2014. Sono soltanto alcuni dei vergognosi episodi che confermano la concezione razzista di molta gente e di modesti rappresentanti istituzionali. Altro che battute o aspetti folcloristici! Non staremo a riepilogare tutte le molteplici, villane dichiarazioni degli ultimi quindici anni, da quella di Irene Pivetti, ex presidente della Camera dei Deputati che, in un’intervista del 28 marzo 1997 al Corriere della Sera, dichiarava che “..gli albanesi vanno buttati a mare..” a quella dell’aprile 2013, del noto europarlamentare Borghezio sul “..governo del bonga bonga…gli africani sono africani..non hanno prodotto grandi geni”. L’elenco di idiozie sarebbe davvero troppo lungo. Dietro questo devastante modo di fare politica c’è anche quell’averci voluto “marciare un po’ con i migranti per acquistare consenso elettorale” come aveva detto il 16 luglio 2013 Roberto Maroni, attuale presidente della regione Lombardia ed ex ministro dell’Interno (cfr. Corriere della Sera).
Una dichiarazione scioccante sol che si pensi alle diverse centinaia di persone respinte in mare dalle forze italiane verso le coste libiche con il c.d. “sistema Maroni” ( quello osannato da Umberto Bossi, allora segretario della Lega Nord), giudicato, poi, illegale, due anni dopo, dalla Corte sui diritti umani europea che ha anche condannato il governo italiano a risarcire 22 migranti identificati (grazie al paziente lavoro di alcuni avvocati italiani) degli oltre 800 stranieri respinti in mare. I giudici europei, dunque, hanno riportato ordine in un ambito, quello del diritto che è lo stesso, poi, ad aver creato, nei secoli, status identitari ineguali. L’esser bianchi o neri, a ben vedere, non è tanto una questione di pigmentazione della pelle quanto di leggi e della loro applicazione. Fu nel 1640 che il colore della pelle diventò la ragione di un diverso trattamento giuridico. Erano fuggiti tre schiavi (due bianchi e un nero) da una piantagione in Virginia. Catturati e processati furono condannati a pene severissime, ma lo schiavo di origine africana, in “quanto nero” ebbe la condanna più dura. Più tardi, agli inizi del Settecento, in pieno Illuminismo, uomini di scienza e di ingegno, iniziarono la classificazione di vegetali, animali, rocce ed esseri umani. Fu in quel periodo che si stabilì che l’umanità fosse divisa in razze, diverse e diseguali per bellezza, sapere e civiltà. Da questo concetto di razza, contraddittorio ed ambiguo, non oggettivo, alle teorie razziali che distinguevano differenti tipologie antropologiche, fu facile passare alle teorie razziste che legittimavano la superiorità di una razza sulle altre. Tutto straordinariamente strumentale per i detentori del potere di turno (o gli aspiranti tali) ed il loro sistema che giustificava, così, la schiavitù e l’inferiorità dei neri. Ricordo i problemi di classificazione razziale che riguardarono quei migranti, non protestanti e non anglosassoni (italiani, ebrei e polacchi) che, sbarcati sul continente americano, non furono subito catalogati come propriamente bianchi ma, per un certo tempo, rimasero in una categoria di “stato di razza”…poco chiaro. Tristezza ma anche forte preoccupazione per questi rigurgiti razzisti che stanno interessando il nostro paese. La politica si dia una mossa per isolare queste persone che stanno cercando di intimidire la Kyenge.
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