NEWS

Taranto: oltre il grigiore l’arcobaleno

Di Fabio Dell’Olio il . Dai territori, Interviste e persone, Puglia

I bambini che giocano nel rione
Tamburi, a ridosso del Mostro, provano a scommettere di che colore sarà il
cielo al loro risveglio il mattino seguente. Di rado è blu, a volte arancio o
viola, spesso “rosso mattone”. Infranto il mito del “posto di lavoro sicuro”,
le acciaierie di Taranto che impiegano oltre 13 mila operai a fronte di una
popolazione di circa 210 mila abitanti, quattordicesima città italiana, sputano
oltre il 10,2% del monossido di carbonio prodotto complessivamente in Europa.

La fabbrica dei veleni, secondo
gli studi condotti dagli attivisti di Peacelink su dati INES (Inventario
Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) influisce per il 49% sul totale di
mercurio disperso nell’atmosfera per la grande industria italiana (2821 Kg). Ma
ancora più grave è l’aumento del mercurio che inquina l’acqua di Taranto.
L’Ilva detiene il primato anche nelle emissioni di diossina: su 800 grammi
liberati in un anno nell’aria europea, circa il 15% provengono da Taranto.
Ultima nella classifica del “Sole 24 Ore” quanto ad ambiente, Taranto coi suoi
1200 decessi all’anno per neoplasie si colloca decisamente al di sopra della
media nazionale. “E’ come se ogni abitante- ha spiegato Alessandro Marescotti
in un’intervista dell’aprile scorso sul settimanale l’Espresso – pur non
essendo un tabagista, fumasse il corrispettivo di sette sigarette al giorno”.
Peacelink, nata alla fine del ’91, coi suoi oltre 10mila utenti giornalieri, è
un esempio straordinario di come “la rivoluzione nonviolenta, così difficile da
fare nella società, si possa anticipare e sperimentare in rete nei suoi
fondamenti etici”. Ma questi “missionari tecnologici”, arruolati fin
dall’inizio al fronte dell’informazione sul disarmo e della smilitarizzazione
della Puglia “arco di guerra”, per renderla più simile, come invocava don
Tonino Bello, ad un’ “arca di pace”, da qualche tempo sono alle prese con
un’emergenza ambientale senza precedenti. E il cavalier Riva, patron dell’Ilva,
non ha particolarmente gradito tutta questa improvvisa attenzione sulle
emissioni nocive della sua mostruosa creatura, e ha risposto querelando per
“procurato allarme”Alessandro Marescotti, il segretario cittadino della UIL e
Giulio Farella, biologo che aveva realizzato un dossier sull’inquinamento
dell’Ilva relativo alle emissioni di mercurio. “Il mercurio è una sostanza molto pericolosa e, come risulta dagli
stessi dati forniti dall’Ilva al Ministero dell’Ambiente, le emissioni a
Taranto da parte dello stabilimento sarebbero stimate a oltre 2 tonnellate tra
aria ed acqua”
– ci conferma lo stesso Marescotti, che commenta: “Se si pensa che tra alcuni anni non ci sarà
più traccia di mercurio nemmeno nei termometri venduti in farmacia perché verrà
bandito dall’UE, ci accorgiamo di come da un lato l’UE si affretti
all’eliminazione di questa sostanza, mentre a Taranto l’emissione di mercurio
raggiunge livelli preoccupanti”.

Ma il ricorso alla querela da
parte di Riva nei confronti degli attivisti di Peacelink, si configura come la
tipica “arma di distrazione di massa” per distogliere i ricercatori dalle loro
attività e tenerli impegnati in una estenuante battaglia legale.

“E’ singolare e inusuale quest’azione legale di Riva perché in genere
in tribunale ci va per difendersi e non per attaccare. Ma noi abbiamo piena
fiducia nell’opera della magistratura
– sottolinea Marescotti.

Alessandro mi spiega che c’è una
legge europea che consente a tutti i cittadini di poter conoscere i dati
tecnici degli impianti, le loro emissioni e di proporre, con opportune
osservazioni, i livelli di emissione più bassi e l’adozione di tecnologie
migliori. Tra tutti i cittadini italiani, solo uno, un certo ingegnere del
Nordest, ha sfruttato adeguatamente questa normativa europea.

Pochissime associazioni e praticamente la
maggiore quantità di osservazioni sono giunte da Taranto mentre grandi
associazioni come Legambiente e WWF hanno rilevato osservazioni su di un solo
impianto. Quando invece sarebbero dovute pervenire piogge di interventi. “Si sperava che con la normativa in questione
si potesse aprire un nuovo processo partecipativo
.- osserva amareggiato
Alessandro- Mentre la realtà è la non adesione a quei processi di legalità che
permettono poi di intervenire concretamente
”.

Com’è possibile che la legislazione italiana non disponga misure
adeguate per frenare l’inquinamento e armonizzare il diritto interno al diritto
europeo e a quello internazionale?

Ci sono inquinamenti che avvengono a norma di legge. Ad esempio un
camino è autorizzato anche se inquina tantissimo. Noi abbiamo a Taranto il
camino E 312 dell’impianto di agglomerazione dell’Ilva da cui fuoriesce il 90%
di tutta la diossina italiana stimata nell’inventario dell’INES. E quindi è
chiaro che siamo di fronte a un dato che pur rientrando nella legalità, a causa
di una legge troppo permissiva, consente di avere a Taranto valori in
percentuale di diossina superiori di ben 1000 volte la media prevista dalla
normativa europea. Se da quel camino fuoriuscissero anche 800 grammi di
diossina che è la media annuale di emissioni in Europa, noi rimarremmo
comunque nei limiti consentiti dalla
legge. Questo è il tipico caso in cui la legge nazionale si discosta dalla
normativa europea e quindi non può essere compiuta nei confronti dell’Ilva
alcuna azione sanzionatoria
”.

Rispetto al caso diossina
registrato a Seveso, Taranto è un’altra storia. Qui sarebbe fuoriuscita circa
il doppio della diossina di Seveso e nell’arco di 45 anni. E un inquinamento di
diossina contratto per 45 anni consecutivi, ci assicura Marescotti, è peggio di
un inquinamento acuto. Perché i processi di bioaccumulazione della diossina
sono processi che avvengono per piccole dosi attraverso l’assunzione
soprattutto di alimenti. Dunque un’esposizione prolungata è peggiore di una
esposizione acuta.

Qual è il rapporto degli abitanti di Taranto con l’Ilva? Davvero lo
considerano un male necessario? Ti sembra giusto porre una città davanti al
dilemma di dover scegliere tra sicurezza e diritto alla salute da una parte, e
occupazione garantita dalle acciaierie dall’altro?

Per molto tempo non abbiamo avuto informazioni precise e quelle che
emergono poco alla volta sono sempre più allarmanti. E quando si deve fare un
confronto tra costi e benefici, si conoscono solo i secondi perché tutti vedono
i benefici che un impianto siderurgico porta a 13 mila persone, però
all’opposto si ignorano i costi. E’ difficile fare un bilancio. Noi cerchiamo
di fare un’azione di coscientizzazione per valutare l’altro piatto della
bilancia che per molto tempo non è stato soppesato. Quando si pubblicano i dati
su mercurio, diossina, tumori, allora ci si rende conto degli enormi costi
sociali, sanitari, ambientali e umani che tutto questo comporta. Credo che la
cittadinanza stia prendendo coscienza con molta lentezza perché nel ceto
politico c’è la tendenza a minimizzare. Ultimamente il dott. Patrizio Mazza,
ematologo, che ha in cura decine di persone affette da cancro, ha sollevato un
problema che ha enorme spessore morale: questo inquinamento comporta non solo
un impatto sulla salute dei cittadini ma anche un impatto sulla mappatura
genetica degli individui per cui esiste il rischio che venga trasmesso alle
future generazioni un dna più debole tale da rendere i futuri bambini molto più
indifesi e incapaci di riparare i danni inferti dall’inquinamento ambientale.

Il dott. Mazza osserva criticamente che possiamo decidere per le nostre
vite ma non su quelle dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Chi ci dà il diritto di decidere per loro? Non possiamo barattare il
posto di lavoro degli adulti con un danno genotossico permanente per i bambini.
E’ moralmente inammissibile. Per acquisire questa coscienza occorre molta
informazione scientifica. Purtroppo né la scuola né l’intellighenzia
scientifica locale stanno facendo un sufficiente lavoro di informazione.

Bisogna saper valutare le alternative a questo modello di sviluppo. Ma
questo ragionamento non viene applicato perché la grande colpa della classe
politica è quella di non saper progettare alternative
”.

Quale atteggiamento hanno assunto la nuova Amministrazione comunale e
la Regione rispetto alle problematiche ambientali della città?

Con la nuova amministrazione ci stiamo confrontando, ma personalmente
penso che rispetto a quello che ci aspettavamo ha fatto ben poco. Stessa cosa dicasi per la Giunta Vendola. Il
sindaco Stefàno però ha l’attenuante di essere assediato da problemi
drammatici.

Taranto infatti è divorata dal dissesto finanziario e la città dovrà
ripianare per i prossimi decenni un debito ingente che penderà come un macigno
sulle teste delle nuove generazioni
.
L’Amministrazione comunale è come un corpo che lotta per non
annegare ed è costretta a confrontarsi con l’Ilva con grave inesperienza e scarse
conoscenze tecniche. E si fa facilmente sviare su soluzioni che non sono le più
idonee. Il processo di monitoraggio dovrebbe essere imposto attraverso la
procedura AIA (autorizzazione integrata ambientale) che prevede la
partecipazione dei cittadini e un grande potere del sindaco”
.

E alla Giunta Vendola quali colpe imputate?

Vendola ha fatto enormi errori e non ha tenuto conto della società
civile. E questa è la nostra grande delusione.

La più grossa azione di controllo da parte dell’Ilva non l’hanno fatta
i tecnici di Vendola ma l’abbiamo fatta noi.

Noi non conosciamo quali sono i tecnici e gli esperti di Vendola. La
cosa più grave è che, se dei tecnici ci sono, dalle informazioniin nostro
possesso, sono gli stessi della precedente giunta. Tutto questo quando Vendola
si potrebbe dotare dei migliori esperti nazionali.

Noi potremmo stilare una task force che rigira le carte dell’Ilva dalla
prima all’ultima. Ma Vendola dà incarico ai tecnici del centro-destra, persone
su cui noi abbiamo le nostre riserve
”.

Credi si debba parlare di un processo di de-industrializzazione a
Taranto oppure di rimedi attuati con la politica di riduzione del danno?

Io parlerei piuttosto di un processo di riconversione economico. Dal
momento che l’area industriale è due-tre volte quella della città, questa può
essere recuperata ad altri usi. Ma chi sostiene i costi della bonifica? Essa
comporta tempi lunghissimi, è un processo complicato. A Taranto c’è un gruppo
di cittadini che ha promosso un referendum consultivo per dire no all’Ilva in
cui si chiede o di smantellare tutta l’Ilva o l’area a caldo. Invece io penso che la strategia debba
essere diversa. Dal punto di vista operativo la strada che ritengo la più
idonea è quella di utilizzare tutti gli strumenti legislativi per andare a
monitorare e ridurre le emissioni. Quindi subordinare tutte le autorizzazioni a
produrre a un abbattimento drastico delle emissioni. Portare a Taranto i
livelli di emissioni inglesi, svedesi, del nord Europa.Tanto più che un
impianto come quello di Taranto in Iran è stato costruito a 80 Km dalla città
più vicina.

Mentre a Taranto è stato costruito a 80 metri dal quartiere Tamburi.
L’Italsider fu costruita vicino alla zona abitata e per di più fu costruita al
contrario: la parte più inquinante fu realizzata vicino al quartiere, mentre quella
più pulita è vicina al mare.

In una situazione così particolare occorrerebbe vincolare le
autorizzazioni ai livelli più bassi possibili in assoluto nel mondo. E’ stata
una nascita anomala. O si riesce ad adottare le migliori tecnologie in assoluto
per portare a Taranto la Svezia, oppure è una realtà destinata a non durare e
ad avere un impatto assolutamente inaccettabile. Quindi la mia idea non è
quella della riduzione del danno ma di porre dei limiti così rigorosi per cui
la condotta a Taranto deve essere assolutamente eccellente dal punto di vista
delle migliori tecnologie disponibili. Più che di riduzione del danno parlerei
di una strategia scientifico-tecnico di altissimo livello che punti alle
cosiddette BAT, ( best available technologies). O si adottano le BAT o si continua
ad aggravare un danno alla popolazione
”.

E la base NATO, la minaccia permanente costituita dai sottomarini a
propulsione nucleare che gravitano nel golfo di Taranto? I cittadini sono
consapevoli di questo pericolo e quali sono le risposte del Governo alla città?

Zero preoccupazione da parte del Governo, zero della giunta Vendola
nonostante le ripetute sollecitazioni.

Da parte della popolazione la risposta c’è se si solleva il problema.
Essa reagisce se viene universalmente accettato che esiste un passaggio della
base di Taranto verso l’operatività Nato. Taranto è già base Nato ma la cosa
più incredibile che persino alcuni deputati fino al 2002 lo hanno ignorato. Il
problema è vedere quanto questo status di base Nato possa aprire un ulteriore
spiraglio perché vi sia una presenza americana che attualmente non c’è ma che
potrebbe essere favorita. Taranto è sempre disponibile. Il fatto che non ci
siano militari americani è solo perché gli interessi americani in questo
momento storico si riversano in altre regioni dello scacchiere.

E’ chiaro che la reazione della popolazione la riesci ad ottenere
quando fai delle grosse mobilitazioni dato che questo cambiamento strategico
della base non è percepito come un fatto oggettivo dalla classe politica e
istituzionale. Noi non siamo più in grado di porre al centro dell’attenzione
cittadina il problema della base perché siamo mobilitati per la questione
inquinamento.

Persone come Ragusa che è stata sempre impegnata sul fronte della
nonviolenza adesso è una delle principali promotrici della lotta contro le
discariche nella provincia. Fa riflettere anche che uno come Zanotelli in
Campania si stia occupando delle questioni ambientali.

Succede tutto questo perché le forze ambientaliste tradizionali, in
testa Legambiente, non stanno facendo il loro dovere. Quando scopri che
Legambiente è a favore di rigassificatori e inceneritori è chiaro che non puoi
delegare a Legambiente la tutela del territorio, quando ci sono cittadini
contrari a queste opere.

Purtroppo abbiamo gruppi di persone che formano la cittadinanza attiva
che stanno svolgendo azioni di supplenza delle istituzioni da una parte e delle
associazioni ambientaliste dall’altra
”.

Quando si dice che talvolta certa
società civile è più avanti della classe politica che ci governa! Peacelink ha
rischiato in diverse occasioni di arrivare troppo presto al capolinea, magari
per la malafede di certi agguerriti consulenti della Nato, ma ha sempre
respinto con coraggio ogni assalto perchè rappresenta una realtà forte,così
radicata nel tessuto sociale che la solidarietà collettiva l’ha sempre
sostenuta e stimolata. Speriamo per sempre.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link