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Campania e camorra: un milione per ammazzare un magistrato-magistrato

di Arnaldo Capezzuto il . Campania

Aveva commissionato un agguato contro un magistrato dell’anticamorra particolarmente testardo e cocciuto. Si, perchè Alessandro Milita, magistrato-magistrato era diventato una specie di ossessione. Una serie d’inchieste meticolose hanno avuto il merito di scoperchiare o meglio portare alla luce il mondo più segreto della Gomorra casertana ovvero mondiale. Un tipo tosto che ha cominciato ad esplorare i santuari frequentati dai mammasantissimi di un sistema di potere mutuante formato da politici, broker, colletti bianchi, massoni e camorristi. Quel Pm stava diventando una ossessione. Una maledizione. Un’ombra lunga che guastava i piani e i sogni di potenza di un agglomerato d’interessi coesi e criminali. Ecco uno scassapalle da eliminare in stile corleonese. L’ “idea necessaria” ben presto si è trasformata in un progetto operativo. Era già pronto un milione di euro per vedere morto quel magistrato impertinente. Soldi, tanti soldi. Una taglia messa a disposizione dal “Signore delle Ecomafie” sulla testa di un pubblico ministero che faceva semplicemente il proprio mestiere senza guardare in faccia a nessuno. E’ così all’alba è finito in manette una vecchia conoscenza della giustizia Cipriano Chianese, 62 anni, avvocato e imprenditore, legato al clan dei Casalesi e per conto dei quali ha inventato e gestito il traffico illecito dei rifiuti confluiti anche nella Terra dei Fuochi. È accusato di aver estorto quote e gestione di una società di trasporti. La società al centro di questa inchiesta è la Mary Trans, attiva nel trasporto di persone e di rifiuti solidi urbani e speciali. Con il suo intervento, secondo le indagini Chianese riuscì a portarla nelle mani di suo fratello Francesco, nel dicembre del 2005. Insieme all’imprenditore, la Dia ha arrestato anche Carlo Verde, 37 anni, suo collaboratore. Nella medesima ordinanza emessa dal gip Francesca Ferrigno si legge delle minacce del fratello di Chianese, Francesco, al titolare di una ditta di trasporti. “Ti spengo come una candela” avrebbe detto Francesco Chianese all’imprenditore dell’azienda Mery Trans per costringerlo a cedergli le quote della società che gli aveva venduto solo due mesi prima. Gestendo la Mery Trans, Francesco Chianese aveva accumulato debiti per centinaia di migliaia di euro. Si accordò con Salvatore Mondello, imprenditore torinese con il quale aveva avuto in precedenza contatti di lavoro, per cedergli le quote; in cambio, Mondello si sarebbe accollato debiti per 400 mila euro e gliene avrebbe versati altri 150 mila. Dal momento che Mondello non poteva figurare come acquirente a causa di un problema legale, le quote furono intestate ad altre persone, tra cui Antonio Giusto. Nei giorni successivi alla vendita, tuttavia, Francesco e Cipriano Chianese contattarono l’imprenditore sollecitandolo ad accollarsi altri 500 mila euro di debiti firmando alcune cambiali. Al rifiuto di Mondello cominciarono le minacce: l’uomo fu addirittura prelevato a Torino da Francesco Della Corte, oggi collaboratore di giustizia, condotto nel Casertano e obbligato a tornare dal notaio per restituire l’azienda a Chianese. “I Chianese non avevano mai avuto la reale intenzione di dismettere la Mery Trans – scrive il Gip – avevano solo inteso formalmente intestare la società a terzi sui quali sarebbero dovuti ricadere i debiti”. In un primo momento, Antonio Giusto denunciò le pressioni dei fratelli Chianese ai carabinieri; dopo le minacce, tuttavia, “ammorbidì” le dichiarazioni rese e il procedimento fu archiviato. L’inchiesta è stata riaperta in seguito alle dichiarazioni di Francesco Della Corte. Un risiko.

Un gioco a scacchi. Una partita con le carte truccate. Dove le pressioni della camorra e i modi spicci sono la norma in alcuni affari. Torniamo a Cipriano Chianese, il vero dominus. L’inventore dell’Ecomafia. Il brevetto è il suo. Un pezzo grosso. Si pensi solo che all’imprenditore in un primo momento sono stati sequestrati e poi oggi confiscati beni per 82 milioni di euro. E’ solo una piccolissima parte del patrimonio dell’avvocato-imprenditore. Un personaggio che ha saputo organizzare l’intelagliatura dove per anni sulla pelle delle popolazioni ed a scapito dei territori è stata distrutta la Campania Felix trasformandola in un grande, immenso sversatoio. Ma non solo. In generale quello dei rifiuti e della finta emergenza indotta è stato un progetto criminale aberrante dove tutti in un patto tacito e criminale hanno aderito. Un piano che ha visto complicità di entità e pezzi dello Stato ai massimi livelli. Ma Chianese nel suo delirio di onnipotenza aveva pensato anche di eliminare chiunque si frapponesse sulla propria strada. Avrebbe commissionato -come dicevamo-, per un milione di euro, l’omicidio di un magistrato della Dda di Napoli che stava indagando sul suo conto. A rivelarlo è stata la persona incaricata dell’assassinio, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia. L’inchiesta era stata già archiviata, ma è stata riaperta nel 2011 sulla base delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, in precedenza affiliato ai Casalesi, che la Dda di Napoli e la Dia hanno analizzato alla luce di altre precedenti testimonianze di altre persone, di numerose intercettazioni e del contenuto di molti documenti. L’avvocato-imprenditore è considerato dagli investigatori il “colletto bianco” del clan dei Casalesi; la prima ordinanza d’arresto nei suoi riguardi è del 1993, quando fu accusato per associazione mafiosa, insieme ad altri 20 imprenditori del settore dei rifiuti. Venne accertato che i clan del Casertano e del Napoletano, nel 1987, avevano favorito alcuni candidati nelle elezioni politiche e amministrative che si erano detti favorevoli ad autorizzare gli impianti di smaltimento dei rifiuti del Napoletano a ricevere – in piena violazione delle norme – i rifiuti solidi urbani extraregionali. Nell’agosto del 2006, le indagini della Dia hanno accertato che una società riconducibile a Chianese, qualche anno prima, aveva acquistato l’area sulla quale sorgeva un impianto di smaltimento dei rifiuti ottenuto grazie all’intermediazione dei due capizona dei Casalesi Dario Simone e Raffaele Ferrara. L’area e l’impianto vennero sequestrati: Chianese – primo caso in Italia – venne rinviato a giudizio per disastro ambientale ed avvelenamento delle falde acquifere. Il processo è ancora in corso. Soddisfatti gli esponenti di Legambiente: “Con il suo arresto, dopo vent’anni, si riparte dove era arrivata senza concludersi, l’inchiesta Adelphi, la prima grande indagine sulla Rifiuti Spa. L’avvocato Chianese rappresenta l’anello centrale dell’ecomafia dei rifiuti perché per moltissimi anni ha gestito di fatti, come si evince dalle inchieste e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, come una sorta di ministro dell’ecologia il settore rifiuti per conto del clan dei casalesi. Diciamo si riparte perchè dietro il suo silenzio si celano i segreti ed i rapporti tra criminalità organizzata e le lobby – politiche, affaristiche, massoniche – che hanno designato la Terra dei Fuochi come capitale del business dei rifiuti”.

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