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Sentenza shock. Appello di Carlo Ruta per la libertà di stampa

Di Carlo Ruta il . Dai territori, Sicilia

La sentenza siciliana che ha condannato l’ informazione in rete,
ritenendola né più né meno che un crimine, sta suscitando proteste e
allarme sul web e in ogni ambito del paese civile e responsabile. Le
ragioni sono pesanti come pietre. Sono stati attaccati princìpi che
hanno fatto la storia del pensiero democratico: i medesimi per i quali,
nel nostro paese, uomini come i fratelli Rosselli, Piero Gobetti,
Antonio Gramsci, Eugenio Curiel, Giovanni Amendola, hanno speso il loro
impegno e dato la vita. E’ stato puntato e centrato in particolare il
principio della libera espressione che, rappresentativo delle libertà
tutte e momento rivelatorio di uno Stato democratico, costituisce un
cardine della Costituzione repubblicana.

L’attuale governo italiano, che si sta connotando sempre più in senso
illiberale, non può sottrarsi a questo punto al dovere morale di
rispondere al moto di protesta di questi giorni. Basta con gli
infingimenti. Non si aspetti che l’ onda di piena dell’indignazione si
plachi. Si farà il possibile perché non si fermi. E’ in gioco appunto
la democrazia, nella sua frontiera più avanzata e aperta, rappresentata
dalla libera espressione in rete, dalla comunicazione che irrompe e
prorompe in senso orizzontale, che rende i cittadini protagonisti in
modo nuovo. E’ in gioco, come si diceva, la Costituzione che, come ci
ha ricordato Piero Calamandrei, non è nata nei salotti, né nelle stanze
del potere, ma sulle montagne, accanto ai corpi degli uccisi, tra i
fuochi delle città in rivolta.

E’ necessaria una legge subito, che, distante da ogni possibilità di
equivoco sul piano interpretativo, fermi in via definitiva le trame
censorie e repressive dei poteri forti del paese, per vocazione
illiberali e antidemocratici. E’ altresì necessario che il legislatore
prenda atto che l’ informazione sul web non può recare limitazioni di
principio. La rete è un luogo cardine del nostro tempo, in cui la
democrazia prende corpo e voce, con l’ esercizio del confronto. Non può
essere quindi annichilita, come avviene in Iran e in Birmania.

Si fa appello allora alle realtà del web, della comunicazione a tutti
i livelli, del paese civile e responsabile, perché la mobilitazione
continui ad oltranza, con iniziative forti. La sentenza siciliana, come
ha scritto un blogger, potrebbe essere una delle ultime “perle” di una
collana che, giorno dopo giorno, sta mutandosi in un cappio. E si
tratta di fare il possibile perché questo non avvenga. Occorre impedire
che si consumi in Italia il rogo della libera espressione, memori del
resto che i roghi delle idee possono essere preparatori di regimi a
scena aperta.

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