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In 70mila contro il biocidio

di redazione il . Campania

C’era la pioggia e il cielo chiuso dalle nuvole a Napoli lo scorso 16 novembre. Ma le strade sono state tutte aperte dai   70mila  arrivati con bandiere, cartelloni, musica e parole per dire “basta” all’inquinamento criminale del territorio campano. Saremo “un fiume in piena” avevano detto gli organizzatori che hanno lanciato lo scorso 13 novembre durante  una assemblea pubblica l’appuntamento di sabato e le dieci proposte per la riconversione e la bonifica del suolo campano, per chiedere verità e giustizia per il “biocidio” commesso in questi anni: e cosi è stato. “Un crimine  quello commesso in Campania che è il frutto di una triangolazione fatale fra gli interessi economici della camorra, una imprenditoria illegale e pochi controlli delle istituzioni. “Un sistema” – come spiegano i tanti esponenti dei comitati di cittadini presenti nel corteo – che non assolve nessuno e che ha condannato a morte tanti giovani ragazzi. I loro volti sono stati portati in corteo dai familiari che hanno tenuto per tutto il tragitto le loro foto in prima fila dietro lo striscione di apertura. Per le loro vite spezzate da malattie connesse al biocidio si chiede verità e giustizia. Per tutti i cittadini campani si chiede il diritto di sapere qual è la situazione in cui versa il territorio: dalle falde acquifere (ancora tante le polemiche che seguono all’inchiesta de L’Espresso) ai territori agricoli, ai beni di prima necessità.

“La moneta buona scacci quella cattiva” – aveva detto solo qualche ora prima Peppe Ruggiero, dell’ufficio di presidenza di Libera,  dagli studi del TGR Campania lanciando la manifestazione. Il giornalista e autore di “Biutiful cauntri” aveva proprio voluto sottolineare come sia indispensabile conoscere i dati reali del monitoraggio ambientale, i numeri e le caratteristiche di questo inquinamento per poter poi distinguere e “salvare” le zone non contaminate e i terreni in cui invece la produzione alimentare e agricola locale è un punto di eccellenza per tutto il settore e per l’economia della regione. Il corteo composto da mamme e bambini, da uomini delle istituzioni, delle associazioni, da rappresentanti dei vari comitati della Terra dei fuochi attraversa la città e che da piazza Mancini arriva in piazza Plebiscito alle 17.00 e sul palco si susseguono gli interventi di tanti. I primi sono i giovani dei  movimenti studenteschi e le donne responsabili dei comitati delle aree delle province campane più colpite.

Al centro la piattaforma di dieci punti  che fra le altre cose chiede: un monitoraggio e una mappatura del territorio sotto il profilo dell’inquinamento ambientale legato allo sversamento dei rifiuti tossici, l’uso dei soldi confiscati ai boss della camorra per finanziare questi interventi, l’avvio di un piano regionale di bonifiche per i territori contaminati, l’inserimento del reato di delitto contro l’ambiente dentro il codice penale e molti altri interventi da fare subito e con poche semplici mosse. All’interno del corteo tante associazioni, come Libera a Legambiente, che da anni chiedono questa integrazione nel codice penale e che tengono aperti i riflettori sul disastro ambientale campano dal ben prima della desecretazione dell’interrogatorio del pentito Schiavone fatta dalla Camera.

“Tutti sapevano” – questa la frase che torna spesso in questa giornata. In vent’anni oltre dieci milioni di tonnellate di pattume e veleni sono stati trasportati in  Campania. Per gli ambientalisti che da anni lottano per porre al centro dell’attenzione la questione campana a lungo dimenticata e sottovalutata quella del 16 novembre è una giornata storica, di grande coinvolgimento della cittadinanza.

[Servizio di Nello Trocchia]

 “Qualcosa sta cambiando” – spiegano, dopo vent’anni di lotte.  “Oggi siamo qui – siamo un fiume in piena spiegano dal palco – e da questa giornata nasce un movimento in difesa del nostro territorio che non si arresterà finché non avrà verità, giustizia e salute per questa terra”.

 

 

 

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