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Abruzzo, nuove confische di beni
“Le mafie sono ormai radicate”

Di al.ma. il . Abruzzo, Dai territori

L’Abruzzo non è più un’isola felice. E non lo è da tempo. L’ennesima conferma arriva con le nuove confische di beni in mano mafiosa. Fabbricati e terreni in provincia dell’Aquila, riconducibili a Giovanni Spera, figlio d’arte: il padre è il famigerato Benedetto Spera, capomafia di Belmonte Mezzano e fedelissimo di Provenzano, condannato all’ergastolo per le stragi di Capaci e via D’Amelio. Un sequestro che conferma in pieno le denunce di Libera Marsica: “Lo diciamo da tempo – dice il referente locale Giuseppe La Pietra – cosa nostra è infiltrata in maniera capillare, molto c’è ancora da scoprire”.

I beni abruzzesi sono solo una parte del patrimonio confiscato agli Spera. La Dia di Palermo ha confiscato immobili e imprese per un valore di tre milioni di euro, un provvedimento emesso dal tribunale del capoluogo su proposta del procuratore di Termini Imerese. Nella provincia aquilana sono stati apposti i sigilli a quattro appezzamenti di terreno e congelato il conto aperto nella filiale di Capistrello della Banca popolare della Marsica.

Arrestato nel ’99, Spera è stato condannato nel 2002 dalla corte d’appello a 5 anni. Nel 1994 Spera si era trasferito in Abruzzo anche per sottrarsi alla guerra tra cosche rivali scoppiata nel ’91 , a partire dal luglio del 1991, si era scatenata tra la famiglia di appartenenza e fazioni contrapposte. Una fuga, anche il primo passo della strategia di investimenti nella regione

Case, ma anche aziende, probabilmente frutto del riciclaggio di soldi sporchi: in Abruzzo i beni confiscati alle cosche salgono a 24, la metà nella Marsica. “E’ il segno di come la zona considerata meno a rischio sia invece terreno di conquista di cosa nostra e delle mafie. Un allarme che Libera Marsica ha lanciato da anni”. Aprendo la strada all’operazione Alba d’oro, l’inchiesta che ha squarciato il velo sulla realtà abruzzese.

Avezzano, Tagliacozzo, ma anche nei piccoli centri  si accumulano le ricchezze della criminalità organizzata, presenze radicate e ormai assodate. “Adesso le inchieste delle Dda siciliane e campane toccano anche l’Abruzzo – aggiunge La Pietra – anche grazie a Libera, che ha avuto un ruolo fondamentale nel destare l’attenzione sulla questione mafie”. L’attenzione della magistratura: “Le inchieste andranno molto avanti”. E l’attenzione della stampa: “Anche i media locali hanno per lungo tempo oscurato queste tematiche, adesso non è più così”. Non manca il paradosso: “Adesso la gente comincia ad aver paura –  spiega La Pietra – ma bisogna andare avanti con fiducia”. Perché la mafia c’è, ma si può combatterla.

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