Mafie, una priorità da non dimenticare
di Stefano Fantino
Lo scippatore, il mendicante, la prostituta sono tutti casi che toccano da vicino in quanto incidono in maniera molto più evidente sulla realtà quotidiana. E minimizzano le influenze enormi della criminalità organizzata su affari e politica, a livello nazionale e sovranazionale. Il diritto di non vedere abbassata la qualità del vivere quotidiano non può però distogliere l’attenzione dalle vere emergenze nazionali: quelle riguardanti il crimine organizzato. L’opportunità di rimarcare questa lista di priorità è conseguente alle politiche in tema di sicurezza che il governo si appresta a varare. Un pacchetto di decreti leggi che equiparano, de facto, la microcriminalità alla grande criminalità organizzata. Lanciando in maniera indiscriminata un’emergenza. Emergenza reale ma da combattere senza ricorrere a decreti legge o misure straordinarie.
Dopo il rapporto sulla criminalità rilasciato negli scorsi mesi dal ministero dell’Interno, che dipingeva uno scenario di sostanziale rafforzamento delle mafie, la necessità impellente di misure più decise era palpabile. Un passo istituzionale che permettesse l’indagine di rapporti e connivenze. Affinché nei futuri rapporti non trovassero spazio solo le efferatezze delle mafie ma anche le chiare prove dei suoi interessi e dei suoi traffici illeciti. Cedere il passo a una “emergenza microcriminalità”, sostenuta a tamburo battente da gran parte della stampa e della televisione , significa colpevolmente trascurare l’argomento mafie. Argomento che più di certe “emergenze mediatiche” necessita di essere al primo posto nell’agenda del governo. Come ha sottolineato anche Francesco Forgione. «No alla parificazione tra micro e macro criminalità – ha detto il presidente della Commissione Antimafia – il pacchetto sicurezza del ministero rischia di far dimenticare il problema delle mafie». Urgente dunque una netta riconsiderazione delle priorità. Per non abbassare la guardia contro il problema principale: quello della criminalità organizzata. E per non rischiare, tramite la parificazione dei reati, di minimizzare, complice la stampa, la pesantezza del giogo mafioso davanti all’opinione pubblica.
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