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Cristiana Coppola: varare subito anche
in Campania il «Codice etico» antiracket

Paolo Grassi* il . Campania, Dai territori

«Le aziende associate e i loro rappresentanti riconoscono fra i valori fondamentali della Confindustria Sicilia il rifiuto di ogni rapporto con organizzazioni criminali, mafiose e con soggetti che fanno ricorso a comportamenti contrari alle norme di legge e alle norme etiche per sviluppare forme di controllo e vessazione delle imprese e dei loro collaboratori e alterare la libera concorrenza. Gli imprenditori associati adottano quale modello comportamentale la non sottomissione a qualunque forma di estorsione, usura o ad altre tipologie di reato poste in essere da organizzazioni criminali e/o mafiose». C’è scritto così nell’«integrazione al Codice Etico» di Confindustria Sicilia approvata sotto la guida di Ivan Lo Bello. E ieri lo stesso presidente degli imprenditori isolani ha tracciato il bilancio a un anno dall’applicazione della «norma» interna che prevede l’incompatibilità fra l’essere associati a Confindustria e avere rapporti con la criminalità organizzata: dieci imprenditori espulsi e 30 sospesi. Questi ultimi, spiega una nota, se non decideranno di collaborare saranno espulsi; dieci associati si sono invece «allontanati spontaneamente prima dell’adozione del provvedimento estremo».

Dopo l’approvazione del Codice etico, d’altro canto, 64 imprenditori hanno deciso di collaborare attivamente con le forze dell’ordine denunciando gli estortori o «confermando le evidenze investigative, prima erano meno di 5». Una battaglia di civiltà — quella lanciata da Lo Bello — che trova, e non da oggi, il pieno sostegno di Cristiana Coppola. La vicepresidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno, infatti, sin da quando era alla guida della federazione della Campania, ha lavorato sodo affinché la linea isolana trovasse spazio anche nel resto del Sud. A cominciare, proprio, dalla sua regione. 

 Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia Presidente Coppola, la cura-Lo Bello sta dando i suoi primi importanti risultati. Contenta?
«Altroché. Quello che sta avvenendo in Sicilia premia una strategia giusta. Il ruolo giocato da un’associazione regionale come quella guidata da Lo Bello è molto forte e molto importante. Sancisce un concetto secondo me ineludibile: se non c’è un’inversione di tendenza culturale che parte da noi impreditori non può esserci una risposta seria al problema della criminalità che soffoca lo sviluppo del Sud».
Quindi lei condivide che anche l’assoggettamento al potere dei clan, attraverso il pagamento del pizzo, è una condizione non compatibile con l’associazione.
«Il pagamento del pizzo rappresenta uno spartiacque tra la legalità e l’illegalità. Non bisogna superare quel limite, o si deve fare marcia indietro. Se l’imprenditore denuncia, ovviamente, dovrà avere la massima collaborazione dell’associazione, che deve diventare uno scudo. Dobbiamo prendere esempio dalle associazioni antiracket: il sistema confindustriale deve fare affiancamento ed essere sostegno per chi decide di liberarsi di questo enorme peso».
Secondo lei anche le altre associazioni meridionali devono adottare, nella realtà, un Codice sul modello sicliano?
«Dobbiamo fare tesoro dell’esperienza isolana ma anche di tutte le altre iniziative positive e concrete adottate sui vari territori. E dobbiamo fare in modo che diventino patrimonio comune per tutte le associazioni del Mezzogiorno».
Lei in Campania ha avviato la pratica.
«Sì, sotto la mia presidenza chiesi al direttivo di seguire l’esempio siciliano».
Poi è stata chiamata alla vicepresidenza nazionale.
«Ma sono sicura che anche la Campania si adeguerà nella pratica al più presto. Lo spero e lo chiedo. Del resto anche se non mi risulta ci siano già state espulsioni, so che nel casertano sono state decise alcune sospensioni».
Confindustria sta per lanciare una serie di manifestazione per la legalità. Il primo appuntamento è in calendario a Caserta il prossimo 26 settembre: ci saranno Emma Marcegaglia e i segretari generali nazionali di Cgil, Cisl e Uil. Qual è l’obiettivo?
«Creare movimenti di sensibilizzazione e dimostrare la vicinanza agli imprenditori e i lavoratori. La legalità è uno dei quattro punti prioritari della presidenza Marcegaglia. La crisi del Mezzogiorno è civile e istituzionale, prima ancora che economica ha sostenuto il nostro leader nell’intervento all’assemblea annuale di Confindustria, ponendo conseguentemente al centro l’esigenza di interventi sul contesto civile ancora prima che su quello economico ».
Liberta economica frenata, dunque.
«L’insufficienza delle regole di convivenza in molte aree del Mezzogiorno rappresenta un grave ostacolo alla nascita e allo sviluppo di imprese di mercato. Il condizionamento della criminalità organizzata sulle attività legali costituisce quella sorta di “zavorra” dell’economia meridionale che impedisce alle molte attività produttive dell’area di espandersi, in quest’ottica è la sulla sfida del rafforzamento di condizioni di libertà economica che si giocano le possibilità di sviluppo del Mezzogiorno».

Quindi è su questo terreno che si deve agire.  «È in primo luogo su questo terreno che si giocano molte delle possibilità di rendere il Mezzogiorno una regione normale dell’Europa, presupposto anche per un recupero dei livelli di sviluppo economico. E’ un dato acquisito che per un efficace contrasto alle frequenti aggressioni che la criminalità organizzata porta alle attività imprenditoriali non è sufficiente solo l’intervento delle istituzioni ». 

Quindi occorre, come diceva prima, una presa di coscienza anche da parte del sistema imprenditoriale.
«Occorre, perché tale contrasto abbia pieno successo, anche una decisa presa di coscienza della complessità e gravità del fenomeno da parte delle imprese, che devono porre in essere iniziative idonee ad affiancare l’impegno preminente delle forze dell’ordine e della magistratura»

Fonte: Corriere del Mezzogiorno

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