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La Chiesa nel mirino della camorra

Di Pietro Nardiello il . Campania, Dai territori

Quasi quindici anni fa a Casal
Di Principe un killer della camorra assassinò, nella sacrestia della
parrocchia, don Peppe Diana colpevole, secondo gli assassini, di essere
una sorta di prete rivoluzionario che auspicava, finalmente, l’avvento
di una chiesa nuova più presente tra la gente con i suoi sacerdoti
i quali, una volta e per sempre, avrebbbero dovuto abbandonare le sacrestie
per occupare le strade dove emergevano le difficoltà quotidiane. Ma
non fu solamente questa presa di posizione, che pure non piacque a tanti
suoi colleghi abituati, semplicemente, all’esercizio ordinario del
sacerdozio, ma anche la ferrea avversione nei confronti di quel cancro
definito camorra che causa la morte di persone e territori.

Il prossimo
19 marzo ricorrerà l’anniversario di quella barbara esecuzione ma
la Chiesa locale quando si parla di don Peppe Diana invoca, ancora oggi,  “tanta prudenza”. La figura di don Peppe continua a dare fastidio
anche dopo la morte e la chiesa, che ancora non si comprende bene realmente
cosa voglia rappresentare sul territorio dell’agro aversano, dove
la camorra sembra essere più Stato che anti Stato, preferisce il silenzio
che una riabilitazione del suo sacerdote. Dopo Don Peppe a Forcella,
nel rione napoletano passato agli onori della cronaca per l’omicidio
dell’innocente Annalisa Durante, è la volta di Don Luigi Merola,
altra figura scomoda che, dopo aver cercato di creare un vero e proprio
coordinamento tra le realtà presenti su quel territorio, dove mancava
anche l’ufficio postale, ed aver subito una serie di minacce è stato
rimosso perché quelle strade erano diventate per lui troppo pericolose.

Purtroppo sembra che in terra di camorra si preferisca rimuovere, con
ogni mezzo, quelle figure che possono diventare degli interlocutori
e dei collanti facendo emergere quella qualità umana che può veramente
contribuire al cambiamento di quei territori di frontiera che sono oggettivamente
delle vere e proprie terre di nessuno. Come se non bastasse nei giorni
scorsi è stata la volta di Don Ciro Demarco, parroco della chiesa “Madonna
del Suffragio” in località Marra, una zona di confine tra Boscoreale
e Scafati, due centri della provincia di Napoli e Salerno.

Anche in questo caso ci ritroviamo
dinanzi ad un parroco che preferisce l’utilizzo della parola al silenzio,
l’azione tra la gente piuttosto che il rifugio negli uffici parrocchiali
invocando, senza aver paura, l’aiuto di quello Stato completamente
assente da questi parti.

La risposta criminale non si
è fatta attendere, l’autovettura del parroco è stata bruciata mentre
qualche giorno prima di quest’azione un ragazzino, ha riferito il
sacerdote, si è introdotto nella chiesa invitandolo a cambiare condotta.
Un messaggio chiaro, la camorra utilizza per il controllo del territorio
anche i giovani in erba allevandoli secondo le direttive del crimine
che in queste zone rappresentano gli unici codici che vengono rispettati.
E’ partita anche una colletta con la quale si raccoglieranno i fondi
per riacquistare l’autovettura a Don Ciro. Ma queste azioni, seppure
importanti, non mancano all’agire di queste popolazioni da sempre
considerate con “buon cuore”. A portare il suo messaggio di solidarietà
al sacerdote è intervenuto anche il vescovo di Nola, monsignor Beniammino
Depalma il quale, durante l’omelia della messa domenicale, ha ribadito
come questo sacerdote “sia un esempio da seguire in un territorio
ostaggio dell’illegalità”. In chiesa erano presenti oltre ad un
numero cospiquo di fedeli anche alcuni sindaci con i propri gonfaloni.
Nei prossimi giorni da Boscoreale e Scafati partiranno due fiaccolate
di solidarietà alle quali, lo ha ribadito proprio durante la celebrazione
eucaristica, sarà presente anche il vescovo.

Inutile tacerlo, in terra di
camorra non c’è assoluta libertà di pensiero e di azione. Dove lo
Stato e le forze sociali mancano la camorra non ha paura di compiere
azioni poco gradite a quell’opinione pubblica, che pure le offre un
tacito consenso ed appoggio, intimidendo un prete che dimostra di avere
tanto coraggio. Don Ciro in queste ore ha sdrammatizzato, dicendo che
si tratta di azioni di semplici ragazzini che emulano i grandi camorristi.
Si questo è vero, ma va ricordato che anche in terra di camorra non
si tocca un sacerdote solo per voglia di arrivismo e di emulazione di
qualche adolescente. Quest’ennesima azione violenta ai danni di un
sacerdote rappresenta un campanello di allarme da non sottovalutare
qui, dove lo Stato non c’è, la camorra non esita a mettere
il bavaglio a nessuno, soprattutto a coloro che potrebbero rubargli
i suoi futuri soldati da arruolare nell’esercito della morte.

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