Caso De Magistris. Respinto il ricorso contro il trasferimento
Il pm Luigi de Magistris via da Catanzaro. Per la seconda volta in dieci anni. Dopo avere messo sotto accusa i poteri forti e denunciato le collusioni tra politica, imprenditoria e magistratura, il magistrato napoletano è uscito sconfitto dal duro braccio di ferro con i suoi detrattori. L’11 luglio la Cassazione ha rigettato il suo ricorso contro il trasferimento disposto dal Csm il 18 gennaio. La Cassazione non è entrata nel merito della vicenda, ma si è fermata di fronte a una questione tecnica, definendo inammissibile il ricorso del pm “perché presentato in ritardo”. Una questione che ha infranto il sogno del pubblico ministero campano di vedere bloccato quel trasferimento che tanti avevano voluto e cercato con ostinazione. A chiedere per primo di allontanare De Magistris da Catanzaro fu, infatti, l’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, sulla base dei risultati di alcuni ispezioni ministeriali relative alle indagini “Poseidone”, “Toghe lucane” e “Why not”.
In quest’ultima inchiesta, oltre all’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, lo stesso Mastella fu indagato per abuso d’ufficio, finanziamento illecito ai partiti e concorso in truffa ai danni dello Stato e dell’Unione Europea. E se pure la sua posizione è stata recentemente archiviata dal gip di Catanzaro, in autunno fu proprio l’iscrizione del guardasigilli nel registro degli indagati a causare l’avocazione dell’inchiesta. Con uno straordinario tempismo, infatti, a distanza di poche ore dall’iscrizione firmata da Luigi de Magistris, il quotidiano Libero ne pubblicò la notizia e, dopo altre poche ore, il procuratore generale facente funzioni Dolcino Favi, avocò a sé l’indagine, con la motivazione che il pm napoletano era incompatibile ad indagare su quel ministro che ne aveva già chiesto il trasferimento. Nel provvedimento di avocazione, però, non si faceva cenno al fatto che in realtà l’indagine su Clemente Mastella – e sui suoi rapporti con alcuni dei principali indagati di “Why not” – andava avanti già da qualche mese e che era stato proprio il guardasigilli a cadere per primo nel conflitto d’interessi nel momento in cui aveva chiesto al Csm l’allontanamento del magistrato che già stava effettuando degli accertamenti su di lui. Un particolare, quest’ultimo, evidentemente non trascurabile se è vero che oggi la Procura della Repubblica di |Salerno (competente ad indagare sui magistrati di Catanzaro) ha iscritto Dolcino Favi nel registro degli indagati per il reato di abuso d’ufficio e sta verificando se quell’avocazione non sia avvenuta in maniera illegittima.
Di illegittimità, o presunte tali, del resto, la storia recente del pm Luigi de Magistris sembra essere piena. Ci sono quelle disciplinari, che a lui sono state attribuite e a causa delle quali è stato disposto il trasferimento, e quelle penali di cui la Procura di Salerno lo ha ritenuto innocente, chiedendo l’archiviazione dei numerosi procedimenti a suo carico. Per quanto riguarda le prime, a gennaio, il Csm ha usato il pugno di ferro, andando addirittura oltre le richieste della Procura generale, che aveva sollecitato per De Magistris solo l’abbandono della funzione requirente per quella giudicante. Il Consiglio superiore, presieduto da Nicola Mancino, invece aveva disposto il trasferimento di sedi e di funzioni, comminando anche la sanzione della censura.
I tentativi del magistrato di discolparsi, assistito dall’ex presidente di Cassazione Alessandro Criscuolo, in ogni caso, davanti al Csm erano risultati vani, ed altrettanto inutile è risultato il tentativo più recente di far annullare la sentenza di trasferimento dalla Corte di Cassazione. Ben diversamente, invece, sono andate le cose davanti alla Procura di Salerno, dove il pm ha reso circa quaranta interrogatori, sviscerando da ogni punto di vista la vicenda che lo ha visto protagonista. Ai magistrati campani Luigi de Magistris ha raccontato una per una le sue indagini, il tentativo di capire come fossero scomparsi i finanziamenti europei destinati all’emergenza ambientale di “Poseidone”, le verifiche sulla magistratura di Potenza e Matera di “Toghe lucane” e quelle sugli appalti nel settore del lavoro interinale di “Why not”.
Ha parlato dei tentativi, effettuati per anni, di fermare le inchieste che avevano come protagonisti pezzi grossi della politica e dell’imprenditoria e delle indebite pressioni subite dall’interno del suo stesso ufficio. A Salerno il pm ha portato atti, ricostruzioni, rassegna stampa. Ha cercato di discolparsi e, a quanto pare, ci è riuscito fin troppo bene. All’inizio di giugno, infatti, il pm Gabriella Nuzzi ed il procuratore capo Luigi Apicella hanno prodotto una richiesta di archiviazione di oltre 900 pagine, nella quale hanno completamente capovolto il teorema accusatorio sulla base del quale hanno iniziato le indagini. De Magistris – hanno scritto – non è responsabile di alcun illecito penale: non ha abusato dei suoi poteri di magistrato, non ha compiuto perquisizioni illegittime, non ha calunniato i suoi colleghi catanzaresi né gettato discredito su di loro. Infine, non ha avuto rapporti privilegiati con alcuni giornalisti. Al contrario – hanno affermato i magistrati di Salerno – Luigi de Magistris è stato vittima di una strategia di delegittimazione, finalizzata ad ostacolarne il lavoro e a bloccarne le indagini.
L’affermazione è delle più pesanti. I magistrati che la sottoscrivono se ne assumono in pieno la responsabilità e, nella richiesta di archiviazione, lasciano intravedere la possibilità che il “caso De Magistris” si sia completamente capovolto. Il pm napoletano, grande accusato, oggi è considerato innocente e chi aveva puntato il dito contro di lui viene invece accusato di averlo fatto nell’ambito di una strategia ben precisa, finalizzata all’allontanamento di quel magistrato “scomodo” da Catanzaro e dalle sue indagini fin troppo scottanti. Nel gran calderone della Procura di Salerno, oggi, ci sono tutti. Magistrati calabresi e lucani. Politici e giornalisti. I vertici degli uffici giudiziari di Catanzaro: l’ex procuratore capo Mariano Lombardi e l’avvocato generale dello Stato Dolcino Favi, il procuratore aggiunto Salvatore Murone e il presidente del Tribunale del Riesame Adalgisa Ritardo, solo per citarne alcuni. Ci sono politici, come l’ex presidente della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, e il senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, che è anche l’avvocato di molte persone indagate da De Magistris. Le ipotesi di cui gli indagati devono rispondere a vario titolo sono molto gravi: perché parlano di corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio e calunnia.
Senza dimenticare i giornalisti. Chiesta l’archiviazione per quelli che erano stati etichettati come “gli amici” di de Magistris, i pm di Salerno hanno evidenziato come le vere fughe di notizie relative alle indagini “Poseidone”, “Why not” e “Toghe lucane” siano state ben altre rispetto a quelle individuate dalle Procure di Catanzaro e di Matera e come siano state tutte finalizzate ad ostacolare il lavoro di De Magistris. Inoltre le Procure di Catanzaro e di Matera sono state messe sotto accusa, per l’indebita utilizzazione dell’attività di indagine nei confronti di alcuni giornalisti, che sarebbero stati oggetto di campagne di delegittimazione che andavano di pari passo con quelle di cui era protagonista il pm. La situazione, al momento, è delle più paradossali. Perché mentre la Cassazione conferma la durissima decisione del Csm, imponendo al magistrato il trasferimento di sedi e di funzioni, i pubblici ministeri di Salerno vanno nella direzione opposta. La parola, a questo punto, passa al gip della città campana, che deve pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione, nei confronti della quale molti denuncianti hanno già presentato opposizione. Contestualmente i magistrati che conducono le indagini sui colleghi catanzaresi e lucan
i devono tirare le somme della loro attività e decidere chi deve essere ritenuto responsabile del presunto piano per “eliminare” de Magistris.
La fine della storia, dunque, è ben lontana dall’arrivare. Di certo per ora, c’è solo che il sostituto procuratore che ha messo sotto accusa le collusioni tra i poteri forti, portando alla luce l’esistenza di comitati d’affari che in Calabria e in Basilicata gestiscono soldi e potere, deve andare via da Catanzaro. De Magistris ha perso e qualcun altro, invece, ha vinto. Per ora. Perché, in realtà, la decisione della Cassazione potrebbe essere appellata davanti alla Corte di giustizia europea, oppure il magistrato potrebbe chiedere la revisione del procedimento alla luce delle decisioni che i colleghi di Salerno prenderanno in merito alla sua vicenda. Intanto De Magistris si prepara ad andare via. E, negli ultimi giorni di servizio nel capoluogo calabrese, chiude uno ad uno tutti i capitoli della sua attività. Nei giorni scorsi ha depositato, infatti, la richiesta di rinvio a giudizio per 202 persone accusate di illegittimità nelle assunzioni del personale Ata delle scuole, poi è toccato a cinque funzionari regionali coinvolti in una vicenda relativa ad incarichi esterni affidati illecitamente. A breve sarà la volta di chiudere “Toghe lucane”. Per la Basilicata, e la sua magistratura, non sarà un bel momento.
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