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“Scacco Matto” : qualcosa sulla mafia agrigentina

Di Gaetano Alessi il . Dai territori, Sicilia

Scacco Matto”! 34 tra presunti uomini d’onore e loro fiancheggiatori sono finiti in galera. No, non è né il titolo né la trama di un nuovo libro del Commissario Montalbano ma un’operazione delle forze dell’ordine in quel lembo della Sicilia, bagnato dal mare africano, chiamato provincia di Agrigento.

Burgio, Ribera, Sciacca, Lucca Sicula, paesi più o meno piccoli per la cartina geografica, ma luoghi di grande potere per “Cosa Nostra”.

Tre gli uomini dello Stato impegnati nell’inchiesta: i Pm della DDA di Palermo Gianfranco Scarfò e Rita Fulantelli e il sostituto procuratore di Sciacca Salvatore Vella.

L’ipotesi accusatoria, frutto di tre anni di intercettazioni telefoniche e ambientali, descrive una mafia capace di controllare in maniera capillare i subappalti nel settore delle opere pubbliche e infiltrarsi facilmente anche in qualche grande investimento privato: l’acquedotto Favara di Burgio, lavori stradali tra Sciacca e Menfi, il golf resort Verdura di sir Rocco Forte e numerosi investimenti turistici.

Oltre le intercettazioni ed il lavoro investigativo a dare peso a tutto questo le deposizioni degli imprenditori che, come ha avuto modo di dire un’investigatore: “Quando si decidono di parlare, lo fanno per ore”.

Non tutti però. Alcuni tacciono, dopo aver acconsentito per anni al taglieggiamento selvaggio.

Però c’è qualcosa di nuovo in questa operazione, un segnale pericoloso per la mafia, dato che lo “Scacco Matto” dello Stato è avvenuto in una zona fino ad ora intoccabile.

Siamo a Sciacca, ad un tiro di schioppo quella provincia di Trapani, dove la mafia fa paura e in cui “regna” incontrastato Matteo Messina Denaro.

Gli arrestati e i fermati dell’operazione hanno pedigree criminali di tutto rispetto.

Accursio Dimino presunto capo mafia di Sciacca, Gaspare Schirò ritenuto capofamiglia di Menfi, Calogero Rizzuto, ritenuto capofamiglia di Sambuca di Sicilia, Gino Guzzo, ritenuto capofamiglia di Montevago nonché capo mandamento del Belice, su di loro, già ampiamente noti alle Forze dell’Ordine, e su altri 34 fermati girano storie d’ appalti, amicizie,contiguità politiche, corruzioni, pressioni, minacce e intimidazioni a imprenditori che non si fermavano, come nel caso della “famiglia” Capizzi di Ribera (gruppo legato al boss latitante Giuseppe Falsone, di Campobello di Licata, ritenuto il capo di Cosa Nostra ad Agrigento), neanche d’innanzi hai protetti di Messina Denaro.
Una storia su cui pare la magistratura ha scritto la parola fine.”Scacco Matto”..appunto.

www.gaetanoalessi.blogspot.com

 

 

 

 

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