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Rassegna stampa 17 giugno 2013

di redazione il . Rassegne

Sette anni e quattro mesi di reclusione. Questa la pena chiesta dai pm Andrea Tarondo e Paolo Guido per l’ex sottosegretario Antonio D’Alì, politico trapanese, sotto processo a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Su “Il Fatto Quotidiano.it”l’approfondimento di Rino Giacalone, firma di Libera Informazione. Per il giornale on line diretto da Peter Gomez il giornalista trapanese scrive:  Durante la requisitoria i due pm hanno descritto il contesto sociale trapanese dove tanti negano l’esistenza della mafia e dove D’Alì “è stato anello di collegamento tra la società civile e l’organizzazione mafiosa”. Gli sono contestati episodi di riciclaggio, 300 milioni di lire (un’operazione semplice, secondo l’accusa, per chi come lui controllava una banca, la Banca Sicula); la fittizia vendita di un terreno ai Messina Denaro, e appalti favorevoli a una serie di imprenditori “chiacchierati”.  Nel periodo in cui era sottosegretario all’Interno avrebbe tentato di ottenere la “cacciata” da Trapani di alcuni investigatori, spingendo perché il governo Berlusconi nell’estate 2003 procedesse a quello che risultò essere l’improvviso trasferimento del prefetto di Trapani dell’epoca, Fulvio Sodano, inviso ai mafiosi perché aveva tolto di mano loro i beni confiscati e impedito l’assalto ad una delle imprese più ghiotte, la Calcestruzzi Ericina. Agli atti del processo c’è anche la testimonianza dell’ex moglie di D’Alì, Antonietta Picci Aula, che ha detto di avere visto un giorno arrivare al marito il telegramma di un boss dal carcere che si lamentava di essere stato dimenticato dal marito, e gli appalti milionari per i porti di Trapani a Castellammare del Golfo finiti “grazie a D’Alì” in mano di imprese mafiose.

Dai rapporti mafia e politica passiamo al riutilizzo sociale dei beni confiscati. Solo poche settimane fa è stata depositata alla Camera la raccolta di firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare che “riattivi” il lavoro sui beni confiscati alle mafie. In particolare, quelli attualmente in crisi, ovvero le aziende. Così da un convegno organizzato a Catania fa sentire la sua voce il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. La notizia lanciata dall’Ansa fa il giro dei principali quotidiani – dal Mattino a Repubblica Palermo. 

 

 

 

 

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