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L’imprenditore colluso e la politica silente

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

L’arresto a Trapani dell’imprenditore edile marsalese Salvatore Di Girolamo, conferma che non c’è solo l’imprenditore che paga il «pizzo», che è vittima della mafia, ma anche quello che è socio di Cosa Nostra e gestisce gli appalti. «Ha detto bene – risponde il questore di Trapani Giuseppe Gualtieri, numero uno della Polizia a Trapani dopo la promozione per la cattura a Palermo (dove dirigeva la Mobile) del super boss Bernardo Provenzano – . Per noi non è una bella cosa la mattina aprire il giornale e leggere che a Palermo un imprenditore fa arrestare i suoi estorsori mentre a Trapani è l’imprenditore esso stesso estorsore ed è esso stesso ad essere arrestato. Sicuramente nella dinamica degli appalti Cosa Nostra agisce con taluni imprenditori, non con tutti, perchè vi è una gran parte degli imprenditori che fa economia, che è sana e che è quella che vogliamo preservare, però per uscire da questa spirale è necessario un grande impegno sopratutto da parte degli imprenditori».

Il questore ha deciso di incontrare gli imprenditori. Ha visto i vertici di Confindustria e dell’antiracket, ma ancora nei prossimi giorni ha fatto sapere che incontrerà altri esponenti dell’imprenditoria locale. Cosa vi siete già detti e cosa dirà ancora? «Per dire quello che già si sa, per dire che c’è coscienza del fenomeno, che ci sono tante iniziative investigative in corso, per dire che noi sappiamo le difficoltà che gli imprenditori incontrano, perchè per lavorare debbono entrare in un circolo vizioso e noi vogliamo rompere questo circolo, vogliamo che l’imprenditore lavori per quello che ha e quindi capacità, idee, efficienza, risorse, e non perchè appartiene a questa o a quella cordata mafiosa, perchè sennò non vi è impresa ma solo monopolio, e siccome gli imprenditori di questo si stanno rendendo conto e di ciò devo dare atto a Confindustria che ha fermamente intenzione di attuare questo cambio di mentalità, lo hanno qui testimoniato il presidente Durante e il presidente dell’Antiracket Salermo. Attraverso questi incontri, la creazione di un tavolo permamente, noi possiamo anche capire, avere suggerimenti, perchè la nostra opera non sia solo repressiva ma aiuti questo cambio di mentalità senza il quale la repressione diventa inutile e quasi fastidiosa».

Non c’è a Trapani però adeguata consapevolezza al fenomeno. Ci sono sindaci, e uno di questi è stato il sindaco di Trapani avv. Girolamo Fazio, che per iscritto ha posto la sua idea, la mafia esiste perchè c’è una antimafia che ne trae benefici. Non che nell’antimafia vada tutto bene, ma la mafia è sempre quella dei morti ammazzati e delle stragi, degli appalti pilotati e degli operai sfruttati, messi a lavorare con il rischio di perdere anche la vita, e non bisogna dimenticarsene. Ci sono altri sindaci, come quello di Erice Giacomo Tranchida che invece ogni giorno danno segnali chiari, in controtendenza di una politica che vuole espellere dal corpo sociale i mafiosi, i complici, gli ignavi. E poi c’è il silenzio come quello «scoppiato» dopo l’arresto dell’imprenditore Di Girolamo, uno che la politica pare la conoscesse bene perchè uso a corromperla, assieme ai funzionari pubblici. E allora sembra essere scontata la risposta alla domanda su cosa è che manca nel territorio nella lotta alla mafia?

«Manca la condivisione di tutti quanti – osserva Gualtieri – È vero che larghe fasce di cittadini hanno preso coscienza del fenomeno e sono dalla nostra parte, gran parte dei politici hanno capito che la mafia è una palla al piede, ci sono gli amministratori pubblici che vogliono realizzare le opere, ma bisogna avere la consapevolezza che si può avere sviluppo solo con la legalità, ma bisogna volerlo e volerlo tutti, perchè se qualcuno prende una scorciatoia è favorito sul mercato rispetto a chi non la prende. Le indagini hanno dimostrato che senza il burocrate complic, il politico ammiccante, l’imprenditore colluso, l’imbroglio non si può fare, se ogni categoria, anche dentro le Istituzioni, fa la sua parte con il massimo della sobrietà possibile questa battaglia si vince tranquillamente, la mafia sarà la patologia del sistema e non la fisiologica normalità, noi vogliamo che la mafia che continuerà ad esserci non siamo degli illusi, resti un fenomeno da curare e non impregni il mondo di lavoro dove deve starci la gente di buona volontà e che vuole crescere».

L’ultimo dei  “pupari” ha un nome, Matteo Messina Denaro.
«Sicuramente il fatto che è latitante fa paura, ma non voglio che sia un comodo alibi per nessuno. La mafia – dice Gualtieri – è un meccanismo perverso e però la presenza di Messina Denaro, l’ultimo dei corleonesi, non può essere un alibi. C’è una cosa che si chiama mafia e che è nelle nostre menti e va estirpata». A spiegare il contenuto delle ultime indagini è il capo della squadra Mobile vice questore Giuseppe Linares. «Affiancoad una serie di soggetti che sono sottoposti al racket – dice – continua ad esistere una “zona grigia”, una struttura imprenditoriale parallela, una struttura che fa capo ai vertici di Cosa Nostra, una struttura dedita essenzialmente al controllo occulto degli appalti». Una mafia che cambia volto? «Esiste – risponde Linares – una mafia di natura imprenditoriale, fatta da “colletti bianchi” e che si muove con l’atteggiamento intimidatorio tipico dell’organizzazione mafiosa, dentro enti locali e stazioni appaltati, per corrompere i funzionari e intimidire i concorrenti alle gare di appalto, violando lenorme del libero mercato».
In questa indagine ci sono stati imprenditori che hanno collaborato?

«Si – conferma il vice questore Linares – il dato che è da auspicare è che vi sia una escalation di queste collaborazioni, ci sono stati imprenditori che hanno ammesso il rapporto con questa struttura parallela. Di Girolamo condannato per turbativa d’asta a due anni risulta non avere esitato di rientrare nel circolo vizioso».

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