L’appello di Congiusta: le istituzioni siano parte civile
Un appello agli enti locali: costituitevi parte civile al processo contro il boss Tommaso Costa. Per dare un segnale forte contro la ‘ndrangheta, un male che lede i diritti primari dei cittadini, «principalmente quello sacro della vita di tanti cittadini calabresi onesti». Per ripulire «l’immagine della nostra amata Calabria». Per tenere viva la speranza di chi crede che una Calabria senza la ‘ndrangheta sia possibile. Un appello che è anche un messaggio d’amore: gli auguri di un padre, Mario Congiusta, al figlio che non c’è più, gli auguri nel giorno del suo compleanno, il 19 dicembre. Auguri Gianluca.
Congiusta non si arrende, va avanti senza fermarsi mai. Da quando quel 24 maggio del 2005 il figlio è stato assassinato a Siderno, la sua città. Ammazzato in modo brutale, a fucilate. Per mesi Mario ha chiesto la verità, ha chiesto di sapere perché un giovane di 31 anni è stato ucciso a sangue freddo. Verità e giustizia. Mario si è rivolto alle istituzioni, ai prefetti, al governo, ai ministri, ai magistrati, al presidente della Repubblica. E anche ai mafiosi. Scioperi della fame e proteste, provocazioni e richieste di aiuto, impegno costante con la Fondazione che porta il nome di Gianluca (www.gianlucacongiusta.org).
Dopo mesi di battaglie spesso inascoltate, una primo punto fermo. Per gli inquirenti l’assassino di Gianluca ha un volto e un nome: Tommaso Costa. Il boss sidernese avrebbe deciso di uccidere il giovane commerciante per punire quello che riteneva fosse uno sgarro. Gianluca Congiusta si era adoperato per “salvare” il futuro suocero da un’estorsione. Una richiesta di pizzo, imposta da Tommaso Costa. La lettera estorsiva era finita nelle mani di uomini del clan Commisso. Costa avrebbe deciso così di uccidere Congiusta, anche temendo la vendetta del clan avverso che negli Anni 90 vinse la guerra di mafia sterminando gran parte dei Costa e degli affiliati. Un omicidio che sarebbe dovuto servire da monito. E sulla morte di Gianluca è calato il silenzio. L’omertà. Di tutti. Un clima rotto dal padre Mario, che si è battuto e continua a battersi. Anche dopo la cattura di Tommaso Costa, a gennaio, che continua a dichiararsi innocente (ha anche scritto una lettera aperta dal carcere alla famiglia Congiusta).
Continua Mario la sua battaglia di verità, per Gianluca, per la Locride, per la Calabria. E lo fa chiamando in causa gli enti locali. In un appello, Congiusta chiede che le istituzioni locali e regionali si costituiscano parte civile nel processo contro esponenti del clan Costa, accusati di associazione mafiosa. Dal sindaco Alessandro Figliomeni ai consiglieri comunali sidernesi, dal governatore Agazio Loiero al presidente della Provincia Pinone Morabito, e poi ancora il presidente dell’associazione dei comuni della Locride Sisinio Zito e il presidente del comitato dei sindaci della Locride Salvatore Galluzzo, tutti chiamati alla responsabilità. A prendere una posizione anti-‘ndrangheta in vista dell’udienza preliminare del procedimento Costa Tommaso+17, fissata per il 2 gennaio 2008.
Costituirsi parte civile per fare della lotta alla ‘ndrangheta una battaglia globale, di principio, condivisa. Con le istituzioni in prima linea. Una battaglia iniziata proprio nella Locride, negli Anni 70: la prima presenza di un comune a un processo di mafia è stata quella di Gioiosa Ionica al processo contro il clan Ursini. Un primato frutto dell’impegno dell’allora sindaco Francesco Modafferi. Un’arma che con il tempo è diventata fondamentale, in tutt’Italia. Costituirsi parte civile e chiedere addirittura il risarcimento danni in sede civile, come ha fatto l’ex sindaco di Rosarno Peppino Lavorato, vincendo una storica causa nel luglio scorso: per la prima volta una cosca (quella dei Piromalli) è stata condannata a risarcire un comune (il centro nella Piana di Gioia Tauro) per i danni provocati dalla presenza della criminalità organizzata (nove milioni di euro). Un altro primato calabrese.
Portare la lotta alla ‘ndrangheta nei tribunali, con tutto il peso delle istituzioni. È su questo che Mario Congiusta sfida la politica calabrese, per far fare un salto di qualità all’antimafia. E allora occorre schierarsi per «far valere i propri diritti, in questo processo, contro una delle più agguerrite e sanguinarie cosche mafiose che la vede imputata di gravi reati perpetrati sul territorio di Siderno, della Locride e della Calabria». Mario Congiusta annuncia così la sua nuova battaglia: «Mi costituirò parte civile in questo processo come parte lesa». Con un motivo in più per vincerla, questa battaglia: Mario dice inoltre di «aver deciso che eventuali somme percepite a titolo di risarcimento saranno ripartite e devolute ad associazioni no profit con sede nella Locride». Per far crescere sempre di più la società civile e togliere spazio alla ‘ndrangheta. Auguri Gianluca.
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