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Luigi Ciotti:”Certe fiction mitizzano i boss”

di Michele Docimo il . Senza categoria

“Certe produzioni, come Romanzo Criminale, rischiano di mitizzare certi personaggi della mafia, piuttosto di chi lotta contro”. Ha tuonato così, nei giorni scorsi, al festival della televisione di Dogliani il presidente di Libera Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie, don Luigi Ciotti. Ed in effetti, negli ultimi mesi, polemiche in fatto di fiction tv e mafie non sono affatto mancate. Nell’agro aversano il pomo della discordia è stato il serial “Il clan dei camorristi” che propone le avventure romanzate di un tale “malese”, camorrista di una fantomatica Castello d’Aversa, ispirato all’ascesa di Francesco Schiavone alla guida del clan dei Casalesi. La fiction se da un lato è stata un successo di audience, dall’altro ha suscitato più di un vespaio di polemiche con addirittura il sindaco di Aversa, Giuseppe Sagliocco, che arrivò a dichiarare al collega Nicola Rosselli de “Il Mattino”. «Chiederemo i danni. Mettere in scena con quelle modalità l’ascesa dei Casalesi, rischia di enfatizzarle. Il nostro è un territorio sano, anche se il fenomeno esiste, e non possiamo piegarci alle generalizzazioni. Legalità e trasparenza tramutati in azioni. Aversa e l’Agro sono fatte da persone perbene, stiamo lentamente riprendendo il controllo del territorio».

Valerio Taglione, coordinatore del Comitato don Peppe Diana (il sacerdote ucciso dalla barbarie camorristica nella sua chiesa nel ‘94) sempre in una intervista al Mattino ha dichiarato «È una polemica che non mi appassiona più di tanto. Mi fa quasi sorridere. Quando la fiction era in ripresa riuscimmo a far cambiare il nome da Clan dei Casalesi in Clan dei Camorristi. Mi dispiace che Aversa sia accomunata alla camorra, ma queste affermazioni non hanno bisogno solo dello sdegno degli aversani, ma di risposte fatte di azioni concrete, azioni di riscatto come quelle che noi come comitato aiutiamo per fare in modo che questo territorio da terra di camorra si trasformi sempre più in Terre di don Peppe Diana. Abbiamo bisogno di costruire percorsi e modalità nuove per uscire da questa situazione». Lo stesso Taglione, da noi poi ascoltato in merito ad un giudizio da spettatore nei confronti della fiction ci spiega «Restituisce i camorristi nella loro reale efferatezza e crudeltà ed a volte li fa apparire anche nella loro rozzezza. Blanda invece la figura del sacerdote (che dovrebbe essere don Diana n.d.a.) che aiuta i ragazzi della strada facendoli giocare al calcetto».

Per Gianni Solino, referente provinciale di Libera Caserta, e scrittore «La trama del Clan dei Camorristi mi è sembrata abbastanza scadente, sotto tutti i punti di vista. L’ho trovata una specie di pulp che sembra ambientata sulla luna. Carente sia sul piano dell’inquadramento contestuale che sul linguaggio e sulle simbologie. Direi che chi l’ha scritta non conosce nulla del nostro territorio. E’ pura fiction e i personaggi non sono per nulla credibili, come se potessero appartenere a qualunque compagine criminale. Temevo il peggio dal punto di vista del realismo che vede solo le brutture ma il pericolo è scampato, nel senso che nel suo complesso la fiction non prende per nulla». Il “prodotto” non ha attirato nemmeno il regista Romano Montesarchio autore, tra l’altro, del docu-film “La Domitiana, dove non c’è strada non c’è civiltà”, «non ho visto la fiction – ammette Montesarchio – un pò perché non guardo molta tv, pur facendola, e un pò perché trovo che le fiction “criminali” italiane siano troppo sensazionalistiche e speculative su problemi

tristemente concreti del nostro paese. Io adoro i “gangster movie” sia americani che asiatici, che italiani di vecchia data,ma il cinema è altra cosa rispetto alla piccola tv. Mi viene da dire che il cinema illumina e la tv spegne. La mia è stata una scelta di pregiudizio a priori e non mirata al prodotto televisivo in questione. certo è che la fiction è un “prodotto” e non un opera».   Laconico, su tutti, il giudizio di Renato Natale a cui è ispirato il personaggio della fiction Renato De Gregorio. Per l’ex sindaco di Casal di Principe la produzione televisiva è «squallida, falsa, diseducativa, e fatta anche male!»

 

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