Partinico e il suo “Cinque per cento”
Come fosse una tassa del 5 %. Una tassa sulla democrazia pagata da tutti i partinicesi, in termini di reputazione e credibilità delle istituzioni locali. Nella campagna elettorale con la rosa di candidati peggiore della storia (almeno a partire dal 1993, quando i cittadini iniziarono a eleggere direttamente il Sindaco), ci siamo messi a spulciare le 14 liste che raccolgono i 382 candidati al Consiglio comunale e, dalle informazioni che abbiamo raccolto, almeno il 5% dei candidati sarebbero incompatibili a causa di precedenti penali o cariche pubbliche attualmente ricoperte.
Una mano lava l’altra, e le ascelle? Anche se esistono leggi e norme ben precise della Repubblica italiana, sui casi di compatibilità spesso chi di dovere fa finta di niente, salvo scoprire (con anni di ritardo e in modo ormai pressoché irreparabile) che un consigliere provinciale o comunale eletto era incompatibile. La norma di riferimento è l’articolo 58 (cause ostative alla candidatura) del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”).
E’ vero che negli anni i controlli si sono progressivamente annacquati. Prima era la Digos del Commissariato di Polizia territorialmente competente a verificare gli eventuali precedenti di tutti i candidati e a trasmettere un rapporto alla Prefettura. Oggi, invece, questi controlli vengono fatti solo per gli eletti e i candidati devono consegnare il casellario giudiziario e il certificato antimafia (obbligatorio) all’Ufficio Elettorale del Comune e sottoscrivere davanti a un pubblico ufficiale, che la autentica, una dichiarazione che, in caso di affermazioni false, viene punita secondo la legge (art. 76 del D.P.R n. 445/2000). Intanto, ai cittadini non è dato sapere l’esito dei controlli.
La galleria. A voler esser buoni, lasciando fuori dalla casistica le situazioni meno chiare, il campionario dei candidati partinicesi è assai ricco, un vero paradiso degli incompatibili. A sfoggiare la pattuglia più nutrita è la lista del Partito delle Libertà ma candidati con precedenti penali non mancano anche nelle otto liste del candidato sindaco Lo Biundo e in quella Mpa. Non abbiamo ravvisato casi particolari (a eccezione di qualche parentela acquisita con esponenti mafiosi) nelle liste del Partito Democratico e di Rifondazione Comunista.
Nella galleria degli impresentabili volteggiano una ventina di nomi, il 5% dei candidati, poca roba si affretteranno a dire i soliti noti. Eppure alcuni di questi hanno già ricoperto cariche pubbliche e probabilmente torneranno a ricoprirle. Si va dal parente di primo grado del condannato per mafia a quello di persone coinvolte in vicende di mafia, fino agli stessi “sorvegliati” dalle forze dell’ordine. Non mancano naturalmente i predicatori del nulla, ingobbiti ad esempio da una pesante condanna per riciclaggio ma pronti a esibire pose legalitarie e a distribuire via etere patenti di mafiosità.
C’è chi può vantare cognati e suoceri boss di primo livello e che per non farsi mancare niente qualche problemino con la giustizia ce l’ha anche a livello personale. Nelle liste dei candidati al Consiglio comunale non passano inosservati cognomi di rispetto o dipendenti comunali incompatibili con la carica di consigliere. Se i dipendenti si mettono in aspettativa si salvano capra e cavoli. Attenzione, però, al povero ex articolista oggi contrattista del Comune. Se aspira a candidarsi si fa presto a tagliargli le gambe. La legge è legge. Non può farlo, lui. Così deluso lo rimandano a casa con i suoi bei documenti.
Neppur la gioventù è più l’età dell’innocenza, se è vero che si candidano ventenni campioni di furti, detenzione e spaccio di stupefacenti. Non manca il topo d’appartamento o il pregiudicato per reati contro il patrimonio.
Politica morbosa, e non solo per la poltrona: tra i candidati c’è anche chi è stato coinvolto, nel silenzio generale, in una triste storia di prostituzione che ha origine in un paese vicino a Partinico.
Carta straccia. Tutti i candidati in pratica, presumendo che abbiano sottoscritto cose vere, hanno dichiarato “di non essere stato raggiunto, ai sensi dell’art. 369 del c.p.p., da informazione di garanzia relativa al delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso; di non essere stato proposto per una misura di prevenzione; di non essere stato fatto oggetto di avviso orale ai sensi dell’art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n 1423; di non essere coniugato o convivente con persona condannata, con sentenza anche non passata in giudicato, per associazione per delinquere di stampo mafioso; di non essere né il sottoscritto, né il coniuge né alcun convivente parenti fino al primo grado o legati da vincoli di affiliazione con soggetti condannati, con sentenza anche non passata in giudicato, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso”.
L’inquinamento delle istituzioni comincia da qui. Dal degradante reiterarsi di vizi, dinamiche e connivenze. Dall’eterno autoriprodursi di una classe politica locale rappresentativa solo dei propri miseri interessi, a scapito dell’evoluzione sociale, culturale, umana della nostra comunità. Ancor più che in altre occasioni restare indifferenti vuol dire esser complici. Usare la testa si può, sarebbe il caso di non abdicare.
Da Libera Mente
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