Rassegna stampa 13 marzo 2013
La protesta contro le toghe del Pd tiene banco anche oggi sui principali quotidiani nazionali. Ieri la presa di posizione del Colle non ha placato gli animi. La Stampa pubblica un articolo di Francesco Grignetti sulla reazione dei magistrati, riportando i malumori dell’Anm. “C’è chi vorrebbe organizzare una contromanifestazione. Chi è indignato e denuncia una crisi istituzionale senza precedenti. L’Anm si fa dunque portavoce del malessere fortissimo delle toghe, sottolineando innanzitutto quanto sia «una falsa accusa, rivolta ai magistrati, di voler realizzare una persecuzione giudiziaria».
Il Giornale ospita un commento di Salvatore Tramontana che analizza il messaggio di Napolitano e attacca la magistratura. Nell’articolo si legge che: «I giudici e le Procure prima di arrivare a un passo del genere devono essere al di sopra di ogni sospetto. Lo sono? Questa è la domanda cruciale. Una parte consistente del Paese pensa di no. L’altra da anni ha già pronta corda e sapone».
Il Messaggero, sul controverso argomento, intervista Cesare Mirabelli, ex Presidente della Corte Costituzionale. Il magistrato dice: «E’ stata una forma, non si capisce bene, se di protesta o di pressione. Certamente non c’è nulla, compreso il comportamento della giurisdizione, che può sottrarsi alla critica. Tuttavia mi pare che la forma scelta sia andata oltre».
Su Il Mattino è ospitata, invece, un’intervista a Stefano Rodotà. Parlando del conflitto in corso tra magistrati e politici Rodotà dice che: «Sulla Carta non c’è, non ci dovrebbe essere un conflitto. E pensare che addirittura qualcuno sostiene che un’eccessiva estensione da parte dei poteri giudiziari metta in discussione la democrazia».
I problemi della giustizia restano in primo piano con nuove notizie sugli scandali della Corruziuone, che fotografano un Paese alle prese tra corrotti e corruttori. La Stampa pubblica un articolo di Federico Varese nel quale si legge che: «L’Italia, insieme ad altri 39 paesi, ha firmato la COnvenzione contro la corruzione internazionale del 1999. Peccato che nel nostro paese le condanne per questo reato si contino sulle dita di una mano: in un periodo di dieci anni (2001 – 2011) solo tre aziende e nove individui sono stati dichiarati colpevoli. La maggior parte dei 60 indagati se la sono cavati con la prescrizione del reato».
Cambiando argomento, La Repubblica nell’articolo a firma di Alberto Custodero, parla del rapporto dei servizi segreti al Parlamento sul pericolo insolvenza delle aziende italiane e sulla minaccia delle mafie attive nel recuperare i crediti. «Per i responsabili dell’ordine pubblico – si legge – il ricorso a queste metodiche crea maggiore allarme, per il rischio che le società di recupero crediti, pur formalmente in regola, possano subappaltare ufficiosamente alle mafie l’azione di incasso crediti».
Trackback dal tuo sito.