La “borsa” del narcotraffico
E’ dal primo gennaio del 2011 che il Brasile ha una donna (Dilma Roussef) come Presidente della Repubblica. Era iniziato così il periodo che, nelle settimane successive, fu definito dagli osservatori politici del “Dilmanismo” a sottolineare l’immediato impegno e tenacia profuse dalla “presidentessa” nel mettere a punto la compagine governativa. Molti e gravi, in realtà, i problemi da affrontare in un grande paese di 175 milioni di abitanti, una superficie di oltre 8milioni di kmq, di cui oltre il 65% costituito da foreste e da aree non coltivate. I preparativi in atto per i grandi eventi del prossimo anno (Campionato mondiale di calcio) e del 2016 (Olimpiadi), costituiranno un severo banco di prova anche se la Roussef ha già molte “gatte a pelare” con la sicurezza pubblica ( nel 2011 il Messico era in testa alla classifica mondiale degli omicidi con il tasso di 22,7 omicidi per 100mila abitanti), il narcotraffico, la corruzione degli apparati pubblici ( diverse le dimissioni di ministri per accuse di corruzione avvenute nei due anni di presidenza). Senza contare i problemi collegati ai tagli di circa 50 miliardi di reais (equivalenti a circa 22 miliardi di euro) previsti dalla legge finanziaria del 2013 e allo scarsissimo aumento di Pil (0,9%) rilevato alla fine del 2012 contro il 2,7% del 2011 e il 7,5% del 2010.
Non registra flessioni, invece, il mercato delle droghe. Per rendersene conto è sufficiente raggiungere la città di San Paolo dove, quotidianamente, si incontrano, in “borsa”, rappresentanti delle varie organizzazioni di narcos per definire prezzi, quotazioni delle “aziende”, fare previsioni di mercato, stabilire itinerari di esportazione della “merce” e concludere “affari”. I brasiliani, in genere, fanno da intermediari e svolgono attività di supporto logistico ai “colleghi” stranieri ( presenti anche molti italiani), limitandosi al commercio locale. Non avendo articolate strutture organizzative particolari, i gruppi di narcotrafficanti brasiliani sono di piccole dimensioni e di ottima flessibilità operativa associandosi con tutti per concludere un’operazione (o più operazioni) di contrabbando di droghe.
Il porto di Santos della capitale paulista è il principale snodo delle esportazioni di droghe verso l’Europa e l’Africa ( in particolare verso alcuni Stati di lingua portoghese come Capo Verde, Guinea Bissau e San Tomè) tanto che la polizia brasiliana parla di “connessione Africa”. Alla operazione “Niva” del 2011, che portò all’arresto di diversi trafficanti di un’organizzazione di serbi, che imbarcavano cocaina dai porti di Santos e Itajai su motonavi dirette in Europa, ha fatto seguito, nel 2012, il sequestro di 360 kg di cocaina occultati a bordo di un veliero in procinto di salpare con destinazione finale l’’Italia. Cinque le persone arrestate tra cui tre italiani (sempre nel 2012 altri tre italiani sono stati arrestati per fatti collegati alle droghe mentre sei sono finiti in carcere per delitti vari e due sono morti durante tentativi di rapine).
Sul traffico di eroina non si dispongono informazioni ufficiali su sequestri di rilievo nel 2012. Il consumo, in realtà, non ha avuto, sino ad oggi,una particolare diffusione, anche per il prezzo elevato, se non nel contesto di comunità medio orientali stanziali a San Paolo e in alcune località nel sud del Brasile. Particolare attenzione è, invece, riservata al traffico di cocaina che proviene, per lo più via terra, dalla Bolivia (oltre il 58%), dal Perù (32%) e dalla Colombia (8%). Alla fine del 2012 sono state intercettate 8,707 ton di cocaina ( sono inclusi anche i sequestri di crack). Di questo ragguardevole quantitativo fanno parte anche i 27 kg di una droga micidiale, usata tra le classi più povere, chiamata la “merla” o “cocaina dei poveri” ( nota anche come “noia” che deriva da “paranoia” a sottolineare la pericolosità del consumo che può portare anche al suicidio), ottenuta mescolando ( e facendo macerare) foglie di coca con acido solforico, kerosene, calce e altre sostanze altamente tossiche fino a farla diventare un prodotto di consistenza pastosa con una concentrazione oscillante tra il 50% e il 70% di alcaloide. Normalmente viene fumata ma si può mescolare con il tabacco o con la “maconha” che è una specie di cannabis coltivata in Brasile ,in particolare nell’area del cosiddetto “poligono das secas”, nello Stato di Pernambuco, una zona tra le più povere del paese. Sempre nel 2012 risultano sequestrate poco più di 58 tonnellate di marjiuana, 161 kg di hashish, 95.650 piante, distrutte 38 piantagioni. In tema di droghe sintetiche, dopo alcuni sequestri di laboratori avvenuti nel 2011 negli Stati di Paranà e di Minas, nel 2012 sono state sequestrate circa 245mila pasticche di ecstasy. Va, infine, sottolineato che tali dati statistici nazionali sono forniti dalla Polizia Federale (in particolare dal Sistema Nazionale Dati Statistici, Sindre) ma non rappresentano l’andamento reale del contrasto al narcotraffico in quanto completamente mancante il contributo informativo delle polizie civili dei singoli Stati. Aspetto, quest’ultimo, che la dice lunga sullo “scoordinamento” vigente tra le varie forze della sicurezza. E’ opinione diffusa tra gli osservatori antidroga europei presenti in Brasile che, per avere un quadro situazionale sul punto più vicino alla realtà, bisognerebbe aumentare di almeno il 50% ( qualcuno sostiene raddoppiare) i dati forniti dai federali. Anche su questo punto la tenace “presidentessa”, ex guerrigliera, avrebbe intenzione di portare un po’ di ordine.
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