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I sottomarini dei narcos

di Piero Innocenti il . Internazionale

L’ultima, l’ennesima, intercettazione di un “sottomarino” dei narcos colombiani risale al 7 gennaio 2013. E’ stato individuato dalla marina militare colombiana, nell’Oceano Pacifico, alla deriva, a circa 60 miglia dallo sbocco del fiume Naya (Dipartimento del Cauca). Il natante, lungo 18 metri e largo 3, era munito di due motori diesel, con un’autonomia di circa otto giorni di navigazione, in grado di ospitare un equipaggio di almeno tre marinai e di trasportare fino a 5 tonnellate di cocaina. Per le autorità colombiane si è trattato del primo caso, nel 2013, di intercettazione di uno dei mezzi della “squadra navale” dei narcotrafficanti colombiani.

Il mare continua ad essere, in effetti, una straordinaria rotta per il trasporto delle droghe. Negli ultimi sei anni, le forze navali statunitensi, colombiane e di altri paesi del centro America, hanno sequestrato ottantanove sottomarini: gli ultimi cinque, oltre un anno fa, in fase di costruzione in Colombia, nella zona costiera di Necoclì, di Mallorquin, nel Chocò e a Puerto Escondido; altri in fase di ultimazione e di “proprietà” dei guerriglieri delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e del gruppo di narcos dei Los Urabenos.

La Dea (l’agenzia antidroga americana), li definisce “Self Propelled Semi Submersibles”(SPSS) ossia “strutture semoventi semi sommergibili”. Questo “fronte marino”,   sviluppatosi negli ultimi anni,  sta rappresentando un serio problema nell’azione di contrasto al traffico di stupefacenti, tanto da indurre il generale Douglas Fraser, responsabile del Comando Sud -Operazioni americane, a lanciare (aprile 2011) un allarme su questo speciale trasferimento di grandi quantitativi di cocaina. Quasi tutti i “semisommergibili” intercettati, sia in mare che sulla terraferma, sono stati costruiti in Colombia, per lo più nel dipartimento del Valle del Cauca, tra il porto di Buenaventura e Cali. Si tratta di territori, tra i fiumi Cajambre e Mallorquin, scarsamente popolati, impervi e con fitta vegetazione, dove è possibile installare un vero e proprio (invisibile) “cantiere” e lavorare con tranquillità alla costruzione del natante. Per ora, l’unico sottomarino, ancora in costruzione fuori dalla Colombia, è stato quello localizzato il 10 dicembre 2009, nel municipio di Pedernales di Delta Amacuro, in Venezuela.

Gli SPSS sono costruiti utilizzando acciaio, legno e vetroresina ed hanno lunghezze variabili dai 12 ai 17 metri, una larghezza di tre metri, con un’autonomia anche di oltre 5mila miglia nautiche e velocità media di 10-15 nodi, con due motori diesel. La capacità di trasporto della cocaina, impacchettata, come di consueto, in confezioni di un chilogrammo con il marchio impresso del “proprietario”, varia dalle tre alle dieci tonnellate. Tutti i natanti hanno delle valvole opportunamente collocate all’interno per provocarne l’affondamento nella eventualità di avvistamenti di mezzi navali militari. La colorazione dello scafo è grigia o blu scuro, per renderne difficoltosa l’individuazione nell’ambiente marino. L’equipaggio, composto di norma da tre/cinque esperti marinai, utilizza per le comunicazioni apparati radio ad alta frequenza e satellitari. A lavori ultimati ( poco più di un mese con una quindicina di operai specializzati e la supervisione di un “coordinatore”), il “sottomarino” viene fatto “scivolare” su appositi “tappeti” in legno verso i corsi d’ acqua con destinazione finale la costa del Pacifico. Seguono brevissimi periodi di “prove tecniche” in mare. Superato il “collaudo”, i natanti vengono nuovamente nascosti in attesa del “viaggio”. Il costo complessivo di ciascun semisommergibile oscilla, mediamente, intorno al milione di dollari, tutto compreso. Sembra una gran cifra ma non lo è se ci si riferisce agli ingenti profitti del narcotraffico. Nel 2012, alcuni sequestri di semisommergibili, in fase di allestimento,  sono stati effettuati dalla polizia e dall’esercito in contesti naturali “aspri” e ancora più difficili da localizzare ( nella provincia di Esmaraldas e nella selva di Tumaco), in prossimità del confine con l’Ecuador. Di particolare interesse l’SPSS, in fase di ultimazione, sequestrato un paio di anni fa (il 12 febbraio 2011) nella foresta di Timbiquì (dipartimento del Cauca), dotato di un periscopio che avrebbe consentito la navigazione a circa 10 metri sotto il livello del mare. Presentava anche maggiori confort per l’equipaggio.  Certamente sono migliorati anche i materiali utilizzati nella costruzione e non sono più i “submarinos artisanales” di un tempo.

Una “bozza” di progetto, redatta a mano, rinvenuta tre anni fa in un “cantiere” della costa pacifica colombiana, sarebbe opera, secondo fonti dell’intelligence americana, di un broker italiano, esperto di nautica, presente nella zona per curare gli affari della ‘ndrangheta. Altro indizio, se ce ne fosse bisogno, delle sinergie che si stabiliscono tra le mafie di vari continenti. Il primo di questi natanti, ancora“rudimentali”, fu scoperto, nel 1995, “parcheggiato” in una piccola insenatura nelle acque di Santa Marta, città del nord della Colombia. Soltanto due marinai potevano prender posto all’interno, abbastanza angusto, e la cocaina non doveva superare le due tonnellate. Dotato di un solo motore diesel, il mezzo poteva navigare a “pelo d’acqua”, a non più di otto nodi, costeggiando Panama, Costarica, Nicaragua, per successivi trasbordi in alto mare. Del resto la polizia antidroga colombiana ritiene che l’ideatore di questo sistema di trasporto sia stato proprio un narcotrafficante del cartello (estinto) della Guajira, regione colombiana vicina a quella città. La vicenda del sottomarino di Santa Marta, di cui sono stato testimone diretto, destò grande stupore e sembrò rappresentare, per qualche tempo, un caso isolato. Invece, alla fine degli anni Novanta, il sequestro, in diverse operazioni, di ben cinque sottomarini dei narcos, diede la conferma di un sistema di trasporto della cocaina che si andava affermando. Nel 2000 arrivò la prova che i trafficanti stavano facendo le cose in grande. A pochi chilometri da Bogotà, capitale della Colombia, grazie ad un informatore della polizia, si scoprì, in un capannone, un “sottomarino” in costruzione avanzata su progetto di ingegneri russi. Il natante, una trentina di metri di lunghezza ed una capacità di trasporto di oltre centocinquanta tonnellate di cocaina, era dotato di moderni sistemi di navigazione,  con un’autonomia di venti ore di navigazione e dieci membri di equipaggio. Costo stimato una quindicina di milioni di dollari. Briciole per i colombiani che già avevano avviato rapporti di collaborazione con la mafia russa, la stessa che, nel 2002, aveva cercato di acquistare un sottomarino nel porto di Odessa per conto dei cartelli colombiani e messicani.

Negli ultimi anni, come accennato, i sequestri  sono stati numerosi: nel 2007, diciasette; nel 2008, ventotto; ventuno nel 2009 ;sette nel 2010, otto nel 2011 e altrettanti nel 2012. Quanti ne sono in circolazione? Difficile dirlo, anche se negli ultimi tre anni, in particolare, le autorità colombiane che avevano intensificato i pattugliamenti in mare, hanno accertato almeno una decina di casi sospetti di “naufragi” lungo la costa del Pacifico, avendo dovuto recuperare marinai senza imbarcazione, quasi sicuramente “auto-affondata”.

Di norma si salpa di notte, in punti della costa colombiana controllati dai narcos e si seguono le rotte in direzione dell’isola di Malpelo e delle Galapagos, sempre, comunque, in direzione nord-ovest, ossia verso i paesi del Centro-America. Vi sono stati episodi in cui il SPSS era radiocomandato da una nave appoggio che seguiva alla prudenziale distanza di alcune miglia. In tali casi, al momento opportuno, veniva consegnata ai narcos destinatari del carico, l’hardware per il successivo controllo delle operazioni di trasbordo della droga. Si può facilmente prevedere che i progressi tecnologici e la nota genialità dei narcotrafficanti colombiani, collegati alla forte richiesta di cocaina che proviene dai mercati, anche emergenti, spingeranno sicuramente a trasferimenti di ancor più grandi quantitativi di cocaina con “sommergibili” che navigheranno direttamente ( forse già avviene), sino alle nostre coste e a quelle africane. I cartelli messicani, affermati “signori delle droghe” sui mercati dell’America Latina, del nord America e dell’Australia, anche su questi nuovi “fronti”, eserciteranno un controllo pressoché totale in affari con le mafie italiane, in particolare con la ‘ndrangheta.

 

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