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Sicurezza e immigrazione nell’agenda Monti

Piero Innocenti il . L'analisi

Bel documento quello presentato alcuni giorni fa dal Professor Monti per la sua “salita in politica”, con molte buone (e vecchie) intenzioni per “cambiare l’Italia” e “riformare l’Europa”. Si tratta, come ha scritto il presidente, di un  “primo contributo ad una riflessione aperta” e, quindi, un invito, pare di capire, a formulare proposte nuove perché non si può, credo, ricondurre un programma di governo solo a Stato, mercato, banche, carico fiscale, agenda digitale, liberalizzazioni ecc. come traspare nel documento. Delusione per chi si aspettava di leggere qualcosa su temi importanti per la vita e lo sviluppo sociale-economico del nostro paese, per esempiorelativamente alla adozione di una seria politica sull’immigrazione ( l’ultimo documento programmatico governativo risale al 2006), sulla cittadinanza ai figli degli stranieri che nascono in Italia e, più in generale,sui diritti dei più deboli, su etica, su di una forte lotta agli intrecci mafia-politica, ai comitati d’affari di finanzieri e di massoni, alle “cricche” che hanno dissanguato il nostro paese.
Sulla corruzione, l’evasione fiscale, l’economia sommersa, la giustizia e le mafie, l’agenda montianariserva due “paginette” relegate nella parte finale mentre, dovrebbe essere noto, che l’Italia potrà diventare competitiva soltanto se riuscirà a scrollarsi di dosso quel fardello di strutture criminali che condizionano, in misura insopportabile, la vita pubblica e l’economia di tre regioni che per numero di abitanti potrebbero costituire l’undicesimo Stato in Europa. Senza contare che le mafie italiane estendono la loro presenza, da anni, in tutte le altre regioni (quante “distrazioni” delle varie autorità locali) in molti paesi europei ed extraeuropei come emerso dalle inchieste giudiziarie e dalle indagini di polizia. Mafie (italiane e straniere) che, lo ricordo,si sono andate consolidando per decenni, che sono ormai stabili, con propri organigrammi, proprie leggi, propri gruppi dirigenziali. Mafie che si sono  trasformate nel tempo sotto lo sguardo disattento, tollerante, complice talvolta, di una classe dirigente politica locale e nazionale alla ricerca soltanto di consenso elettorale e di potere Mafie disconosciute ancora nei decenni passati da procuratori generali e da cardinali, da eminenti cattedratici e da autorità di polizia. Anche per questo sarebbe stato un bel segnale per i cittadini, per magistrati, poliziotti e carabinieri, vedere, nelle prime pagine dell’agenda Monti, che la lotta alle mafie ( e alla mala politica che le sostiene) deveessere la priorità (permanente) e deve passare attraverso una sorta di “guerra di liberazione nazionale”( o di “rivoluzione civile” come l’ha indicata Ingroia presentando la sua candidatura alle elezioni).
Ci si è accorti, invece, della potenza delle mafie soltanto quando queste hanno “osato” contrapporsi a segmenti importanti dello Stato. Si ricorderà l’invio in Sicilia, molti anni fa, durante il periodo fascista del prefetto Mori o, negli anni Ottanta, l’azione del pool antimafia a Palermo conclusosi con il maxi processo. Con i risultati ben noti a tutti: il richiamo di Mori a Roma dopo i primi successi, o l’isolamento prima e l’uccisione poi di Falcone e Borsellino con le stragi del 1992. “Cambiare l’Italia”, dunque, significa affrontare con una forte volontà politica (che non si vede da decenni) le collusioni e i silenzi compiacenti di banche, di impenetrabili segreti bancari, del denaro sporco ripulito attraverso società off shore. Omertà e collusioni del sistema bancario e delle istituzioni finanziarie che sono continuate anche in quest’ultimo anno nonostante gli allarmi lanciati dalle varie Commissioni parlamentari antimafia. La realtà è che fa comodo a molti che ci sia una “palude” e la massima opacità nei sistemi bancari e tanto più fa comodo il collasso, prima di alcune importanti  banche americane e poi della crisi generale che ha investito l’Europa e il nostro paese. Meglio convivere con istituzioni inefficienti che sostituirvisi. Viviamo in un paese che presenta un chiaro deficit di statualità. Non siamo, cioè, né uno Stato mafia né uno Stato autorevole. Con le mafie si tratta ( la vicenda processuale in corso a Palermo sulla trattativa dai “contorni anomali” ne è la conferma), in segreto. Da sempre. Qualche “aggiunta” all’agenda Monti è necessaria.

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