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Le lobby del gioco seducono il Parlamento

di Daniele Poto il . Senza categoria

Più che Legge di Stabilità bisognerebbe chiamarla Legge di Instabilità. Perlomeno per quello che riguarda l’azzardo con due mortiferi cambiamenti di rotta rispetto alle intenzioni di partenza: il via anticipato all’introduzione di mille chat per il poker come “regalo” per l’epifania degli italiani (in aggiunta alla ristrutturata e ben più costosa integrata tassa dei rifiuti) e lo slittamento semestrale delle norme che regolamentano la pubblicità sull’azzardo. La stupefazione dei tecnici Ministri Balduzzi e Riccardi è modesta rispetto ai contraccolpi su un sistema di offerta illimitata tendente ad arricchire un modello fondato sui disvalori e su possibilità infinite di sviluppo. E questa volta più che un sospetto è una certezza. La lobby dei concessionari (loro si veri monopolisti) ha colpito allora come già era andata a segno nella determinazione del decreto-legge Balduzzi, eliminando uno a uno tutti i veri ostacoli per un contenimento del fenomeno. E’ un movimento  sotterraneo, ricco di capitali che va direttamente al cuore del problema convincendo uno a uno con argomenti ineludibili i parlamentari  della necessità di un’ulteriore ampliamento del regime.

 

L’introduzione delle sale poker in un numero così rilevante poggia le proprie radici su un pronunciamento legislativo del 2009 ma erano passati quattro anni senza che un governo avesse il coraggio e la determinazione, visto il momento sociale del paese, di tradurre in legge un orientamento. Quindi, se possibile in questo senso, il Governo uscente Monti ha fatto peggio di quello che ha avuto come premier Berlusconi, ponendosi sulla stessa linea di continuità. Eppure solo pochi giorni fa il direttore dei Monopoli Luigi Magistro, non certo un proibizionista, sembrava mettere mesi di qui alla traduzione dell’intenzione. Invece sono bastate appena poche giornate per ribaltare la prospettiva. Quanto alla seconda innovazione certo ha un effetto meno evidente ma non si vede realisticamente il motivo del rinvio vista la drammatica urgenza sociale di porre un argine al fenomeno del gioco patologico. Aver varato il provvedimento è una grave responsabile del sistema al di là delle indicazioni dei partiti perché questi temi richiedono una precisa responsabilità civile individuale dei politici e non un puro rispetto delle indicazioni dei capigruppo.

 

La traduzione in legge rivela un’assoluta insensibilità per le dimensioni del problema (da 500.000 a 800.000 malati patologici in circolazione) e non riconosce emergenza al contenimento, se non alla risoluzione del problema. “Mettiamoci in gioco”, la campagna che riunisce 21 organizzazioni, ha stigmatizzato duramente la decisione: “Nel momento in cui gli strani più deboli della popolazione e il ceto medio sperimentano una crisi economica e sociale che non si vedeva da decenni, al Senato pensano bene di sdoganare le bische per il poker, dove potersi giocare quel che resta di stipendio e pensione. Nell’assalto alla diligenza di fine legislatura (davvero una Wall Street dei valori, ndr) i cittadini- e il diritto alla salute- hanno certamente perso. Ma anche la politica ne esce davvero male. Come ha denunciato lo stesso ministro Balduzzi: sottomessa alle lobby più potenti”. Ora e sempre secondo un rituale che si ripete dal 2003, da quando è scoppiata l’era delle liberalizzazioni.  Ora rimane la curiosità di vedere come sarà risolta l’adozione della patologia dell’azzardo con il riconoscimento nei Livelli Essenziale di Assistenza (Lea). Ma più che una domanda è un terribile interrogativo visti i recenti precedenti.

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