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Casapesenna, una strada intitolata a Don Peppe Diana

Di Antonio Maria Mira il . Campania

«Via don Peppe Diana». Tra pochi giorni al parroco ucciso dalla camorra sarà intitolata una strada di Casapesenna, paese simbolo del clan dei “casalesi”. La prima volta in   questi paesi dell’Agro aversano. Terra di Gomorra, “terra dei fuochi” e delle ecomafie, ma anche “terra di don Peppe Diana”. La strada finora portava solo il nome “XIII traversa”, eppure vi si trova il municipio. E anche una palazzina confiscata a Michele Zagaria, l’ultimo boss dei “casalesi”, catturato nel dicembre 2011 dopo 16 anni di latitanza. Poco oltre vive la famiglia del fratello Pasquale, anche lui in carcere, mente imprenditoriale del clan (ora sui documenti dovrà scrivere “residente in via don Peppe Diana”). L’ha annunciato il viceprefetto Paola Galeone che guida la commissione che governa il comune dopo il terzo scioglimento per camorra. L’occasione è anche questa “storica”. L’incontro del sostituto procuratore Catello Maresca, della Dda di Napoli, il magistrato che ha “scovato” Zagaria, con la “parte buona” del paese, associazioni, volontariato, chiesa. Proprio nella villetta confiscata a “iss” (il nome di Zagaria non andava neanche pronunciato), e che oggi ospita la sede di Legambiente e Libera. Una bella giornata di riscatto. «Questa decisione – sottolinea il magistrato – è un simbolo positivo. Qui per troppo tempo ci sono stati solo simboli del male». Anche qui la storia sta cambiando. «Sono cinque anni che mi occupo di Casapesenna – aggiunge Maresca – e devo dire che oggi è un altro paese». Parte un forte applauso e il pm aggiunge: «Oggi vediamo segni tangibili di cambiamento, fino a poco tempo fa impensabili. Fare certi applausi sarebbe stato pericoloso». Ma, avverte, «siamo in ritardo, il risveglio c’è stato ma lento. Dobbiamo affrettarci. La lotta sarà ancora dura. Occorre marcare il territorio, mettere delle bandierine per dire “questa è la mia terra”. Per recuperare la normalità. Non è normale il degrado, i cumuli di rifiuti, le strade deserte. Dove sono i bambini?». 

Con la voce incrinata dall’emozione, Pasquale Cirillo, presidente del circolo di Legambiente, si rivolge al magistrato. «Oggi vogliamo farle quell’applauso che non potemmo fare a dicembre. Le Forze dell’ordine e la magistratura con passione e sacrificio hanno ottenuto grandi risultati, ora la società civile deve e vuole fare la sua parte. E in questo la Chiesa ci sta aiutando». Come don Vittorio Cumerlato, viceparroco di Santa Croce, il sacerdote che in questi mesi ha sostenuto gli imprenditori nella denuncia. «Dobbiamo parlare in positivo, soprattutto come Chiesa. Ricostruire la coscienza morale e civica del paese». Anche con la denuncia. «Se qualcuno vuole denunciare io gli chiedo solo il permesso di essergli vicino». 

Una scelta chiara, forse anche pericolosa. Ma don Vittorio insiste: «No, oggi non mi sento più isolato». Lo dimostra l’applauso che accompagna il suo intervento. Ma bisogna fare ancora di più, come sottolinea il questore di Caserta, Giuseppe Gualtieri. «Tocca ai cittadini, partendo dalle piccole cose, dalle denunce per i reati ambientali. I rifiuti non cadono dal cielo, qualcuno li butta e va denunciato. Altrimenti è omertà ambientale. Ci neghiamo il futuro. Serve una rivoluzione dal basso, lo dobbiamo per questa terra e per noi». Impegni chiari come quelli del viceprefetto Galeone: «Non vogliamo più che Casapesenna sia solo Zagaria. È altro. Dobbiamo voltare pagina». Bastano piccole cose. Come, suggerisce Cirillo, «utilizzare il bunker dove era nascosto Zagaria, magari come museo». O come le multe. Non se ne fanno dal 2007. E gli agenti della Municipale non le sapevano fare. Oggi, finalmente, riceveranno i “blocchetti”. «Un comune che non fa multe, che non combatte l’abusivismo, che non fa la differenziata non ama il suo paese e lascia un vuoto che viene riempito dalla camorra, che non è l’Antistato ma si fa Stato dando risposte ai cittadini. Che ora devono essere contenti che lo Stato è qui», insiste Maresca. Ora, dice Gianni Zara, ex sindaco pulito sfiduciato dai politici collusi e oggi avvocato della Federazione antiracket, «serve un esame serio delle responsabilità: non è solo colpa della camorra ma anche di chi ha taciuto o ci ha fatto affari. Le persone non devono essere lasciate sole, serve una denuncia collettiva». Un impegno corale, «una straordinaria sinergia», come quella che annuncia il viceprefetto vicario Michele Campanaro per i tre comuni “casalesi” sciolti per camorra: Casapesenna, Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa. L’incontro finisce. Nel bar di fronte, sotto la tettoia c’è un tavolino blu vuoto. È quello dove solitamente siede Nicola Zagaria, padre di Michele, servito e riverito. Oggi non c’è, ma se nelle prossime settimane tornerà al “suo” tavolino potrà leggere quella targa col nome di don Peppe Diana. Sicuramente non gradirà…

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